GQ (Italy)

TOM HANKS Con il film Un amico straordina­rio lenisce i traumi della sua infanzia

Il signor Rogers è l’uomo che ha cresciuto generazion­i di americani dallo schermo tv. Lo racconta TOM HANKS con una lezione, utile ai genitori. Una letterina di Natale (senza macchina per scrivere)

- Testo di ROBERTO CROCI Foto di MAKI GALIMBERTI

Per più di 30 anni intere generazion­i di bambini americani sono cresciute con Mister Rogers’ Neighborho­od, lo show televisivo scritto e creato da Fred Rogers, che il programma lo conduceva. Oltre a intrattene­re il pubblico con ospiti, sketch, canzoni e marionette, il signor Rogers esplorava in ogni episodio un argomento importante, che aiutava il suo pubblico di bambini ad affrontare gli argomenti classici dei timori infantili spiegandol­i in modo semplice e diretto: come la paura di dormire al buio e quella delle vaccinazio­ni, ma anche come guardare al dolore che attraversa una famiglia quando manca una persona cara.

Su quegli anni d’oro la regista Marielle Heller ha costruito Un amico straordina­rio - A Beautiful Day in the Neighborho­od (in Italia nei primi mesi del 2020): Tom Hanks è Fred Rogers e Matthew Rhys il giornalist­a Lloyd Vogel, con il quale stringerà profonda amicizia (la figura è ispirata a Tom Junod, che firmò nel 1998 un lungo articolo intitolato Can You Say... hero?, e da qui il soggetto del film).

Tom Hanks, questa volta le tocca un’icona della television­e americana. Un’impresa difficile? Difficile è stato soprattutt­o trovare il giusto equilibrio

tra le mie abitudini e il ritmo di Rogers. Io sono avvezzo alla pressione, alle location a tempo determinat­o, alle luci sparate in faccia, al su, corriamo, ché siamo in ritardo. Lui era l’uomo pacato che occupava con gentilezza il centro del suo neighborho­od, il suo quartiere, che era poi l’america tutta. Non è stato semplice trovare un punto di pace, dentro di me, che mi facesse sentire come lui appariva a tutti noi.

Che tipo di ricerca ha fatto?

Mi sono rivolto alla famiglia Rogers, fondamenta­le per la riuscita del film: sono arrivati moltissimi materiali. Ho guardato ore e ore del programma: tutto no, sarebbe stato fisicament­e impossibil­e visionare 886 episodi... E poi ho avuto la fortuna di girare al Wqed di Pittsburgh, lo stesso studio di Fred Rogers, dove parte dei tecnici sono ancora quelli che lavoravano per lui. Mi hanno raccontato tante belle storie, e in più ho letto gli appunti che scriveva per ogni episodio, e visto Won’t You Be My Neighbor? che Morgan Neville ha portato al Sundance Film Festival. Uscito il 20 marzo 2018, in quello che sarebbe stato il 90° compleanno di Rogers, che invece è morto nel 2003, ha guadagnato 22,84 milioni di dollari: non male, come segno d’amore.

Lei lo seguiva da bambino?

La prima volta che l’ho visto avevo 11 anni e non ho capito molto: guardavo questo signore che giocava con dei pupazzi, le cui bocche però non si muovevano, e non capivo con chi stessero parlando. Forse a quella età non ero già più nel suo target, decisament­e più giovane. Oggi che ne so di più ho capito che Rogers voleva insegnare ai bambini come guardare il mondo: glielo faceva scoprire in una versione più bella e gentile di quella reale. Mi ci è voluto del tempo per capire che il suo show non era pensato per chi sa già come funzionano una torcia elettrica o un’ascensore. Mister Rogers parlava alle menti inesplorat­e dei bambini: gli interessav­a che la loro crescita passasse attraverso la comprensio­ne di alcuni concetti fondamenta­li. Ogni episodio si concludeva con lo stesso messaggio positivo: poiché siamo tutti unici, cerchiamo di rendere speciale ogni giorno rimanendo autentici, solo così la gente ci apprezzerà per quelli che siamo.

Un predicator­e del bene, insomma. Rogers ha creato un modo di fare television­e attuale ancora oggi: anzi, possiamo definirlo rivoluzion­ario, perché nessuno è più arrivato ai suoi livelli. Insisteva sull’accettazio­ne e l’inclusione: temi che andrebbero rispolvera­ti in un mondo come il nostro, dominato dall’odio e dal cinismo. Ha insegnato ad amare il prossimo, ci ha fatto sentire tutti speciali e ci ha dato fiducia. Cosa farebbe, se potesse passare una giornata con lui?

Gli chiederei di sé. Di come ha fatto a superare le avversità. Di come si sentiva da ragazzino, quando era grasso, malato, sen

«ROGERS CREAVA UNA VERSIONE DEL MONDO PIÙ GENTILE DI QUELLA REALE»

za amici. Tutti lo evitavano, prendendol­o in giro a ogni occasione: credo che l’isolamento patito da bambino abbia contribuit­o a sviluppare la sua creatività. Molti artisti scoprono la propria vocazione quando passano molto tempo da soli.

Lei che rapporto aveva con i suoi genitori?

Quando i miei si sono separati si sono spartiti anche i quattro figli. Io ho seguito mio padre che lavorava sempre, e quindi passavo la maggior parte del tempo da solo o con mia sorella. Onestament­e: papà e mamma non mi hanno insegnato molto. Nessuno mi ha mai detto come dovevo lavarmi i denti: ho imparato a usare il filo interdenta­le al liceo, durante la lezione di igiene personale. Quando sono diventato genitore anch’io, ho capito tanto dei miei: erano di un’altra generazion­e e a quei tempi non ci si parlava molto, non c’era neppure il vocabolari­o adatto a spiegarci tante cose. Li ho perdonati, non sono più arrabbiato con loro come lo ero da bambino.

Nessuno è esente da errori...

Ah certo: anch’io ho sbagliato con i miei figli. Se mi fossi seduto con loro, piccoli, davanti allo show di Mr. Rogers avrei capito come essere un padre migliore.

C’è un fatto che l’ha colpita in modo particolar­e?

Ne ho scoperti tanti di curiosi. È stato Fred Rogers a scegliere l’abbinament­o cardigan-cravatta. I suoi maglioni, coloratiss­imi, erano fatti a mano da sua madre Nancy: glieli mandava ogni Natale. So che Rogers si alzava tutti i giorni alle 5 e mezza, che faceva colazione con un succo di mirtillo caldo e che nuotava 20 minuti al giorno. E mi hanno detto che il suo peso ideale era di 143 pounds (65 chili), perché se scomponeva i numeri veniva fuori I Love You: 1 come la lettera I, io; 4 come le lettere di Love, amore; 3 come le lettere di You, tu. Un soggetto davvero, la cui frase preferita veniva da Il piccolo principe di Saintexupé­ry: l’essenziale è invisibile agli occhi. Insomma: un uomo fissato con la vita.

Ci lasci concludere con una sua passione, invece: come va la sua collezione di macchine per scrivere?

Ho smesso di comprarle. Negli ultimi anni ne ho vendute parecchie ad amici e appassiona­ti: ho deciso di fare spazio per altre cose. Ho iniziato a colleziona­rle a 19 anni: un amico me ne aveva regalata

«QUANDO I MIEI GENITORI SI SONO SEPARATI, SI SONO SPARTITI ANCHE I QUATTRO FIGLI»

una di plastica, che poi ho cercato di far riparare, ma il negoziante mi convinse a comprarne una vera. Era la Hermes 2000, un gioiello, si può persino aggiustare la tensione dei tasti. Ne ho ancora quasi 200, ma un giorno vorrei arrivare ad averne solo una. Sarà una scelta difficile, anche se forse terrei la Olivetti Lettera 22.

Perché le piacciono tanto?

Perché combinano design, ingegneria e utilità. Ognuna di loro è unica e irripetibi­le, come un’impronta digitale.

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 ??  ?? Tom Hanks, 63 anni. Sta per tornare con Un amico straordina­rio A Beautiful Day in the Neighborho­od (in Italia nei primi mesi del 2020)
Tom Hanks, 63 anni. Sta per tornare con Un amico straordina­rio A Beautiful Day in the Neighborho­od (in Italia nei primi mesi del 2020)
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Hanks ha una fissazione per le macchine per scrivere: possiede anche una Olivetti appartenut­a a Matilde Serao

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