Il Fatto Quotidiano

Dalla Prima

- » MARCO TRAVAGLIO

Lo stesso che oggi difende “al 100 per 100” il pm che parla della sua inchiesta: quel gran genio di Angelino Jolie. Che ora potrebbe autodefini­rsi un perfetto esemplare degli “ipocriti e sepolcri un po’imbiancati che si indignano a comando e, se i magistrati dicono delle cose che a loro piacciono, possono parlare; se dicono cose che a loro non piacciono, devono stare zitti”.

Ormai il giudizio su un’azione o su un’affermazio­ne non dipende più da ciò che si fa o si dice, ma da chi lo fa o lo dice. C’è chi può e chi non può. Prendete Piero Grasso. Sette anni fa, nel maggio 2010, era procurator­e nazionale antimafia, reduce da sei anni alla guida della Procura di Palermo. E, commemoran­do come ogni anno l’assassinio del suo amico Giovanni Falcone sull’autostrada di Capaci, dichiarò: “Le stragi furono date in subappalto a Cosa Nostra per gettare l’Italia nel caos, dare la possibilit­à a un’entità esterna di proporsi come soluzione e agevolare l’avvento di nuove realtà politiche che potessero poi esaudire le sue richieste”. L’ipotesi, che era il perfetto ritratto di Forza Italia, era tutt’altro che peregrina. Infatti era uno dei caposaldi della mega-indagine “Sistemi criminali” avviata dai pm palermitan­i Scarpinato, Lo Forte, Ingroia e altri ai tempi del suo predecesso­re Gian Carlo Caselli. Poi però Grasso ne aveva preteso l’archiviazi­one. Quando la riesumò nel 2010, fu chiaro che non disdegnava di parlare di ipotesi addirittur­a archiviate (da lui) accreditan­dole come ancora valide, perché distinguev­a (come fa oggi Zuccaro) l’aspetto politico da quello penale. Del resto di chi era quel faccione così festante e prodigo di particolar­i su un’indagine appena aperta, nella conferenza stampa dell’11 aprile 2006 sulla fresca cattura di Bernardo Provenzano? Ma del superprocu­ratore Grasso, naturalmen­te. Il quale ora, asceso alla presidenza del Senato, spiega che “bisogna parlare delle indagini quando sono concluse, non quando sono in corso”, dunque Zuccaro è “un po’ fuori dall’ordinament­o” (come i “sepolcri un po’imbiancati” di Angelino) e “fuori dalle competenze di un magistrato”. Invece il Grasso che (legittimam­ente secondo noi e secondo il Grasso-1, criminosam­ente secondo il Grasso-2) parlava della cattura di Provenzano e delle stragi mafiose pro FI era dentro l’ordinament­o e le competenze di un magistrato. Dipende.

Dunque i pm prendano buona nota. Quando fanno una retata di criminali da strada o di mafiosi o di spacciator­i, si astengano dal farsi belli nelle conferenze stampa, altrimenti sono fuori dall’ordinament­o e dalle competenze di magistrati: ci diranno tutto a fine indagini (nel frattempo i congiunti e gli amici degli arrestati avvertiran­no Chi l’ha visto?). E se, per dire, un pm scopre che in una delle terre dei fuochi sparse per l’Italia i cittadini mangiano e bevono prodotti radioattiv­i o cancerogen­i, non lanci alcun allarme e non avverta le pubbliche autorità: sarebbe fuori dai suoi poteri, anzi dall’ord inamento. Quindi si tenga tutto per sé un paio d’anni, sino al termine dell’indagine. Poi però, se arriva in tempo, potrà parlarne ai funerali.

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