IL GIOCO DELLE PARTI
Andrew Moravcsik era seduto in prima fila e seguiva l’incontro tra sua moglie Anne-marie Slaughter, Ceo del think tank
New America, e la famosa giornalista americana della CBS Katie Couric. Discutevano di come fosse possibile cucire insieme un lavoro impegnativo e la famiglia. Qualche fila più indietro, una signora ha alzato la mano: «Scusate, posso vedere il marito per accertarmi che si tratti di un maschio Alfa?». Moravcsik non ci poteva credere: «Eravamo a un festival molto di sinistra e molto politically correct, mi sono detto: “Eccola lì una parte del problema. Anche in alcune donne è profondamente radicata l’idea che se l’uomo gestisce casa e figli è meno sexy, meno uomo”».
MI CHIAMAVANO MR. MOM, UN SOPRANNOME TERRIBILE CHE RACCHIUDE TUTTO IL PREGIUDIZIO, OSSIA: È UN RUOLO DA DONNA
Moravcsik, 63 anni, è un professore di Scienze politiche e direttore dell’european Union Program alla Princeton University, un accademico diventato famoso nel 2012 quando sua moglie Anne-marie Slaughter, 62 – anche lei professoressa di Princeton e prima donna a dirigere la Pianificazione politica per il Dipartimento di Stato sotto Hillary Clinton –, ha scritto un articolo per The Atlantic diventato virale in tutto il mondo dal titolo Perché le donne non possono ancora avere tutto. Si tratta di un lungo ragionamento sulla condizione femminile che parte da una rinuncia personale. «Quando Anne-marie lavorava per Clinton si è trasferita a quattro ore da casa, e mi sono trovato a gestire i nostri due figli preadolescenti da solo. La vedevamo nel weekend, lavorava quattordici ore al giorno senza sosta: era l’occasione della sua vita. Poi il figlio più grande ha iniziato ad andare male a scuola, a frequentare brutte compagnie ed è perfino scappato di casa, così Anne-marie ha dovuto prendere una decisione e rinunciare a Washington DC per sempre. Lo avrebbe fatto un uomo a quei livelli?».
Per anni, Moravcsik si è trovato a vivere nella posizione di molte madri: ha messo da parte la carriera per seguire i figli. «Sono stato fortunato perché il mio lavoro da professore me lo ha permesso. In America, per alcuni, ero Mr. Mom – il mammo –, un soprannome terribile che racchiude tutto il pregiudizio che ci sta dietro, ossia: è un ruolo da donna.
Anne-marie usa il termine lead parent, il genitore leader, mi sembra una buona soluzione».
Moravcsik ha nuotato tra difficoltà, pregiudizi e molte gioie. «All’inizio ero esasperato. Preparare la cena ogni sera, essere sicuro che facessero i compiti, portarli a basket, è stato faticoso e a tratti frustrante. Poi, però, quando la notte mi chiamavano perché non stavano bene e l’unica cosa che li rassicurava era la mia presenza, tutta la fatica spariva e mi sentivo un privilegiato».
Se si è fatto molto per raggiungere la parità sul posto di lavoro – anche se secondo l’istat, per esempio, in Italia solo il 57% delle madri riesce a mantenere un’occupazione – le stesse battaglie dovrebbero essere combattute per la gestione della casa. «Se gli uomini fossero più flessibili sarebbero più felici, perché potrebbero scegliere come gestire il tempo, le donne avrebbero più possibilità di crescita lavorativa e le relazioni tra i due sessi sarebbero più eque». C’è una domanda che nessuno fa mai: quanto perde chi si dedica solo al lavoro? «Le ricerche raccontano che, quando agli uomini in pensione viene chiesto qual è il loro più grande rimorso, quasi tutti rimpiangono di non aver passato abbastanza tempo con la famiglia». Moravcsik è accusato spesso di avere una visione utopica della famiglia, lui risponde con proposte pratiche: «Implementiamo la paternità, sradichiamo la cultura che vuole la femmina accuditrice e il maschio che porta a casa il pane, pretendiamo orari più flessibili per la gestione della famiglia. Basta con la storia dell’uomo che dà una mano in casa: ne è responsabile quanto la donna».
Il governo italiano sta studiando la possibilità di estendere il congedo obbligatorio da 5 a 6 mesi aumentando la quota riservata al padre a un mese, oggi è solo di sette giorni. «Troppo pochi», commenta lui. «La paternità è fondamentale e i Paesi scandinavi sono l’esempio di quanto faccia bene a tutti, bambini in primis. Ma è importante che lo Stato pensi anche ad asili meno costosi (o gratis), permessi lavorativi, lavoro da remoto».
A Moravcsik piace confrontarsi con i giovani papà, perché in loro vede i frutti del cambiamento: «Per i millennial la mia storia non è così strana, molti sperano di poterla vivere. Consiglio sempre di parlare tanto con la compagna. Racconto che io e Anne-marie abbiamo rinegoziato il nostro accordo di coppia milioni di volte e ci siamo rispettati». Se suo padre non ha mai cambiato un pannolino, Moravcsik ne ha cambiati migliaia. «Sono andato a riunioni di classe in cui ero l’unico uomo, certo, però per i miei figli non è strano che mamma guadagni più di papà, mentre alcuni miei colleghi provano imbarazzo solo a pensarlo».
BASTA CON LA STORIA DELL’UOMO CHE DÀ UNA MANO IN CASA: NE È RESPONSABILE QUANTO LA DONNA ...