Ragazzo fortunato
Andrea Dodero è grato perché fa il più bel mestiere del mondo e quel mestiere ricambia la sua dedizione
Fla chiacchierata con INITA
Andrea Dodero – dal 30 agosto al cinema accanto a Denzel Washington nel terzo capitolo di una delle saghe action più seguite, The Equalizer,
per poi tornare a fine estate sul set di Blocco 181, alla seconda stagione –, mi risuona nella testa Ragazzo fortunato
di Jovanotti, perché in quei 50 minuti ho assorbito la sua passione e gratitudine per una vita che un po’ si è scelto e un po’ gli è capitata, tra tanto studio, incontri illuminanti e buone occasioni che ha saputo cogliere al volo, seguendo sempre e solo la felicità, quella intesa come sincera ricerca e realizzazione di quello che si è. Ha 26 anni e fa l’attore professionista da meno di un lustro, pur frequentando palchi e scuole di recitazione da che era bambino.
Nell’adolescenza, infatti, la voglia di vivere che gli scoppiava dentro l’aveva portato altrove, a un certo punto anche a fare il pasticciere, ma il richiamo di quella che era la sua vocazione è stato più forte e da un giorno all’altro, su consiglio di un amico, ha lasciato la Liguria per Roma, per giocarsi tutte le carte e provarci davvero. Di lì a poco, sono arrivati a ritmo sempre più vertiginoso i primi ruoli da poche pose (nel film Non odiare e in serie come Mental e L’allieva 3), poi personaggi più corposi per serie italiane diffuse in streaming ovunque, Blocco 181 e The Good Mothers, premiata all’ultima Berlinale, fino al blockbuster internazionale con un premio Oscar. Lui racconta questa parabola così. Il suo primo ricordo, le recite scolastiche: le risate che facevano compagni, maestri e familiari quando si divertiva a dare diversi accenti dialettali a Babbo Natale: «È partito tutto alle elementari, sai quando sei bambino e non sai ancora cosa ti piace e cosa no, ma senti che devi trovare il tuo posto nel mondo», dice. «Il mio primo passo è stato quello, trovarmi davanti a persone che sorridevano e ridevano restituendo gratitudine alla mia emozione, al mio modo di raccontarla. Lì, mi sono incuriosito e mi sono iscritto a una scuola di recitazione». Si trattava di una vera istituzione ligure, La Quinta Praticabile, «un crocevia di persone appassionate con tanti insegnanti, ancora oggi gli stessi, che hanno trasmesso la passione a diversi altri coetanei che oggi fanno il mestiere dell’attore, come Francesco Patanè di Ti mangio il cuore, Anna Manella, Giordana Faggiano. Ci ha trasmesso la voglia di farlo, ci ha portato a fare spettacoli in giro per l’italia, amatoriali e non pagati, ma esperienza di palco vera».
Questo fino ai 16 anni, poi il vuoto fino ai 20: «Preso il diploma, ho iniziato a lavorare in una pasticceria – da Rocco D’arrigo, un’altra istituzione locale – rendendomi presto conto che non era il mio», ricorda. «Non era per la qualità o quantità dell’impegno richiesto, mi mancava proprio la passione, non arrivava perché non lo sentivo un mestiere di espressione, quella fisica e vocale che piace a me. Stavo lavorando ma non ero