Quelle bimbe rom, prostitute a Siracusa
Avranno quindici anni, forse meno. Vestono bene. In strada le vedono in tanti
Esiste
una prostituzione minorile rom anche a Siracusa. Non solo a Bari, come ha documentato il servizio de Le Iene andato in onda nella puntata del 19 marzo scorso. O perlomeno, possiamo considerare bambine le tre adolescenti che a Siracusa adescavano i clienti, in pieno giorno, in una strada abbastanza frequentata, benché in direzione della provinciale, dove un’al tr a rom si offre lungo lo stesso tratto. Si presume che le tre ragazzine siano rom, dall’evidenza dei tratti somatici. Vestono bene, sono curate. Non arrivano alla maggiore età, avranno quindici sedici o forse meno quattordici anni, chi può dirlo. Senz’altro sono adolescenti. Dijana Pavlovic, l’attivista di origine serba, afferma che la prostituzione minorile è un tabù nelle comunità rom. “Almeno fino a qualche tempo fa – dice – era un tabù. Oggi sono in calo anche i matrimoni con le spose bambine. Quello che abbiamo visto a Bari, per e- sempio, riguarda poche famiglie. I bambini provengono da famiglie già isolate dalla stessa comunità per questo. E sono famiglie di origine rumena o provenienti dalla ex Iugoslavia. La prostituzione minorile arriva da questi paesi”. Dijana – malgrado l’assunto rischioso – ammette che il fenomeno dei bambini in vendita nel mercato del sesso appartiene proprio a quei Paesi, Romania e ex Iugoslavia. “Purtroppo è così – conferma la Pavlovic – Ricordo negli anni ’90, a Bucarest, o a Timisoara, dopo la rivoluzione, questi night pieni di bambini, erano i bambini che vivevano per strada, nelle fogne, si prostituivano, usati dai clienti, olandesi, te- deschi. Alberghi lussuosi pieni di turisti che consumavano quello per cui avevano pagato. C’era un gran giro di valuta”. Ma i bambini per il resto dei rom non si toccano. Così afferma Dijana. Anche se lo status di bambino nei campi rom è il più terribile dei destini. “Vanno a scuola con difficoltà – dice Dijana – Apprendono poco, restano indietro. Sono discriminati spesso. Hanno traumi fortissimi psicologici legati al senso di abbandono e di precarietà, alla violenza degli sgomberi, che devono subire e dove perdono puntualmente le loro piccole fondamentali certezze”. Un trenino, un giocattolino, un materasso che è il loro letto, piccole povere cose che perdono continuamente a ogni sgombero. I bambini dei campi rom sono un soggetto sociale inesistente. “Ci sono mamme eroiche – racconta la Pavlovic – che vivono sotto un ponte a Milano con i loro bambini. Sono rom. Si svegliano all’alba, prendono i bambini e si recano nei bagni pubblici, li lavano, li mettono in ordine per poterli mandare a scuola, a piedi, al freddo, chilometri a piedi”. Il futuro per un bambino rom spesso è il più terribile dei castighi.
L’esperta
Per Dijana Pavlovic un tempo era tabù, ma possono esistere casi più isolati