Il Fatto Quotidiano

“Le follie negli ‘80 con Moana e B. Poi mi salvò Avati”

L’INTERVISTA ANDREA RONCATO L’attore: “Pupi Avati mi ha cambiato la carriera: sono diventato grande”

- » ALESSANDRO FERRUCCI Twitter: @A_Ferrucci

Andrea Roncato è una forma di reality anni Ottanta.

Lui non recita, lui era, in parte è. “Beh, sì, non mi costava molta fatica interpreta­re i ruoli, ero io, la parte era sempre la stessa”. Il Loris Batacchi in Fantozzi subisce ancora, o Andrea Bergonzoni ne L’allenatore nel pallone era vita reale, ma sotto i riflettori. Donne. Donne. Sempre donne (“ci provavo con tutte. Se mi dà la lista dei film le dico con chi, non ne perdevo una ”). Vacanze. Leggerezza assoluta, quasi senza l’ossigenazi­one di una riflession­e, da stordire la testa, con una Stella Polare: “Per soldi ero pronto a tutto, non rifiutavo nulla”.

Proprio a tutto?

Sì, ma allora andava bene, ero agli inizi, avevo un’altra percezione. Poi ho ceduto a film pessimi, direi vergognosi come Rimini Rimini 2 o il seguito de L’allenatore... Partiamo dai suoi inizi profession­ali.

I primi guadagni sono arrivati dalle Feste dell’Unità, le uniche a garantire pubblico e introiti, noi ci andavamo anche se non eravamo comunisti, ma era una gavetta necessaria, e poi erano migliori di quelle dell’Amicizia, dove ci trovavamo di fronte a file e file con preti e suore e obbligati a modificare il repertorio: niente battutacce, allusioni o doppi sensi...

Il risultato?

Il silenzio, neanche una risata. Alla fine sbroccavo e tornavo me stesso, le battute sul “cu l o ” scuotevano, e finalmente ottenevamo il primo applauso, anche dalle suore. Come ha investito i primi guadagni?

Io un appartamen­to a Bologna, Gigi ( Sammarchi, suo “socio” per molti anni) in una Cadillac spaziale, enorme, che dopo un po’ è stato costretto a vendere perché non passava tra le strade dei paesini quando andavamo per le serate.

Come mai si è sciolto il duo Gigi e Andrea?

Era finito un percorso, ripetevamo all’infinito noi stessi, cambiava solo il contesto: Gigi e Andrea al mare, in montagna, in spiaggia. Di nuovo in spiaggia. Non ne potevamo più. Anche il pubblico si stava rompendo le palle.

Basta correre dietro alle donne...

Sarei diventato patetico. Molti suoi colleghi perseveran­o all’infinito.

Lo so. Uno di questi è Massimo Boldi: per carità non lo considero patetico, ma dovrebbe avere più rispetto per i suoi settant’anni.

Se pensa ai ruoli degli anni Ottanta, come si giudica? Un cane.

Senza attenuanti.

Non devo neanche tornare a quel decennio: qualche anno fa ho rivisto una puntata della Voce del cuore, fiction girata con Gianni Morandi. Mi è preso un colpo, eppure sul set ero convinto della prova. Per tanti fan lei è Batacchi...

I ragazzi mi fermano e recitano la parte a memoria, vada a vedere i click su Youtube: uno sproposito. Ed era quasi tutto improvvisa­to, ma quando giri con uno come Paolo, il copione lo prendi e lo butti nel gabinetto.

Molti suo colleghi dipingono Villaggio come cinico, tendente al cattivello...

È un genio. Un meraviglio­so figlio di buona donna. Lui racconta delle verità condite da fantasia, e non è cattivo, ama prendere in giro, si diverte a mandare in crisi gli altri. Adora organizzar­e scherzi. Quando abbiamo finito di girare Carabinier­i , organizzò una festa bellissima, con tanto di fuochi d’artificio, poi a metà della serata se ne è andato e abbiamo dovuto dividere la spesa.

Non tutti avranno apprezzato.

Problemi loro. Un’altra volta l’ho incontrato a Roma all’hotel Aldrovandi, era in compagnia di una ragazza molto bella. Uniamo le tavolate. A un certo punto si alza, mi dice “sono stanco”, e mi chiede di accompagna­rla a casa. Va bene, rispondo. Saliamo in macchina, “dove ti porto”. E lei: “Come dove mi porti? Siamo d’accordo con Paolo che mi devi un milione”. Ho saldato. Però a quel punto ci sono stato, pagare per pagare...

Un tempo pensava solo alla “gn occa ”, come la definirebb­e lei.

Ma ci penso ancora oggi. Ribadisco: ci ho provato con tutte.

Democrazia a letto. Solo divertimen­to.

Ma la sua è indole o voglia di rispettare le attese degli altri?

Mi piace realmente. Amo adularle, farle sentire importanti, desiderate, e non solo le belle, anche le brutte; amo regalare momenti di autostima. Però ammetto: non ricordo tutte quelle con le quali sono stato e sono cascato in alcune gaffe imbarazzan­ti.

Sicuro non si è ricordato di qualche conquista... Proprio così, con alcune ci ho provato due volte.

Lei fidanzato di Moana Pozzi.

Meraviglia. Ci siamo conosciuti quando ancora non era una pornostar, ma solo un’attrice da comparsa, non riusciva a sfondare, eppure è stata una delle donne più intelligen­ti e preparate mai conosciute, di un altro livello per preparazio­ne e cultura, per capacità di analisi, anche politica.

L’ha lasciata. Fisicament­e non riuscivo a starle dietro, era come mangiare cinque vasetti di Nutella al giorno: dopo un po’uno si deve arrendere.

Poco fa ha detto: per i soldi sono pronto a tutto.

Eh, sì. Appunto, nel caso di Rimini Rimini 2non volevo, la storia era veramente brutta, con il nulla dentro. Rinuncio. Loro mi chiamano di nuovo e offrono 50 milioni per quindici giorni di lavoro. No. “Dieci giorni a 80 milioni”. Noooo. Alla fine ho lavorato un giorno per 100 milioni.

Nel primo Rimini Rimini c’era Laura Antonelli.

Che bella! Si atteggiava a diva, un fascino diverso dalle altre, cercava di nascondere le sue fragilità con durezze inutili, ma bastava dedicarle qualche minuto oltre l’apparenza per capirlo. La sua fine di merda dimostra la disattenzi­one colpevole dello Stato, siamo un Paese più attento ai tronisti che agli artisti come lei. Sergio Corbucci era il regista...

Anche lui un grande, un profession­ista, sapeva esattament­e dove piazzare le telecamere, tecnicamen­te so-

praffino, aveva in testa i tempi giusti. Certo non lavorava sull’attore, non era uno alla Muccino, uno che arriva a prenderti a sberle per ottenere la sua visione. Ama Muccino?

Bravissimo, ma il vero maestro, chi mi ha cambiato la vita, le prospettiv­e, la concezione di me, è in assoluto Pupi Avati: è lui ad aver tirato fuori il meglio, con lui sono cresciuto, con lui ho rischiato. A nudo.

Completame­nte, lui ti spoglia psicologic­amente, ti fa scoprire le emozioni più nascoste e difficili: se oggi piango

Non potevo starle dietro, era come mangiare 5 vasetti di Nutella al giorno: dopo un po’ uno si deve arrendere

MOANA POZZI Una volta a Roma mi ha mollato una donna per uno scherzo: ‘Portala a casa’ Ho dovuto darle un milione

PAOLO VILLAGGIO

sul set è perché rivivo la morte di mio padre, ed è anche un modo per affrontare una situazione un tempo nascosta. Sua madre come prese il successo?

Guardava l’aspetto estetico, non quello artistico, se di artistico vogliamo parlare. Giudicava l’abbigliame­nto, era attenta al mio peso. Era mio padre a vantarsi, una volta l’ho beccato al bar, a voce alta fingeva di lamentarsi: “Oddio, oggi mi ha chiamato Ornella Muti perché domani vuole venire a casa nostra per mangiare i tortellini. Questa rompe sempre le palle con i t or t el l in i ”. Oppure: “P i pp o Baudo sabato non se ne andava più da casa...”. E così via. Insomma, erano le sue piccole rivincite dopo una vita da operaio e sacrestano. Non avevate a disposizio­ne grandi risorse economiche... Attenti a tutto. Per questo con i primi soldi guadagnati gli ho regalato un

Bmw 316. Quando lo vide iniziò a tremare, non riusciva a prendere le chiavi in mano. Lo teneva sempre in garage, lucido, perfetto, credo abbia percorso 120 chilometri in cinque anni. E a mamma?

Una classica pelliccia di visone, chiusa nell’armadio, temeva di rovinarla; ogni tanto la stendeva sul letto e l’accarezzav­a. Queste scene le ho pure portate sul palco con Gigi... Gigi, una certezza.

Un fratello. La differenza tra me e lui è che io non avrei potuto inventarmi altro, non potevo impiegare diversamen­te la mia vita. Lui no. Lui aveva maggiori possibilit­à grazie a diversi interessi e a un carattere unico: smussa o-

gni angolo, sa filosofegg­iare e relativizz­are i problemi. Non era geloso di lei?

No, eppure prendevo la risata dopo che lui aveva sgrossato il lavoro per arrivarci. Per essere chiari: lui giocava a tutto campo, io segnavo il gol e catturavo gli applausi. Questo mestiere lo ha portato avanti per me, per amicizia, e per fortuna mi è rimasto sempre accanto, anche nei momenti di merda. Si riferisce alla fase della cocaina?

Eh già...

Come ha iniziato?

Nel periodo della television­e, in quegli ambienti era normale, non potevi tirarti indietro. O meglio: non ero in grado di estraniarm­i, dovevo sentirmi alla pari. Con l’effetto?

Di un fasullo senso di onnipotenz­a, poi magari mi trovavo a letto con due o più donne e non ero in grado di farci nulla. La cocaina altera tutto. Ha presente Lapo e la vicenda di Torino? Io lo capisco. Tutti stupiti per la bruttezza della trans, tutti a dire “almeno poteva sceglierse­la figa”. E no! In quel caso la libidine è provare a se stesso la capacità di poter andare con una persona non proprio graziosa. È la vera sfida. Si ribaltano i piani. Però ho sbagliato... A drogarsi?

Sì, ma anche a dirlo in television­e. Volevo solo lanciare l’allarme per i ragazzi, invece mi sono trovato additato, e anche da persone che a loro volta stanno sotto la polverina, ma restano zitti o peggio mantengono un atteggiame­nto ipocrita, quando basta guardare meglio la tv per riconoscer­e la loro dipendenza. Quali sono i segnali per capirlo?

Sguardo che tende al fisso, le pupille dilatate, sudorazion­e e ovviamente il tic di tirare su con il naso. Accende la tv e li riconosce?

Più di quanto si possa immaginare.

Con lei sembra di rivivere la frase di George Best: "Ho speso gran parte dei miei soldi per alcool, donne e macchine veloci, il resto l'ho

sperperato". Però sono quasi astemio e non gioco a carte. In quanto alle auto, verissimo. Avevo la Mercedes e la Porsche ma solo per rimorchiar­e: sono tutte forme di paura, di mancanza di credere in te stesso. Ero un po’ così. Sono stato uno dei primi con il telefono in macchina, comprato subito. Edonismo anni Ottanta...

Non avevo limiti, alcuna concezione pratica, navigavo a vista, soddisfavo solo la mia pancia, non guardavo neanche il cartellino con il prezzo. Ma erano anni bestiali, ci siamo mangiati tutto, molte regole neanche esistevano, e penso alla television­e: bastava citare un prodotto o un marchio e immediatam­ente arrivavano i milioni in contanti dal marchio nominato. Era la giungla. Anni da Berlusconi.

Lui usciva con noi, veniva in

discotecaN­on staccavaed era mai: baldoria. potevi chiamarlod­ella notte per a qualunque segnalargl­i oraun problemapu­re era luie rispondeva;a telefonare, op- a volte dirmi: alle “Mio tre figliodel mattino,non ha riso per alla vostra gag, cambiatela”. Era la sua forza, seguiva tutto... Vi contendeva­te le donne...

Tra lo scherzoso e il serio mi disse: ma come, io ti pago e mi vuoi trombare le dipendenti? Oltre ad Avati, chi le ha insegnato il mestiere?

Sandra Mondaini e Raimondo Vianello: ci abbiamo lavorato per tre anni in tv. Spesso dormivamo a casa loro, e Raimondo, ogni mattina, ci portava il Carlino di Bologna per la colazione. Mai visto scocciato o turbato e aveva una preparazio­ne impression­ante che non ti imponeva. Mentre la Mondaini?

Animale da palcosceni­co con lo spettacolo addosso. Rompeva le palle, scatenata, non si fermava mai. Lui era la mente, lei il braccio. Lui stondava, lei s’incazzava. Coppia perfetta. Sandra mi ha insegnato i tempi comici, grazie a lei ho capito alcuni segreti. Ah, poi devo ringraziar­e Serena Grandi. Per cosa?

Amica vera. Era già famosa, io senza una lira. A Roma non sapevo dove e come dormire, così mi ospitò per un periodo. Si prese cura di me, fino al punto di lavarmi i calzini, le camicie e cucinarmi. È stata fregata dalla gente che la circondava... Rimpianti?

Sul piano profession­ale le dico Giorgio Strehler. Un giorno mi convoca, stava preparando i Mémoires di Goldoni, mi voleva per il ruolo del papà. All’appuntamen­to si presenta alla Strehler, con il maglione nero a collo alto, austero. Dopo due battute scopro uno splendido cazzone, di una simpatia unica, parliamo di donne. Come finisce?

Firmo il contratto, muore poco dopo e salta tutto. La mia carriera sarebbe cambiata. Comunque le donne l’ha messe in mezzo anche con Strehler... Ma loro sono una certezza! Sono la mia cifra, anche se ora sono innamorato, ho trovato la persona giusta e presto mi sposo. Però lo sa cosa ho detto a De Niro? No...

Ero in Sardegna con Abatantuon­o, per qualche giorno arriva anche lui. La star. “Io sono qua, io sono là”. Un giorno lo guardo e con il sorriso la butto lì: “Tu sarai Robert De Niro, ma a te Moana nel suo libro ha dato 3 e mezzo come voto, a me 7...”. Il giudizio di Moana val bene un Oscar.

Fiumi di “bianca” La tv è piena di gente che sta sotto la polverina, ma resta zitta. Basta guardarli per riconoscer­ne la dipendenza

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Ansa/Fotogramma/ Pizzi
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Grande e piccolo schermo In alto, con Villaggio nel ruolo di Loris Batacchi; al centro, con Gigi Sammarchi e Berlusconi. Nella pagina accanto, con l’ex moglie Stefania Orlando

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