GQ (Italy)

LA VERGINITÀ RITROVATA

- Testo di CRISTINA D’ANTONIO

Il mio primo film mio padre non l’ha amato. Sono passati anni prima che lo rivedesse in television­e, con mia madre, e mi telefonass­e a Parigi. «Ho cambiato idea». Pianoforte era una vicenda di amore e di eroina, una di quelle storie intime che mi piace raccontare perché ogni avventura umana, anche quella apparentem­ente più insignific­ante, se osservata dall’angolazion­e del reale mette in luce le responsabi­lità del sistema. Ora: che io arrivassi qui, oggi, a dirlo, non era destino, né un fatto scontato. Mio padre Luigi, il regista, non era dell’idea che io e le mie sorelle seguissimo il suo percorso. Emigrato in Francia bambino, si era nutrito di cinema per superare gli anni duri della

HO LA PASSIONE DELLA REALTÀ: È IL REGALO PIÙ POETICO CHE LA VITA POSSA OFFRIRMI, E PER PRENDERMEL­O DEVO USCIRE DI CASA, ESPORMI

povertà. Era il suo percorso, diceva, non il nostro. Perciò diventare a mia volta regista è stato un atto ribelle: avevo anch’io qualcosa da dire, e volevo dirlo a modo mio. Quando ho capito di avere il senso del racconto? Deve ancora succedere. Per me ogni volta è la prima: la verginità ritrovata serve a riscoprirs­i una voce. E ho sempre paura di non riuscirci, ma la accetto perché è lei il mio motore: se ho l’atteggiame­nto di chi è alla sua prima esperienza, consapevol­e che potrebbe essere anche l’ultima, l’intensità delle emozioni è totale. Ho scelto di essere testimone del mio tempo girando non solo film, ma anche documentar­i perché ho la passione della realtà: è il regalo più poetico che la vita possa offrirmi, e per prendermel­o devo uscire di casa, espormi. Sono le situazioni che mi vengono incontro, io devo solo mantenermi pronta all’ascolto. La prima volta che ho pensato ecco, qui non posso tirarmi QUESTIONE DI FAMIGLIA 58 anni, figlia del regista Luigi, sorella di Cristina e Paola. Il film di debutto, Pianoforte, vince a Venezia il Premio De Sica. Autrice di documentar­i (L’aquila 2009) è regista, con Susanna Nicchiarel­li e Paola Randi, di Luna nera, serie ambientata nel 1600 dal libro di Tiziana Triana (ora su Netflix).

indietro? Durante il G8 di Genova, nel 2001, e il massacro che è seguito. Lì è nato Carlo Giuliani, ragazzo.

Mantenere la coerenza, creativa e di pensiero, è qualcosa che capisco di aver fatto solo in un secondo momento: la vita è una serie di incontri, di chiamate in luoghi dove mi spingo perché mi sembra interessan­te andarci, senza averne chiaro il motivo. Però poi tutto quadra: anche l’ingresso tra i registi di Gomorra ha seguito lo stesso filo e il bisogno di raccontare le strade di un Paese, dei suoi angoli più bui. Persino Luna nera, la mia prima produzione in costume, rientra in questo spirito. Lo fa perché parla di caccia alle streghe: una strage senza numeri e senza nomi, che i libri della storia ufficiale non riportano e che chiamava per essere finalmente detta. Lo fa in maniera fantasy, un genere che potrebbe attrarre anche un pubblico più giovane: è bene che il senso di spavento − vieni perseguita­ta per quello che sei, non per quello che hai fatto − ci tenga tutte, e tutti, all’erta.

Ebbene sì, le streghe sono tornate: sono donne scomode, che non rientrano nei modelli, nemmeno in quello associato alla loro età anagrafica. Amiche a cui non va di essere come altri decidono che dovrebbero essere. Se ripenso alla mia prima azione femminista torno a un giorno della mia adolescenz­a, ben prima degli incontri con mia sorella Cristina per la creazione del movimento

Se non ora quando, e della grande manifestaz­ione che ha fatto sfilare un milione di persone in tutta Italia. Avevo appena letto Noi e il nostro corpo, un libro fondamenta­le per noi dell’epoca, nato dalle discussion­i durante un raduno di donne a Boston, nella primavera del 1969. In corteo ci si teneva per mano e si correva e si cantava, tutte assieme: io ero una ragazzina che si vergognava per i palmi sudati. La donna al mio fianco se n’è accorta e mi ha detto: ma è normale. È stata una liberazion­e: ho sentito che quella mano appiccicos­a era una cosa bella, perché era parte del corpo, e che questo si poteva finalmente toccare.

Ma parlando di prime volte c’è un’emozione su tutte che non dimentiche­rò mai: quella del primo bacio. Al cinema Archimede, a Roma, con un compagno di scuola. Non ero nemmeno innamorata e la cosa si è fermata lì, però quel momento mi ha svelato una sensazione di bellezza assoluta, che il bacio racchiude in sé, più di qualunque altra manifestaz­ione erotica. (testimonia­nza raccolta da Cristina D’antonio)

IN MANIFESTAZ­IONE HO SENTITO CHE ANCHE UNA MANO SUDATA È UNA COSA BELLA, PERCHÉ FA PARTE DEL CORPO, UN CORPO CHE SI POTEVA TOCCARE

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A fianco, una scena di Luna nera, terza serie tv italiana prodotta da Netflix
Dall’alto: Francesca Comencini sul set della serie Gomorra e con la famiglia, nel 1974. A fianco, una scena di Luna nera, terza serie tv italiana prodotta da Netflix

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