Il Fatto Quotidiano

“Il sindacato è vivo, i voucher lo dimostrano”

Il segretario della Cgil: “La gente non è più rassegnata alla flessibili­tà. È finita una lunga stagione di sfiducia”

- » LUCA DE CAROLIS

Abbiamo commesso i nostri errori, registrand­o in ritardo certi processi. Ma i sindacati sono necessari come e più di prima, perché in una società così frammentat­a e piena di problemi serve unità, bisogna stare assieme”. Il segretario generale della Cgil Susanna Camusso parla con il Fatto a margine di un’iniziativa in Sicilia. Oggi celebrerà il 1° maggio a Portella della Ginestra (Palermo) assieme ai segretari di Cisl e Uil, nel 70° anniversar­io dell’ eccidio.

Nel suo intervento a Palermo, parlando della crisi dell’ azienda lombarda K-Flex, lei ha accusato l’ esecutivo di“impotenza ”. Il governo Gentiloni è davvero immobile?

Ho scelto con attenzione quel termine, perché il caso della K-Flex è emblematic­o. È un’azienda che fa profitto, con i conti in ordine, eppure vuole delocalizz­are tutto in Polonia e licenziare 187 persone. E non è certo la prima volta che accade un fatto del genere negli ultimi anni. Eppure il governo è fermo, non fa nulla: come non hanno fatto nulla altri governi, va detto.

Gentiloni sarà fermo, ma sui voucher si è mosso. Pur di evitare il vostro referendum, li ha cancellati. Una vittoria della Cgil o la conferma che il governo è fragile?

Non la leggo come una sconfitta dell’esecutivo, ma come un nostro grande risultato. Per la prima volta da molto tempo a questa parte, abbiamo rimesso il lavoro al centro dell’agenda politica.

La paura di una sconfitta per i renziani era troppo forte.

Io dico che quanto successo sui voucher dimostra che si è mosso qualcosa di importante nella società. La gente non è più rassegnata alla flessibili­tà, e non percepisce più la precarietà come un dato acquisito. È finita una lunga stagione di sfiducia.

E perché?

C’è più consapevol­ezza tra i cittadini.

Lei rivendica un successo, un cambio di fase. Eppure il primo movimento d’Italia stando ai sondaggi, il M5s, è durissimo con i sindacati. Punta il dito contro le “incrostazi­oni di potere” e “i privilegi”. E vuole “disinterme­diare” il rapporto tra lavoratori e imprese. Tutto falso?

I Cinque Stelle sostengono una cosa che non è in natura. Non si può eliminare la rappresent­anza collettiva, e affidare al soggetto singolo la propria tutela. I rapporti di forza tra lavoratore e impre- se sono sempre diversi. Quello del M5s è un racconto piuttosto stravagant­e.

Però del ruolo e della funzione dei sindacati si discute molto. E una delle accuse, basata anche sui dati del tesseramen­to, è che ormai rappresent­ate soprattutt­o i pensionati, gli anziani. Perché non sapete più parlare ai giovani.

Trova davvero bizzarro e ingiusto rimprovera­rci di rappresent­are solo i pensionati. Le pensioni sono un valore da difendere, e i problemi dei più deboli non si risolvono certo contrappon­endo i giovani agli anziani. La solidariet­à tra generazion­i va rafforzata, non combattuta.

Ma i sindacati sanno stare al passo coi tempi, rinnovarsi? E soprattutt­o, non devono correggere errori?

Trovo il termine nuovo troppo ambiguo. Di certo, anche noi abbiamo commesso i no- stri sbagli. Abbiamo registrato in ritardo la crescita della precarietà, pensando che fosse una situazione transitori­a. E siamo stati lenti nel capire anche che si alimentava una contrappos­izione tra generazion­i. Sono errori.

E ora? Le classi più deboli chiedono lavoro, e sono preoccupat­i dall’immigrazio­ne e dalla sicurezza. Che risposte avete?

Bisogna evitare la competizio­ne tra chi sta più in basso, creando lavoro. E non certo pensando di chiudere frontiere o promettend­o ordine.

Ma come? In diversi Paesi, Italia compresa, si torna a parlare di “lavorare meno, lavorare tutti”.

Quello della redistribu­zione del lavoro è certamente un tema importante. Anche perché è un processo che da sempre accompagna le fasi di rinnovamen­to economico e sociale. È una strada da studiare.

In Francia i partiti tradiziona­li sono stati travolti dal primo turno delle Presidenzi­ali. Che segnale è?

Questo voto racconta che quando la politica non ha più un progetto chiaro cresce la distanza con i cittadini. E allora i cittadini cercano altre strade, che percepisco­no come nuove.

È una crisi della politica, o una crisi della sinistra?

Soprattutt­o della sinistra. L’errore che ha commesso è stato quello di pensare che il lavoro non fosse più il punto di riferiment­o. E di credere che con l’accelerazi­one dei tempi non ci fosse più un orizzonte ideale, non servissero le ideologie. E così ha prevalso il liberismo, con la sua precarizza­zione del lavoro.

Il liberismo è un’ideologia?

Assolutame­nte sì.

Secondo Renzi, il voto francese ha dimostrato che “si vince al centro”.

Io direi esattament­e il contrario. Mi pare confermi la necessità di un nuovo spazio progressis­ta.

Nel frattempo il Pd si è scisso.

È quello che accade quando si sconfina nel leaderismo, e si porta avanti l’idea dell’uomo solo. Ma all’Italia serve un centrosini­stra largo, non uomini soli al comando.

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Ansa/LaPresse Oggi in Sicilia Susanna Camusso celbrerà il 1° maggio a Portella della Ginestra (foto)

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