Il Fatto Quotidiano

Biotestame­nto, vogliamo scegliere la vita e la morte

- CATIA NAFISSI

Perché stupirsi e indignarsi per le campane a morto suonate contro la legge sul biotestame­nto? Questi parroci fanno solo il loro lavoro: imporre all’intera comunità la loro morale e le loro credenze religiose, pretendend­o che sia legge dello Stato quella che per loro è la una legge dettata da un Dio a cui non tutti credono o che ciascuno dovrebbe essere libero di seguire come meglio crede. E ancora ci tocca ascoltare la solita patetica e irritante storiella: “se vedi una persona su un ponte che vuole gettarsi nel fiume gli dai una spinta o cerchi di convincerl­o a rinunciare?” Come se aiutare un malato terminale a morire con dignità, un essere umano che chiede di mettere fine ad inutili ed atroci sofferenze, fosse la stessa cosa. L’opposizion­e di alcuni cattolici verso ogni singolo passo in avanti che lo Stato laico cerca di fare in difesa dei diritti civili è di una presunzion­e inaccettab­ile. In un paese dove si concede l’obiezione di coscienza ai medici, con il massimo rispetto per la loro morale, si continua a permettere che la comunità cattolica detti le regole: cosa è consentito e cosa è considerat­o contro natura. Pretendono, con la convinzion­e di essere i depositari di una verità assoluta, di dirci come vivere, come amare e come morire. Il fatto che sia giusto imporre il proprio pensiero agli altri, anche per quello che riguarda azioni di amore e rispetto verso noi stessi, che in nessun modo danneggian­o il resto della comunità, è il terreno più fertile su cui da sempre l’umanità ha seminato dittature e conflitti. E lo fanno anche contro questa legge, che pur a piccolissi­mi passi, ci avvicina al concetto più nobile di rispetto verso noi stessi e verso la vita: il rispetto della morte. L’eutanasia non è una bestemmia, è un atto d’amore. Lasciateci vivere e morire come riteniamo sia più giusto.

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