Gli uomini (e le donne), anzi le storie, dell’anno
CHI HA LA FORTUNA di fare il mio mestiere si ritrova spesso a interrogarsi sul significato e sul valore del continuare a produrre contenuti a ciclo continuo, tutti i giorni, online, sui social, dal vivo e sulla carta, e farlo in uno scenario dove la sensazione, da utenti e spettatori, è spesso quella di essere assaliti da nuovi video, nuovi titoli, nuovi scoop, nuovi trend. Ogni tanto è legittimo e normale pensare “troppi, che fatica, fate, facciamo anzi, un po’ di silenzio”. E la risposta che mi do, che ci diamo, al di là della passione di continuare a costruire e modellare la materia di cui sono fatti il nostro tempo libero e la necessità di riempirlo con cose non necessarie e per questo bellissime, è quella che il bisogno di raccontare storie e di sentirle e vederle è invece inesauribile e, quello sì, a volte anche necessario. Per ispirarsi, per capire, per conoscere, per dare forma all’entusiasmo, al gusto, alla personalità e anche allo spirito critico di tutti noi. Qui da GQ, in fondo, quello che facciamo è continuare a raccontare, dal di dentro, storie di personalità grandi e piccole, conosciutissime e sconosciute, che hanno a che fare col successo ma anche col fallimento e col riscatto. Storie di persone prima che di personaggi, insomma. Che a loro volta si portano dietro storie di luoghi, di prodotti, di idee, di relazioni.
Men of the Year, il momento clou dell’anno per noi, quello in cui scegliamo alcune delle personalità che secondo noi si sono distinte nei campi a noi più affini – la musica, il cinema, la moda, l’intrattenimento e la produzione culturale – alla fine, tornando al discorso in cui sopra, è proprio la rappresentazione plastica di cosa voglia dire scegliere delle storie, raccontarle, metterle una in fila all’altra e, nella loro profonda diversità, dare a ognuno di voi la possibilità di trovare un filo conduttore che aiuti a continuare a costruire la propria di storia. Si chiama Men of the Year, uomini (ma anche donne, come vedrete) dell’anno, ma potrebbe anche chiamarsi tranquillamente le storie dell’anno. E questa volta andiamo da quella pazzesca, elegante, sperimentale e illuminante di un gigante del cinema come Willem Dafoe – con cui abbiamo ragionato insieme su cosa voglia dire fare l’attore nell’anno in cui fare l’attore è stato complicato causa sciopero di Hollywood – fino a quella bellissima e piena di significati di un ragazzo come Seydou Sarr, protagonista di quello che per noi è il film italiano dell’anno, Io capitano di Garrone, al suo debutto assoluto. Una storia, quella di Seydou ma anche quella del suo personaggio, che vale mille volte di più di qualsiasi dibattito urlato sul tema immigrazione. Andate a vedere il film se non l’avete fatto, leggete le parole che Seydou ci ha regalato: non avrete più dubbi su da che parte stare, ne esiste solo una, ed è quella delle persone.
Ci sono poi le storie incredibili di Elodie Di Patrizi, in arte Elodie, e di Gionata Boschetti, in arte Sfera Ebbasta. Le storie di due star della nostra musica contemporanea, di due personaggi sempre sotto l’occhio dei riflettori e esposti a qualsiasi tipo di giudizio e critica. Ma prima di tutto, e ve ne accorgerete leggendo il numero, le storie di due trentenni italiani partiti dal nulla e arrivati dove sono grazie al talento, all’impegno, alla caparbietà, alla voglia di prendere in mano il proprio destino. Che è proprio il filo rosso che, a mio parere, lega tutte le storie che celebriamo in questo numero. A voi il compito, anzi il divertimento, di scegliere il vostro. Ci vediamo nel 2024!