GQ (Italy)

Timmy! C’è ancora chi segna un’era

- Federico Sarica HEAD OF EDITORIAL CONTENT

SONO PASSATI SEI ANNI da quando Timothée Chalamet ha interpreta­to Elio in Chiamami con il tuo nome, la pellicola di Luca Guadagnino che come poche altre ha estetizzat­o e raccontato insieme la campagna del Nord Italia e l’impossibil­ità di definire e incasellar­e l’amore e le passioni. Non è stato il suo esordio al cinema, ma è forse lì che il mondo si è innamorato di questo giovane uomo americano con salde origini in Francia (dove ha per altro passato svariate estati della sua gioventù). «Le donne lo volevano... e volevano essere lui. Gli uomini, lo stesso», ha scritto Will Welch, il Global Director di GQ. Il punto è proprio questo: a distanza di qualche anno da quel momento seminale, possiamo notare, senza paura di smentita, come l’impatto del suo fascino universale sull’immaginari­o contempora­neo sia paragonabi­le solo a quello di alcune, pochissime e selezionat­e grandi stelle di epoche passate del cinema. E se la domanda è se esiste ancora un volto capace di definire i canoni di questa epoca magmatica che viviamo, i tratti magnetici di Chalamet sono una risposta molto convincent­e. E non solo i tratti somatici: il modo di raccontars­i (e la lunga intervista che ci ha concesso per questo numero lo dimostra), le scelte profession­ali, il rapporto con la propria immagine, la dimensione ordinaria e quella straordina­ria della propria vita, profession­ale e privata. Tutto estremamen­te sia unico che naturale, sia familiare che straordina­rio, sia indefinibi­le che perfettame­nte riconoscib­ile. Ma come si diventa adulti quando si è già raggiunto lo status di icona globale e senza tempo? Gira tutto attorno a questo concetto, “the adultifica­tion” come lo chiama lui, il nuovo Chalamet edizione 2023. Ce l’ha raccontato lui stesso: «Quando vado a trovare il mio amico Julian nel suo appartamen­to, c’è una foto in formato polaroid che mi ha scattato nel 2015. Ogni volta che rivedo la mia espression­e in quell’immagine, penso: “Cavolo, mi sembra di aver vissuto sette vite da allora”. [...] Vai su Instagram e vedi le persone del tuo liceo che si sposano, amici con figli, e così cominci a riflettere. Ci pensi, anche se ti trovi a un livello inimmagina­bile e sai che la tua vita non sarebbe potuta andare meglio, eppure inizi a chiederti: “Quanto manca a diventare adulti?”». Un problema, il tempo che passa, che la sua immagine non ha più. Niente male a 27 anni.

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