Renzi vuole scaricare Franceschini & C.
Pretende una direzione indipendente dai big della sua mozione
Da
qui a domenica, giorno in cui l’Assemblea nazionale del Pd sancirà ufficialmente la sua rielezione a segretario, Matteo Renzi lavorerà su più fronti. Con una priorità: far eleggere una direzione che lo veda il più possibile indipendente anche dai big della sua mozione (Dario Franceschini, Maurizio Martina, Matteo Orfini).
CON LE PRIMARIE di domenica, l’obiettivo numero 1 (sopravvivere politicamente al referendum) e il progetto che andava maturando fin dalla sua prima elezione a segretario, nel 2013, ovvero far fuori la “Ditta” e dar vita al PdR (il par- tito di Renzi) è compiuto. Rispetto alle minoranze (quella di Andrea Orlando e Michele Emiliano) la sua maggioranza è più schiacciante di quella del primo mandato. Dunque, la trattativa interna per i rappresentanti nel parlamentino dem è partita. Trattativa non secondaria, visto che è la Direzione che vota ( e dunque dà il mandato) al segretario per qualsiasi iniziativa politica. Fu la direzione a votare la “sfiducia” a Enrico Letta nel 2014, per esempio. E così sarà quest’organo a votare qualsiasi mossa Renzi decida di fare nei confronti del governo Gentiloni, la proposta di una legge elettorale, magari anche la strategia nei confronti di Alitalia e dell’Europa.
Ieri il neosegretario è arrivato al Nazareno verso le 15, ha cominciato a mettere a posto la sua stanza, si è organizzato un ufficio. Perché, per adesso gli è chiaro l’obiettivo “blindatura” del Pd, molto meno le mosse da fare. Il suo desiderio resta votare il prima possibile, se ci riuscirà dipende da più variabili. Anche quanto può e vuole forzare.
Prima, la legge elettorale. Ieri mattina in commissione Affari costituzionali, Emanuele Fiano, in rappresentan- za dei renziani, ha praticamente farfugliato: niente da proporre. Il Provincellum – al quale il relatore, Andrea Mazziotti Di Celso aveva pure lavorato – è definitivamente tramontato, per l’ex premier.
DOMANI c’è la prossima seduta della Commissione: il Pd chiederà una settimana di tempo per presentare una proposta. Adesso informalmente propone il sistema tedesco, un misto proporzionale-maggioritario, con una soglia di sbarramento al 5%: prevede il 50% di collegi uninominali, il 50% di quota proporzionale e nessun premio di maggioranza. In teoria potrebbe andare bene ai Cinque Stelle, che finora hanno detto no ai capilista (di pro-
Legge elettorale Pensa al sistema tedesco: un proporzionale con sbarramento al 5 per cento che piace pure a B.
posta da cui partire, però, ne hanno appena fatta un’altra), a Berlusconi, che era contro il premio alla lista e anche a chi nel Pd (come Orlando e Franceschini) è su queste posizione. Uno dei primi atti che Renzi fece dopo essere stato eletto segretario nel 2013 fu il Patto del Nazareno. E adesso? “Le oproviamo tutte dicono i suoi”. Non ha intenzione di scegliere un asse privilegiato tra Cinque Stelle e FI. Sta pensando a fare incontri sia con il vertice del Movimento (ieri Alessandro Di Battista ha confermato la disponibilità a trattare), che con Berlusconi.
La sua dead line è il 29 maggio (giorno della calendarizzazione in aula della legge) per capire se ci sono le condizioni. La nuova proposta lanciata sul piatto sembra pura tattica: è convinto che non se ne farà niente, e a lui va bene votare armonizzando i sistemi usciti dalla Consulta. Ma è prioritario dimostrare che sono gli altri a non voler fare una legge.
LA STRATEGIA sarà illustrata domenica all’Assemblea. Ieri l’ex premier ha incontrato alcuni dei big Pd. Dopo la direzione, dovrebbe fare la segreteria: Martina sarà vicesegretario, ruoli importanti dovrebbero averli Matteo Richetti e Luigi Guerini. E la presidenza resterà a Orfini? Da vedere: dipenderà anche se quel posto andrà a una delle minoranze.