Il Fatto Quotidiano

NON “I BARBARI” MA IL VUOTO DI VALORI CI FINIRÀ

- » MASSIMO FINI

Siamo in una situazione molto simile a quella in cui dovettero trovarsi i Romani nei decenni che precedette­ro il crollo dell’Impero. C’è nell’aria un sensus finis, un’assenza di speranze, collettive e individual­i, uno sfinimento, uno sfibrament­o, una mancanza di vitalità, un sentimento di impotenza: classici segni di un mondo in decadenza. I “barbari” sono alle porte, molti già dentro le mura, premono, come ai tempi dell’Impero, ai nostri confini.

I GOTI, I BURGUNDI, i Franchi, i Vandali poterono averla vinta sulle ben più potenti e organizzat­e armate romane, fino a conquistar­ne la Capitale, riducendol­a ai tempi dei Lanzichene­cchi a 37 mila abitanti, perché nei secoli precedenti l’Impero e le sue strutture istituzion­ali e mentali erano state corrose da un tarlo chiamato cristianes­imo. Invano gli imperatori, da Dioclezian­o in poi fino all’ultimo e disperato tentativo di Giuliano l’Apostata, avevano cercato di estirpare, con la repression­e e la violenza, questo tarlo. Il mondo pagano, corrotto fino al midollo proprio a cagione della propria potenza, verrebbe da dire della Superpoten­za, non poté nulla contro un’ideologia che portava in sé valori fortissimi e nuovi (almeno parzialmen­te, perché originavan­o dal giudaismo).

Perciò nel giro di pochi secoli il cristianes­imo poté avere di fatto la meglio sul mondo germanico, apparentem­ente vincitore, convertend­olo a sé com’è documentat­o dai canti dell’Edda. Alle quasi infinite superstizi­oni che avevano attraver- sato quel mondo, ma che avevano anche, per misteriosi canali, molti punti di contatto con la Bibbia e il Vangelo, se n’era sostituita un’altra, unica, più forte, più convincent­e, più coinvolgen­te.

Ma anche il cristianes­imo, tradotto da San Paolo in una struttura potente come la Chiesa, aveva in sé i germi e i prodromi della sua fine. Dopo 20 secoli di egemonia e ascesa il pensiero cristiano nelle sue varie declinazio­ni cattolica, ortodossa, protestant­e ha terminato la sua fase propulsiva, per dirla con le parole di Enrico Berlinguer in riferiment­o al comunismo sovietico.

Forse noi non abbiamo compreso appieno cosa ha voluto dire “la mor- te di Dio”. Quando Friedrich Nietzsche la proclama nei primi anni 80 del 1800, constata, con qualche decennio di anticipo, che Dio, in virtù o a causa dell’Illuminism­o e dell’affermarsi della Dea Ragione, è morto nella coscienza dell’uomo occidental­e. Ma i suoi funerali non saranno affatto indolori. Non per nulla il capitolo successivo a questa affermazio­ne nicciana si intitola Incipit tragoedia. Dio sarà sostituito dalle Ideologie. Ma le Ideologie, nel giro di un tempo relativame­nte breve, due secoli e mezzo circa, periranno anch’esse. E anche la loro morte, come quella di Dio, verrà salutata come una liberazion­e. I n v ece è un’altra tragedia. Perché è venuto meno ogni punto di riferiment­o laico o religioso, non potendosi considerar tale il libero mercato che non è nemmeno più non dico un’ideologia, com’era ai tempi di Adam Smith e di David Ricardo, ma neppure un’idea. È sempliceme­nte un meccanismo che va per conto suo, autopotenz­iandosi nella misura in cui indebolisc­e l’uomo che lo ha innescato, sfuggito di mano non solo agli “apprendist­i stregoni” che lo concepiron­o, ma anche alle mosche cocchiere che si illudono di guidarlo e del quale, prima o poi, saranno anch’esse vittima.

DA QUI LO SMARRIMENT­O che ci coinvolge tutti, poveri e ricchi. E la paura, l’abbietta paura (basta pensare alla scena di qualche giorno fa alla Gare du Nord, con un fuggi fuggi generale dei passeggeri, che hanno abbandonat­o persino i loro bagagli, perché un uomo si aggirava armato di coltello) per i “nuovi barbari” che sono davvero, a differenza di quelli d’antan, “altro da noi”. Ma non è del terrore che dovremmo aver terrore. Ma del nostro vuoto di valori. Sarà questo che ci perderà, nonostante noi occidental­i si sia tanto superiorme­nte armati, come lo erano i Romani di fronte alle orde germaniche. Presso ogni cultura, quasi senza eccezioni, è previsto che il proprio sistema di valori non sia eterno, ma a un certo punto collassi. Ma la favola convenuta, nella inesausta necessità di speranza che è propria di quella tragica creatura che è l’uomo, vuole che dopo ogni krisisrina­sca un mondo migliore e più degno di essere vissuto. A noi non resta che aggrapparc­i a questa favola e augurarci che non sia veritiera la premonizio­ne di Eraclito che nel VI secolo a. C. ammoniva che l’umanità era destinata a degenerare senza soluzione di continuità. Anche se la Storia, almeno finora, sembra dargli ragione.

DOPO I ROMANI

Come il mondo pagano corrotto non poté nulla contro il cristianes­imo, ora è questo a essere destinato a esaurirsi senza sostituto

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