“Il sindacato è vivo, i voucher lo dimostrano”
Il segretario della Cgil: “La gente non è più rassegnata alla flessibilità. È finita una lunga stagione di sfiducia”
Abbiamo commesso i nostri errori, registrando in ritardo certi processi. Ma i sindacati sono necessari come e più di prima, perché in una società così frammentata e piena di problemi serve unità, bisogna stare assieme”. Il segretario generale della Cgil Susanna Camusso parla con il Fatto a margine di un’iniziativa in Sicilia. Oggi celebrerà il 1° maggio a Portella della Ginestra (Palermo) assieme ai segretari di Cisl e Uil, nel 70° anniversario dell’ eccidio.
Nel suo intervento a Palermo, parlando della crisi dell’ azienda lombarda K-Flex, lei ha accusato l’ esecutivo di“impotenza ”. Il governo Gentiloni è davvero immobile?
Ho scelto con attenzione quel termine, perché il caso della K-Flex è emblematico. È un’azienda che fa profitto, con i conti in ordine, eppure vuole delocalizzare tutto in Polonia e licenziare 187 persone. E non è certo la prima volta che accade un fatto del genere negli ultimi anni. Eppure il governo è fermo, non fa nulla: come non hanno fatto nulla altri governi, va detto.
Gentiloni sarà fermo, ma sui voucher si è mosso. Pur di evitare il vostro referendum, li ha cancellati. Una vittoria della Cgil o la conferma che il governo è fragile?
Non la leggo come una sconfitta dell’esecutivo, ma come un nostro grande risultato. Per la prima volta da molto tempo a questa parte, abbiamo rimesso il lavoro al centro dell’agenda politica.
La paura di una sconfitta per i renziani era troppo forte.
Io dico che quanto successo sui voucher dimostra che si è mosso qualcosa di importante nella società. La gente non è più rassegnata alla flessibilità, e non percepisce più la precarietà come un dato acquisito. È finita una lunga stagione di sfiducia.
E perché?
C’è più consapevolezza tra i cittadini.
Lei rivendica un successo, un cambio di fase. Eppure il primo movimento d’Italia stando ai sondaggi, il M5s, è durissimo con i sindacati. Punta il dito contro le “incrostazioni di potere” e “i privilegi”. E vuole “disintermediare” il rapporto tra lavoratori e imprese. Tutto falso?
I Cinque Stelle sostengono una cosa che non è in natura. Non si può eliminare la rappresentanza collettiva, e affidare al soggetto singolo la propria tutela. I rapporti di forza tra lavoratore e impre- se sono sempre diversi. Quello del M5s è un racconto piuttosto stravagante.
Però del ruolo e della funzione dei sindacati si discute molto. E una delle accuse, basata anche sui dati del tesseramento, è che ormai rappresentate soprattutto i pensionati, gli anziani. Perché non sapete più parlare ai giovani.
Trova davvero bizzarro e ingiusto rimproverarci di rappresentare solo i pensionati. Le pensioni sono un valore da difendere, e i problemi dei più deboli non si risolvono certo contrapponendo i giovani agli anziani. La solidarietà tra generazioni va rafforzata, non combattuta.
Ma i sindacati sanno stare al passo coi tempi, rinnovarsi? E soprattutto, non devono correggere errori?
Trovo il termine nuovo troppo ambiguo. Di certo, anche noi abbiamo commesso i no- stri sbagli. Abbiamo registrato in ritardo la crescita della precarietà, pensando che fosse una situazione transitoria. E siamo stati lenti nel capire anche che si alimentava una contrapposizione tra generazioni. Sono errori.
E ora? Le classi più deboli chiedono lavoro, e sono preoccupati dall’immigrazione e dalla sicurezza. Che risposte avete?
Bisogna evitare la competizione tra chi sta più in basso, creando lavoro. E non certo pensando di chiudere frontiere o promettendo ordine.
Ma come? In diversi Paesi, Italia compresa, si torna a parlare di “lavorare meno, lavorare tutti”.
Quello della redistribuzione del lavoro è certamente un tema importante. Anche perché è un processo che da sempre accompagna le fasi di rinnovamento economico e sociale. È una strada da studiare.
In Francia i partiti tradizionali sono stati travolti dal primo turno delle Presidenziali. Che segnale è?
Questo voto racconta che quando la politica non ha più un progetto chiaro cresce la distanza con i cittadini. E allora i cittadini cercano altre strade, che percepiscono come nuove.
È una crisi della politica, o una crisi della sinistra?
Soprattutto della sinistra. L’errore che ha commesso è stato quello di pensare che il lavoro non fosse più il punto di riferimento. E di credere che con l’accelerazione dei tempi non ci fosse più un orizzonte ideale, non servissero le ideologie. E così ha prevalso il liberismo, con la sua precarizzazione del lavoro.
Il liberismo è un’ideologia?
Assolutamente sì.
Secondo Renzi, il voto francese ha dimostrato che “si vince al centro”.
Io direi esattamente il contrario. Mi pare confermi la necessità di un nuovo spazio progressista.
Nel frattempo il Pd si è scisso.
È quello che accade quando si sconfina nel leaderismo, e si porta avanti l’idea dell’uomo solo. Ma all’Italia serve un centrosinistra largo, non uomini soli al comando.