IL VELISTA IMPEGNATO
La promessa al mare di Pelaschier, lo storico timoniere di Azzurra
La prima volta che Mauro Pelaschier è salito su una barca a vela e ha affrontato il mare in solitaria aveva sei anni. Non è sceso più. «Sono nato nel circolo velico di Monfalcone», racconta. «Da bambino ho passato lunghi inverni a carteggiare e lucidare i dinghy, mi recavo spessissimo in cantiere da mio zio, che era costruttore di barche e olimpionico, per dargli una mano, è stata una scuola meravigliosa che mi ha fatto innamorare delle barche e del mare». Nonno maestro d’ascia, papà campione olimpionico, Pelaschier il mare ce l’ha nel sangue: ha partecipato alle più importanti regate internazionali e d’epoca, due volte olimpico con la Classe Finn. Il suo è un ricco palmares di medaglie e rinoscimenti, benché la lunga barba – oggi bianca, un tempo bionda – resti legata ad Azzurra, la prima barca italiana che nel 1983 partecipò alla Coppa America. «Dal mare ho imparato che le difficoltà si affrontano e si risolvono con umiltà e intelligenza. Il mare devi imparare a conoscerlo, altrimenti non puoi sfidarlo». Paure? «Mai», dice fiero il timoniere più famoso d’italia. «Sai già in partenza che è pericoloso: o lo fronteggi o stai a casa. La bonaccia ti insegna a muoverti anche senza il vento, la bora a sopravvivere. Sono due aspetti importantissimi per la costruzione del velista». E di uno che in mare vuole andare veloce: «Le regate sono il frutto del tuo carattere, se non hai quello che serve per competere, per battere gli altri e andare più veloce di loro allora vai a spasso per il mare». Oggi Pelaschier è un velista impegnato sia come ambassador della Fondazione One Ocean – con l’obiettivo di diffondere la Charta Smeralda, un codice etico di comportamenti per la salvaguardia dell’ambiente marino – sia per Slam. Il marchio di Genova, infatti, è partner della Fondazione con un programma di navigazione su una barca a vela capitanata dallo stesso Mauro Pelaschier, con l’obiettivo di monitorare le aree marine protette, e ha scelto il timoniere di Azzurra come volto della linea di capi riciclati «Quando ero piccolo non esistevano le cerate, e d’inverno quando mi allenavo tornavo a casa zuppo d’acqua. Lo studio di materiali sempre più performanti ha dato la possibilità di navigare in situazioni limite. Oggi non dobbiamo inventarci nulla, ma riciclare quello che esiste già. Non si deve più produrre, ma trasformare, così si chiude il cerchio». Chi vincerà l’america’s Cup? «Chi sarà più abile a manovrare, dentro un campo di gara molto ristretto», conclude Pelaschier «Ormai non è più solo una questione di velocità».