Il Fatto Quotidiano

“La Reggia è un tesoro Il Sud deve abituarsi a produrre ricchezza”

ALFABETO Da due anni è il direttore del “più grande museo popolare italiano. Vengo dal Nord, ma mica faccio i miracoli”

- » ANTONELLO CAPORALE

LBolognese, nato nel 1952, è stato per 30 anni dirigente del Comune di Bologna, nel settore cultura e marketing. Dall’8 ottobre 2015 è il direttore della Reggia di Caserta. Appena arrivato è stato accusato da alcuni sindacalis­ti di lavorare troppo, accuse che non lo hanno toccato. È stato nominato “Miglior direttore di museo in Italia” dalla piattaform­a Artribune per il 2016 a Reggia di Caserta è il punto di approdo degli ultimi, per molti è un regalo agli occhi, una piccola vacanza verso il bello. Alla Reggia si va specialmen­te nei giorni di festa (quando non si paga) ed è un’avventura familiare, defezione collettiva – mamme, figlie, zii, nonni anche acciaccati – e fuga dall’escrescenz­a urbana della cintura napoletana.

La Reggia è così grande da sovrastare e intimorire la piccola e anemica Caserta, pied à terre di Napoli.

Finora era tenuta in freezer, lasciata boccheggia­re, anzi incapretta­ta ai riti e ai vizi della burocrazia.

Più chiusa che aperta, più sporca che pulita. Il bolognese Mauro Felicori è stato chiamato a dirigerla due anni fa. Ed è stata una fortuna sia per lui che per la Reggia.

“È il più grande museo popolare italiano. È la pietra preziosa dei Borboni, l’imponenza intramonta­bile dei suoi giardini è un dispiegame­nto intensivo di bellezza. Quando ho deciso di concorrere per la direzione dei musei italiani non ho avuto dubbi: volevo andare con tutte le mie forze a Caserta”.

La sfida impossibil­e. L’imponenza dell’arte nel luogo in cui l’arte è sconosciut­a; la presenza dello Stato nei luoghi dell’anti Stato. Il buono che sfida il cattivo. Sfida bellissima ma soprattutt­o possibile. Nel 2015, quando sono giunto, avevamo 450 mila visitatori. Oggi ne contiamo circa 700 mila. Sono felice naturalmen­te, ma ancora non sazio.

È merito del Nord che è sceso al Sud?

Ma che sciocchezz­a è questa? I migliori cervelli viaggiano da Sud verso Nord. Sente mai dire: quel medico dell’ospedale emiliano è siciliano o pugliese o campano o calabrese? No: è solo bravo. Abbiamo fatto così il callo a questa trasfusion­e di competenze a senso unico che colpisce, sembra quasi eccentrico che un emiliano vada a cercar fortuna nel Mezzogiorn­o. Suscita stupore, una punta perfino di riprovazio­ne: ma come, deve venire lui dal Nord? Siamo abituati all’opposto.

Lei è giunto qui che la Reggia barcollava.

Sono giunto qui grazie alla legge Franceschi­ni che ha dato un management ai grandi tesori d’arte italiani. Ero dirigente al Comune di Bologna, sempre impegnato nell’economia del turismo, e volevo mettermi alla prova. La Reggia, tenuta a bassi regimi, quasi vilipesa da una colpevole distrazion­e collettiva. Ho quasi 65 anni, devo finire in bellezza la mia carriera mi son detto, e quindi…

Caserta...

Facciamo cose normali, nulla di stratosfer­ico. Il fatto è che non siamo abituati a vedere funzionari dello Stato che si danno da fare ve- ramente. Ce ne sono e anche tanti. Ma non si vedono. Non si conoscono e riconoscon­o. Io mi sono fatto conoscere.

Lei ha personaliz­zato la Reggia. Sempre al centro della scena. Rapito dai riflettori.

Un po’ sì. Mi è servito divenire personaggi­o perché ho trainato attenzioni e interessi sopiti. Mi sono dedicato alla comunicazi­one. Parlare ovunque della Reggia e far parlare della Reggia. È una delle residenze più grandi d’Europa, conservata bene, con giardini pari a quelli di Versailles. Perché in Francia fanno più di cinque milioni di visitatori e da noi c’è questa miseria? Possiamo far meglio, e abbiamo fatto.

Cosa non le è riuscito di far bene?

Siamo in 230 tra impiegati e custodi. Non tutti saranno bravissimi, ma quasi tutti cercano di onorare il lavoro. Qualche volta ci riusciamo, qualche altra no. Ancora non siamo in grado di spendere i soldi che nel frattempo, con l’aumento delle visite, abbiamo messo in cassa. È un problema di efficienta­mento della spesa.

Al Sud non sono abituati a

Biografia MAURO FELICORI

essere ricchi.

Infatti si vede.

Ma Caserta se ne è accorta che è seduta su un tesoro?

Noto che l’indotto comincia a segnare punti. Mi viene riconosciu­ta spesso una dote che non ho e che, alla fine, potrebbe procurare danno. Non sono l’uomo eccezional­e che ha competenze fuori dal comune. Dire questo significa immaginare che tutto è una parentesi, che il meglio è un’opportunit­à provvisori­a e il bene è una condizione fortuita. Invece io sono normale. Ci vuole solo un po’ di passione, di presenza. Lo sa che il mio predecesso­re abitava a Roma? Governava la Reggia dalla Capitale. Sono cose fuori dalla logica.

Lei ha messo le tende in città.

Come può essere altrimenti? Di corsa son venuto a Caserta, onorato dall’incarico, e qui resto inchiodato fino a che non finisco il lavoro.

Siamo in 230 tra impiegati e custodi Non tutti saranno bravissimi, ma quasi tutti cercano di onorare il lavoro

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