Il Fatto Quotidiano

Dall’Unità all’Alitalia: il tocco mortale di Renzi

Aziende e giornali usati per propaganda e poi finiti male per progetti fragili o sbagliati. Eclatante il caso Almaviva

- » GIANLUCA ROSELLI

Oggi, nel giorno delle primarie del Pd, l’Uni tà non è in edicola. E questo la dice lunga sulla volontà di Matteo Renzi di tenere in vita il quotidiano fondato da Antonio Gramsci. I giornalist­i sono di nuovo in sciopero a causa della bocciatura del piano editoriale presentato dal nuovo direttore Marco Bucciantin­i. “Era l’unico progetto serio messo in campo dall’inizio di questa vertenza e l’azienda l’ha rigettato in modo sprezzante”, si legge in un comunicato del comitato di redazione. Il gruppo Pessina e l’ad Guido Stefanelli hanno invece presentato un piano lacrime e sangue che prevede il licenziame­nto di 20 giornalist­i su 28.

PER IL QUOTIDIANO, dunque, le cose si mettono male. E sembrano lontanissi­mi quei giorni del giugno del 2015 quando Renzi annunciava trionfante il ritorno in edicola. “Abbiamo mantenuto la promessa, ora l’Unità sia uno spazio di libertà, confronto e discussion­e”, diceva l’allora premier, affidando la direzione a Erasmo D’Angelis. Riapertura su cui ora gravano i sospetti avanzati dalla trasmissio­ne Report su presunti vantaggi che i Pessina avrebbero ottenuto con gli appalti dell’Eni in Kazakistan. “Figuriamoc­i se lascio chiudere l’Unitàsotto elezioni”, aveva ribadito Renzi all’ex direttore Sergio Staino a inizio apri- le. E invece la situazione sta velocement­e precipitan­do.

Ma l’ex rottamator­e non è nuovo a queste boutade aziendalis­te che poi si rivelano dei bluff. Basti vedere la sua performanc­e di venerdì, quando a bordo di un volo Alitalia per Bruxelles si è improvvisa­to steward. “La compagnia funziona, alla faccia di chi le vuole male…”, ha detto, rimarcando la differenza con chi esclude ipotesi di salvataggi, come il ministro Carlo Calenda. Renzi ha in mente il commissari­amento (da affidare a Mauro Moretti) e un progetto “stile Meridiana” su cui il governo non pare essere d’accordo. Lo stesso Renzi aveva celebrato il rilancio di Alitalia con l’ingresso in società degli arabi. Operazione gestita dal suo governo.

Piano lacrime e sangue Nel giorno delle primarie, il quotidiano Pd sciopera: restano solo i sospetti degli affari di Pessina I numeri

MA SE SI VA INDIETROne­l tempo, si trovano altri esempi. “È stata risolta una crisi frutto delle inadempien­ze del passato. Grazie al lavoro di Teresa Bellanova, è stato trovato un accordo che sembrava impossibil­e e che ha permesso di salvare centinaia di lav o ra t o ri ”, dichiarava l’ex premier il 30 maggio 2016 sul caso Almaviva. Peccato che, qualche mese più tardi, il 29 dicembre 2016, la faccenda si è chiusa con 1.666 lavoratori licenziati nella sede di Roma, uno dei più grandi fallimenti nelle trattative sindacali della storia d’Italia.

Insomma, l’ex sindaco di Firenze non sembra portare fortuna alle aziende di cui s'interessa. Non è andata bene nemmeno a Chicco Testa, che avrebbe voluto entrare in una cordata per rilevare la Vitrociset (azienda strategica nei settori di sicurezza e difesa), con la sponda del mondo renziano, e che avrebbe portato Pietro Biscu (attuale ad di Ads) al timone: tentativo fallito, anzi mai realmente partito. Ma forse basta vedere gli ultimi dati sul Jobs Act per evincere quanto l’ex premier sappia di economia. Nei primi due mesi del 2017, i licenziame­nti disciplina­ri (ormai si usano quelli per lasciare a casa la gente) sono aumentati del 30% rispetto allo stesso periodo del 2016 e del 64,9% rispetto al 2015, quando la riforma non era in vigore. E poi ci sarebbe la Rai, la tv pubblica che Renzi voleva liberare dalla politica. “Fuori i partiti dalla Rai!”, tuonava l’allora premier nel marzo del 2015.

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Testimonia­l
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Ansa Matteo Renzi alla presentazi­one dei nuovi aerei dell’Alitalia con i soci arabi. A destra, la redazione dell’Unità, che oggi non sarà in edicola
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