FEELING PERSONALE
A Miami la frontiera della customizzazione di un paio di jeans diventa spettacolo
Tra i murales variopinti che ridisegnano l’assetto urbano industriale di Wynwood, il quartiere più in fermento di Miami dove ogni anno prende vita Art Basel, la struttura di legno e metallo sbiancato della Levi’s Haus si staglia come un’oasi. Oltre lo steccato un giardino tropicale di quasi 4mila metri quadrati: 12 container modulabili e trasportabili racchiudono tutto lo scibile umano sulla customizzazione del denim. Il brand americano, che si fregia di aver inventato il primo paio di jeans a San Francisco nel 1873, punta su un’esperienza di shopping sempre più interattiva e bespoke: «I consumatori cambiano e noi cerchiamo di farlo insieme a loro», spiega Jen Sey, Chief Marketing Officer del marchio. «Da sempre tra i valori di Levi’s si annovera la ricerca dell’autenticità e la voglia di andare oltre l’omologazione. Anche se i capi sono prodotti in serie, grazie ai trattamenti che offriamo, diventano dei pezzi unici: da indossare per sentirsi speciale, perché ciascuno lo è, a suo modo, e sente la necessità di esprimerlo». La personalizzazione non è certo una novità, ma qui diventa spettacolo, intrattenimento, aggregazione. I modelli presenti nel concept store temporaneo in Florida, che presto troverà un’altra casa probabilmente a Londra, appartengono alle linee più esclusive: Premium Red Tab, Authorized Vintage e Made & Crafted, a cui si aggiungono proposte in edizione limitata realizzate ad hoc per il mercato locale. Cinque tasche, chino e trucker jacket si selezionano tramite tablet con app 3D, nella Indigo Room se ne calibra il bagno di colore attraverso speciali lavatrici a vista, infine nel Tailor Shop si possono apportare modifiche sartoriali: scegliere bottoni, applicare targhette tematiche, cucire patch o stampare a caldo stencil. La più ipnotizzante è senza dubbio l’area Future Finish, in cui la tecnologia laser computerizzata disegna in pochi secondi i pattern prescelti sui tessuti, con combinazioni di finissaggi anche molto complesse. Un orologio digitale scandisce il conto alla rovescia per la processazione dell’ordine, che si ritira come in un take-away aspettando al chiosco-bar. Un progetto all’avanguardia in cui anche la sostenibilità fa la sua parte, etica ed estetica: «Niente viene buttato, ricicliamo fino all’ultimo ritaglio», racconta Karyn Hillman, responsabile Product Officer. «Abbiamo anche diminuito drasticamente l’utilizzo di acqua nei lavaggi abbattendolo del 90% e puntiamo sempre più su materiali rigenerati».