IL SENSO DEL BOSCO
Progettare con alberi e acqua: la prova felice di Junya Ishigami
Spostare alberi come atto di resilienza: Junya Ishigami, l’architetto che l’anno scorso ha creato un padiglione temporaneo in ardesia per la Serpentine Gallery di Londra, lo ha fatto. Trecentodiciotto volte in 48 mesi: querce asiatiche, carpini coreani, ciliegi di montagna e aceri − piante con un’altezza media di 15 metri − sono stati sradicati per essere salvati. E sono diventati il nucleo di un giardino contemplativo, l’esperienza meditativa più pura e felice che il Giappone possa offrire.
Ishigami è l’autore del Water Garden che si aggiunge all’art Biotop, l’orgoglio di Nasu, località ai piedi di un monte vulcanico a nord di Tokyo, nella prefettura di Tochigi. Una volta ci si veniva per le residenze artistiche con laboratori di ceramica e vetro, ora si può ragionare sul nocciolo dell’esistenza occupando una delle stanze della Art Biotop Suite Villa (le nuove verranno inaugurate la prossima estate).
Nel progetto ha creduto la danese Henrik Frode Obel Foundation, che ha premiato il giardino con 100mila euro per aver offerto «soluzioni feconde a problemi urgenti». Nel caso di Ishigami, per aver dimostrato come l’essere umano sia capace di intervenire sulla natura producendo un miglioramento invece che distruzione. «Inizialmente l’area era una risaia, poi è diventata un prato vicino a un bosco i cui alberi erano stati destinati al taglio. La domanda è stata: come dar loro una seconda vita?», spiega l’architetto. Innovando un concetto e progettando un luogo dove traslocare le 318 piante. Impresa realizzabile solo con la pazienza e la lentezza zen: in quattro anni appunto, grazie alle uniche due macchine capaci di svolgere il compito, solo nei mesi adatti, mai con il brutto tempo.
Sfruttando i canali per irrigare il riso, Junya Ishigami ha progettato 160 biotopi: una serie di stagni dalle dimensioni variabili, che determinano la distanza tra le piante. Più grande è il biotopo, maggiore sarà lo spazio tra i rami di una specie rispetto all’altra. Mentre ci si addentra nel Water Garden, l’acqua diventa protagonista; lo stagno centrale è quello maggiore, con 35 metri di diametro. «Per progettare architettura e natura si seguono le stesse regole: ogni decisione è la tessera di un puzzle che alla fine costruirà il quadro generale». Un epilogo, nel caso di Ishigami a Nasu, ricco di simbolismi: mentre l’acqua ricorda che tutto scorre e si trasforma, le pietre sulle quali si cammina per rispettare anche l’erba determinano la forma del pensiero. Allineate ma distanziate, costringono a concentrarsi su dove mettere il piede. Appaiate in forma di lastrico, rendono l’incedere sicuro e lasciano la mente libera di spaziare.