Virtuale e reale
Come un caso di ipnosi collettiva diventa un fenomeno musicale
Si scusa, perché la linea potrebbe cadere: Poppy sta guidando in Nebraska, in un’area identificabile come il centro del nulla, a quattro gradi sotto zero. E in effetti succede: tre volte. Perciò la cantante cinguetta del suo desiderio di arrivare in Italia: la data è già fissata al 25 marzo, per il concerto milanese, debutto italiano di Moriah Pereira, 25 anni, ragazza del Massachusetts che sembra uscita da un manga e che invece è il frutto di una serie di video ipnotici, improntati al nonsense, postati su Youtube. Lei è Poppy, una creatura resa possibile da Internet, e i suoi seguaci sono i Poppy Seeds. Il genere praticato? Un miscuglio nu metal/alternative, metal, pop/electro-industrial e baroque pop. Nel primissimo video pubblicato, ed era novembre 2014, mangiava dello zucchero filato: allora il record fu di 2.3 milioni di contatti. Oggi che è al suo terzo album, I disagree (subito balzato, a gennaio, ai primi posti tra i Billboard’s Emerging Artists), si dice modella impegnata a seguire ogni fashion week per crearsi un’immagine forte e sfondare. Altrimenti, conclude, devi accontentarti dell’anonimato.
Che non è un suo problema: il suo canale arriva a quota 450 milioni, tra visualizzazioni e iscritti. Quanto vale la platea del web? Quasi niente: a me interessano le persone in carne e ossa. È quando sento il pubblico cantare con me, ai live, che ho la percezione di essere un’artista. Questa sensazione lo schermo del computer non me la restituisce.
La sua è stata una carriera fulminante, da zero a cento.
Solo in apparenza: in realtà ho iniziato a lavorare al progetto Poppy dieci anni fa. È stata una scommessa tosta: ho lasciato Nashville, che è la città del country, non proprio il mio genere, e mi sono trasferita a Los Angeles. Mi muovevo alla cieca, alla ricerca di un contatto discografico. È arrivato il contratto. Sono fiera di dirlo: senza scendere a compromessi.
Quanti no ha dovuto dire?
Molti. Questa sillaba è diventata il mio mantra. Adoro la sua potenza devastante.
Il brano che dà il titolo al suo terzo album è I disagree: non fa che ripeterlo, anche in giapponese. Non essere d’accordo è segno di un brutto carattere?
No, rivendico solo il diritto di esprimere la mia opinione e di non voler seguire il flusso mainstream. Il giapponese dà un tocco raffinato alla base elettro-rock.
Poniamo il caso: e se il suo successo precipitasse da cento a zero?
Non escludo l’eventualità, ma non la temo. Sono giovane e mi saprò reinventare; le idee non mi mancano.
L’ultima?
Un romanzo a fumetti: uscirà il 21 luglio, con un disco inedito, Music To Scream To. Così chi legge può ascoltare i pezzi ed entrare in un’altra dimensione. L’estate la passerò a occuparmi del mio film, di cui sarò regista, sceneggiatrice e attrice, e mi piacerebbe disegnare qualche outfit: quelli del tour li scelgo già io.
I suoi fan la venerano come una dea e circola una petizione per trasformare il Poppysmo in setta religiosa. Lei in cosa crede? In me stessa e nell’amore che mi anima. Se ciascuno agisse seguendo le proprie passioni più profonde e desse il massimo, il mondo sarebbe senza dubbio un posto migliore.