I BUUU A MUNTARI: NON È SOLO CALCIO
Davvero non c’è verso: fumogeni, bengala e repertorio simile ci inseguono dal film famoso di Francis Ford Coppola fino all’erba di Marassi dove semplicemente giocano il Genoa di Juric ed il Chievo di Maran. Genitori che scappano con i bambini in braccio, commentatori che cercano di ridurne la portata, frasi secolari del tipo “sono cose che non fanno bene allo sport”, oppure “che non c’entrano nulla con il calcio” mentre purtroppo c’entra tutto. Poi vai a Cagliari ed un ghanese molto temperamentale e conosciuto internazionalmente, Sullay Muntari, viene fatto oggetto di cori razzisti, ma pare non succeda niente perché in fondo è solo Cagliari-Pescara. Sono due episodi qualunque, che probabilmente le cronache domenicali secondo l’umore del momento ignorano oppure citano. È molto strano però che non si riesca a tenere insieme questo disagio a tante altre forme di disagio che fanno di questo Paese un ricettacolo di imbarazzi. L’importante è avere qualche motivo di discussione per il calcio o per il resto, così da simulare interesse fino alla fine della stagione, cioè ancora un mesetto. Dopo il derby milanese del manzo croccante piccante della vigilia di Pasqua in salsa agrodolce e cinese fino al midollo, ieri siamo andati con la coda alla vaccinara, a dimostrazione che ormai la partita all’ora di pranzo è un must. Con molto merito ha continuato a vincere la Lazio rimettendo in discussione seppure vagamente secondo e terzo posto in classifica, dopo la Juventus che fa un altro campionato. Per quello che riguarda l’Europa League, dicendo alla Renzi che non lo è per nulla “state serene” ad Atalanta e Lazio, domenica conturbante per il pari del Milan a Crotone, divenuto il centro del Mondo, e la sconfitta peracottara della Fiorentina a Palermo. Il Palermo aveva vinto in casa una sola volta, il Genoa dal quale siamo partiti non vinceva da metà dicembre a Marassi: secondo voi contro chi? Se avete azzardato Fiorentina, non avete sbagliato di molto. Rimane uno dei club più strampalati sotto le nostre costellazioni. Il paradosso è che ora non c’è soltanto il Crotone di rimonta, bensì l’Empoli capace di tutto in positivo e negativo ed il Genoa di Francis Ford Coppola molto più in bilico a sole quattro partite alla fine del campionato. Insomma se ancora non può succedere di tutto ci manca poco. Non credo che però questa differenza abissale fra la Juventus e tutto il resto porti al bene, per tanti ed evidenti motivi. Perché la concorrenza è il sale anche del calcio, perché leggere sei titoli consecutivi della Juve, per altro ovviamente tutti guadagnati sul campo, non suona bene, perché è la dimostrazione che almeno fin ora è l’unico club che ha fatto le cose giuste, perché ogni anno si allunga la differenza economico-gestionale fra la società di Agnelli e le altre, perché tutto ciò crea una specie di cordone ombelicale protettivo nei confronti appunto della Juventus foriero di mille polemiche, perché infine non si capisce come possa una squadra con i limiti profondi ambientali della Roma degli italo-americani oppure un lungo film di Natale come quello di De Laurentiis a Napoli o il doppio tripudio di yuan a Milano compensare il gap che viene da Torino. Qualunque ambizione organizzativa che punti a superleghe extranazionali sottovaluta spaventosamente la natura popolare del pallone malgrado ciò che ho scritto fino adesso. E quando dico che tutto va tenuto insieme almeno come visione delle cose, mi riferisco anche a questo. I paragoni con le altre Nazioni calcistizzate reggono lo spazio di un mattino. Credo che ancora la Liga di Spagna faccia testo nelle associazioni di idee. Tutto sommato ci ritroviamo alla fine di questa Champions League con un’italiana di gran prestigio, una francese che resiste e due squadre prestigiosissime di Madrid. Vorrà dire qualche cosa? Tra manzo croccante piccante e solida “gricia”, magari sì.
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