Pronti altri 600 milioni di soldi pubblici per liberarci di Alitalia
Arrivano tre commissari
Sette anni dopo torna un commissario in Alitalia. O meglio, tre: ieri il governo ha dato il via alla procedura di amministrazione straordinaria accogliendo la richiesta formulata dai soci della Compagnia, Etihad col 49% e i vecchi azionisti di Cai (in primis le banche creditrici Unicredit e Intesa Sanpaolo). Una decisione “all’unanimità. Preso atto della grave situazione economica, patrimoniale e finanziaria della Società, del venir meno del supporto dei Soci e dell’impraticabilità, in tempi brevi, di soluzioni alternative”, ha fatto sapere il cda in una nota. Si chiude così la gestione targata Etihad, partita a gennaio 2015, che in due anni ha portato a un miliardo di perdite, un trend peggiore di quello dei “capitani coraggiosi” di Roberto Colaninno.
IL MINISTRO dello Sviluppo Carlo Calenda ha così nominato i tre commissari: Luigi Gubitosi, Enrico Laghi e Stefano Paleari. Avranno il compito di gestire per sei mesi l’azienda grazie a un nuovo “pr e st ito-ponte” statale di 600 milioni. Soldi necessari a far volare gli aerei e garantire la continuità territoriale. “A breve dovranno aprire alle manifestazioni di interesse per individuare il potenziale acquirente”, ha spiegato Calenda. L’obiettivo - a quanto filtra - è trovare un vettore per un’alleanza che passi anche dal controllo societario, cercando di evitare un eccessivo ridimensionamento. L’intenzione è ristrutturare e vendere, non rilanciare l’azienda per via organica, operazione scartata a priori. A quel punto, però, il prezzo lo farà il compratore. “Niente nazionalizzazione”, ha ribadito il premier Paolo Gentiloni. Questo in attesa della “proposta” che Matteo Renzi farà entro il 15 maggio.
Nei rapporti di forza tra azionisti, governo e l’ex premier si rispecchiano le nomine dei commissari. Gubitosi, ex dg della Rai è stato cooptato nel cda a marzo su indicazione delle banche - in testa Intesa Sanpaolo, che insieme a Unicredit ha perso quasi un miliardo nell’avventura Alitalia - che non si fidavano più di Etihad (a partire dall’ad Cramer Ball e dal vice presidente James Hogan): dovrà ristrutturare il gruppo e trovare acquirenti. La vicinanza con Intesa porta con sé quella di Renzi. Il raccordo col governo è invece rappresentato da Laghi. Il commercialista romano, accreditato di grande competenza, ha un curriculum sterminato (ricopre, per dire, lo stesso ruolo nell’Ilva). Per evitare conflitti d’interesse ha lasciato le cariche nel cda di Cai, che controlla Alitalia, e farà lo stesso con Unicredit, di cui è sindaco revisore. Visti i ruoli conosce bene i problemi della ge- stione targata Etihad e per questo già a dicembre scorso è stato chiamato sul dossier da Calenda, che giudica disastrosa la guida dei manager scelti dagli arabi. Paleari, ex giovane rettore dell’Università di Bergamo, è stato designato per guidare il comitato per Human Technopole, il centro di ricerca che nascerà sull’area dell’Expo, pallino di Renzi: è un esperto di strategie aeroportuali (non di compagnie aeree), a lui il compito di trovare un modo per evitare che Alitalia continui a perdere due milioni al giorno.
Dei tre, a Laghi è affidato il compito più gravoso: spulciare i bilanci e analizzare i motivi del disastro. In breve tempo i commissari produrranno una relazione sulle cause del dis- sesto, anche per la Procura. L’intenzione, sempre a quanto filtra, è di verificare tutte gli errori gestionali, ma anche accertare le responsabilità di un crac inspiegabile in queste proporzioni. Alitalia non ha ancora pubblicato il bilancio 2016 che vola verso una perdita di 600 milioni, peggiore di quella del 2015 che fu di 400 milioni, ridotta a 200 grazie a un maquillage del bilancio come i ricavi straordinari della vendita a Etihad - per 112 milioni - del 75% della controllata che gestisce il programma Mille Miglia (5 milioni di abbonati). Come sia stato possibile arrivare a questo risultato, in un anno record per il settore (perfino la compagnia greca è in utile) e senza un calo dei viaggiatori sarà materia di analisi.
DI CERTO, le operazioni controverse non mancano. In primis quella dei preziosi slot (le finestre di tempo per atterrare o decollare) dell’aeroporto londinese di Heathrow, il più affollato al mondo. Poco prima del suo ingresso, a fine 2014, Etihad ha comprato da Alitalia 5 slot per 60 milioni, 12 l’uno, per poi affittarli alla compagnia italiana. “Una cessione in totale trasparenza e a prezzi di mercato”, ha spiegato sabato Alitalia. A guardare i numeri non sembra proprio: Alitalia aveva 13 slot a Heathrow, nel 2007 ne ha venduti tre per 92 milioni, 30,7 l’uno. Da allora, nessuna transazione è avvenuta al di sotto di quella cifra anzi, il prezzo medio tra il 2007 e il 2017 è stato di 38,7 milioni. A inizio 2017, American Airlines ha comprato 2 slot da Scandinavian Airlines per 75 milioni. In 10 anni solo due operazioni sono avvenute sotto il prezzo spuntato da Alitalia nel 2007, entrambe con Etihad come compratore da una sua partecipata (nel 2013 comprò per 70 milioni 3 slot da Jet Airways, di cui ha il 24%). Con i prezzi “di mercato”, nel 2014 la compagnia emiratina avrebbe dovuto pagare quasi 180 milioni. Il suo ‘risparmio’ è stato di 120 milioni, a cui vanno aggiunti i ricavi dell’affitto. Oggi, peraltro, risulta al Fatto che quegli slot non siano neanche più utilizzati da Alitalia. Che fine hanno fatto? Se questa è stata la linea seguita in tutte le operazioni infra-gruppo, l’effetto su conti potrebbe essere rilevante (ed Etihad potrebbe già essere rientrata dei 380 milioni spesi nell’investimento). A guardare il bilancio 2015, si nota poi come molti costi siano stati imputati a patrimonio con ammortamenti destinati ad aprire perdite nei bilanci futuri (cosa che pare avvenuta). C’è poi il rischio dei derivati sottoscritti nel 2015 per assicurarsi contro il rialzo del prezzo del petrolio: a fine anno avevano un valore di mercato negativo per oltre 300 milioni. Anche il costo di leasing dei nuovi aerei - qualcuno, pare, proveniente da Etihad - è salito. Il materiale per i commissari, insomma, non manca.