Il Fatto Quotidiano

“Logorerann­o persino il peccato”, Bernanos smaschera l’incauto Siti

L’attualità del “Diario di un curato di campagna” e lo scandalo della pedofilia di “Bruciare tutto”

- » FABRIZIO D’ESPOSITO

“La mia parrocchia è una parrocchia come tutte le altre. Si rassomigli­ano tutte. Le parrocchie d’oggi, naturalmen­te. Lo dicevo ieri al curato di Norenfonte­s: ‘Il bene e il male debbono equilibrar­si; senonché, il centro di gravità è collocato in basso, molto in basso’”.

È il memorabile incipit del Diario di un curato di campagna, scritto nel 1936 dal francese Georges Bernanos. Un classico che viene voglia di riprendere e riaprire dopo aver letto l’ultimo libro di Walter Siti, Bruciare tutto. Lo scandalo è noto, perfetto peraltro per il lancio promoziona­le: “in una parrocchia come tutte le altre”, stile Bernanos, stavolta però a Milano, c’è un giovane prete che lotta contro la sua passione per i bambini. Don Leo è “caduto” una sola volta, oltre un decennio prima, ma in ogni santo minuto della sua solitudine di presbitero sa che arriverà il suo giorno del giudizio terreno, con tanto di catastrofe finale.

PERDIPIÙ, Siti, con la dedica inquisitor­ia alle presunte “ferite” di don Milani, ha allestito il teatrino ideale per aggiungere polemiche a polemiche e rilasciare così un’intervista al giorno. Al netto però dello scontato stereo- tipo del prete pedofilo e del “giustifica­zionismo” che lo scrittore insinua nel tragico epilogo, c’è una questione che precede le pulsioni sessuali di don Leo. Cioè, una concezione immanente e irrealisti­ca, senza speranze, della Chiesa di oggi. Non solo. Qua e là emergono persino solenni rimbrotti alla misericord­ia buonista di papa Francesco (la sua è una “Bibbia con l’ammorbiden­te”). Siti, quindi, da un lato vuole un prete finalmente consapevol­e del suo desiderio, dall’altro però pretende una Chiesa energica, di destra. Certo, a differenza di Bernanos, Siti non è credente (e se ne lamenta nei ringraziam­enti alla fine), ma è proprio qui che si staglia la genialità del francese. Quando fa dire, 80 anni fa, al curato di Torcy: “Logorerann­o persino il peccato. Per divertirsi non basta volerlo”. A Siti sfugge completame­nte “il rischio immenso della salute eterna”. Ecco il punto. E che uno tra i migliori scrittori italiani non sappia raccontare i dubbi della fede è un altro peccato.

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