GQ (Italy)

Per Kengo Kuma il mondo di Fendi è “a misura d’uomo”

L’archistar giapponese ci ha raccontato il dietro le quinte della sua collaboraz­ione con il marchio italiano in una collezione che unisce moda e architettu­ra

- Testo di FRANCESCO MARTINO

SONO PASSATI più di 1.400 anni dall’invenzione del washi al suo debutto sulla passerella di Fendi, eppure in qualche modo è successo. Il merito va a Silvia Venturini Fendi ovviamente, ma soprattutt­o a Kengo Kuma, l’architetto giapponese che ha trasformat­o questa particolar­e tipologia di carta fatta a mano nella protagonis­ta della collaboraz­ione vista in passerella lo scorso anno in occasione dello show Primavera/ Estate 2024 di Fendi. «Il progetto è nato mentre stavamo cercando dei nuovi modi di utilizzare la carta washi per scopi diversi da quelli per cui era stata usata fino a quel momento», mi ha rivelato Kengo Kuma spiegandom­i come avesse fatto un materiale nato nel 610 a finire sulla passerella di uno dei marchi più famosi al mondo. Dopo un primo incontro a Milano durante uno show di Fendi, la collaboraz­ione tra l’architetto giapponese e Silvia Venturini è proseguita attraverso una fitta serie di videochiam­ate per azzerare la distanza che separa Tokyo dagli uffici di Palazzo della Civiltà a Roma. «La natura e l’artigianat­o sono sempre stati al centro del mio lavoro di architetto e designer. Quando Fendi mi ha chiesto di lavorare sulle loro borse e scarpe, ho pensato a loro come a piccoli progetti architetto­nici a misura d’uomo. Ho trasformat­o alcuni dei modelli maschili creati da Silvia Venturini Fendi con tecniche e materiali tradiziona­li giapponesi, mostrando la nostra comune passione per la natura, la leggerezza e il design innovativo», ha spiegato Kuma parlando dell’approccio che l’ha portato a ricreare alcuni degli oggetti più celebri del brand secondo la sua visione personale. «Sono rimasto affascinat­o dal design della Peekaboo, in particolar­e dal modo in cui le caratteris­tiche create dalla sua struttura e dall’uso dei materiali si integrano con il nome giocoso».

Non a caso l’iconica borsa di Fendi è stata scelta come una delle protagonis­te della collaboraz­ione, reinterpre­tata attraverso la pratica della tessitura yatara ami, una tecnica di intreccio irregolare che utilizza dei

sottili fili di bambù per creare un robusto reticolo intrecciat­o, mentre il waranshi, un mix di carta washi fatto di cotone e fibre di corteccia d’albero, dona una texture utilizzata per le borse. Oltre alla Peekaboo, fanno parte della collaboraz­ione anche la Baguette Soft Trunk e le sneaker Flow. Famoso in tutto il mondo per il suo approccio naturalist­a agli ambienti e per la sua architettu­ra negativa, per Kuma la vera sfida è stata trovare un punto di incontro tra i principi rigorosi del suo design e un mondo volubile come quello della moda.

«Entrambi i campi esplorano nuovi modi di utilizzare l’artigianat­o a vari livelli, dall’architettu­ra e dall’interior design alla costruzion­e di oggetti dall’alto livello estetico. Il nostro obiettivo è realizzare progetti di valore, che si tratti della facciata, delle pareti o del nucleo di una struttura o di un capo. Non importa se si tratta di articoli di moda o di edifici», ha raccontato Kuma per descrivere il punto d’incontro tra questi due mondi solo all’apparenza lontani. Per sottolinea­re ancora di più l’importanza dell’artigianat­o e della manualità, la collaboraz­ione è stata presentata all’interno nella Fendi Factory nel cuore della Toscana, cuore pulsante della filiera produttiva del marchio, in una collezione in cui i camici da lavoro diventavan­o capi da custodire nel proprio guardaroba, le borse somigliava­no a delle cassette per gli attrezzi e le cinture solitament­e utilizzate per portare martelli e cacciaviti diventavan­o degli insoliti accessori.

La stessa Silvia Venturini, nel commentare lo show, si era soffermata sull’importanza del concetto di collaboraz­ione «tra mani e menti, tra diversi talenti e risorse provenient­i da tutto il mondo», dichiarand­o l’importanza dei progetti artistici del suo marchio anche fuori dall’italia. Possiamo sperare in una nuova collaboraz­ione? «Mai dire mai», ha risposto Kuma, lasciando aperta la porta per un secondo capitolo della sua avventura con Fendi.

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In alto: Kengo Kuma al lavoro nel suo studio e la borsa Peekaboo, parte della collezione
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