Quel plebiscito a 500 metri da villa Buzzi
Renzi, la sezione degli iscritti dimezzati e le vecchie ombre
Renzi “grande comunicatore”,“leader ”, l’ unico che “ha fatto qualcosa”. Al circolo Pd di Castelverde a mezzogiorno il 99% degli 80 votanti è per Matteo.
Un ragazzo di Torre Angela ha votato Orlando nella sua borgata, “vicino al gazebo di CasaPound”, per “mandare un segnale a Renzi”, che apprezza. Siamo a 500 metri dalla villa di Salvatore Buzzi, che qui vicino curava pure gli interessi della 29 giugno, cooperativa-onlus che faceva la cresta sull’accoglienza di rom e migranti, più redditizi della droga. È il VI Municipio, quello di Tor Bella Monaca, terra del M5S (ma Meloni arrivò seconda dopo Raggi), commissariato dal Pd in seguito a Mafia Capitale e disgraziatissimo per servizi, trasporti, strade e Asl. Hanno tutti il dente avvelenato.
Con Migliore, sub-commissario romano, che qua non s’è mai visto (ma ha mandato un sms). Con Orfini, commissario messo lì da Renzi per ripulire il partito. Con Scipioni, presidente di municipio cacciato dal Pd in concomitanza con le cronache dalla Terra di mezzo (come da definizione dell’ex Nar Carminati, in affari con un cooperatore rosso in affari coi Casamonica e col Pd) ma, pare, ancora attivo. Con Marroni, guest star delle telefonate di Buzzi, che in queste primarie avrebbe messo la zampa su Emiliano, in modo da “contare” i suoi e battere cassa. Paradossalmen- te, chi vota Renzi qui lo fa per motivi ideologici più che chi vota per gli altri due. Un bel signore ama la leaders hip forte di Renzi (la forza è resa con un pugno chiuso che fa pensare più a Erdogan che a Berlinguer), e pensa che chi se n’è andato lo abbia fatto “perché lo odiava”. Siderale è la distanza tra elettori scioccati, gente onesta che si è alzata per aprire il seggio, e chi dovrebbe riparare al grande danno e, invece, fa il sottosegretario in Tv (Migliore) o è preso dalla sua carriera (non) ascensionale (Orfini). Renzi è come il Mago di Oz: dietro il tendone fa la voce grossa, ma visto da qui, dentro gli ingranaggi elementari del partito, non ha alcun potere su funzionamenti fossilizzati.
Dei 100 iscritti del 2013 (e dai 150 del 2009 bersaniano), ne sono rimasti 55, nessun morto o malato grave (come a Napoli o Battipaglia). La maggior parte versa i due euro e si apparta con la scheda. Un votante della mattina, ritirando il documento col telefono in mano, mostra inavvertitamente una chat con la foto della scheda votata. Racconti folcloristici sulla fila delle scorse primarie, divisa in “assunti Ama” e “assunti Atac”, più qualche Acea: tutta gente che aveva trovato lavoro grazie ai referenti sul territorio e veniva ora a ringraziare votando il candidato d’area.
Dalla microantropologia di questa ex-sezione, dove campeggia la biblioteca Ikea con Gramsci e tutti i marxisti, si vede, come guardando in un telescopio, il panorama nazionale: un partito che si erode rafforzandosi nel suo nucleo renzista, tenendosi i suoi compratori di tessere e di voti mentre espelle naturalmente, per crisi di rigetto, i suoi elementi storici divenuti corpi estranei. Qui sono i leoni, come relazionò Fabrizio Barca, che descrisse l’incuria da giungla dei circoli “dannosi” dimenticando però di fare il passaggio successivo, ed indicare nel degrado del Pd locale ridotto a dinamiche para-delinquenziali, la vera base di un partito usato come taxi per il governo della nazione.