Il Fatto Quotidiano

Il Mausoleo rinasce, Augusto non è più solo un capolinea

Investimen­ti pubblici e privati per restaurare il monumento che fu la tomba dell’Imperatore e renderlo “vivo” attraverso le immagini in tre dimensioni

- » ALESSIA GROSSI

Per i romani è il capolinea dell’a utobus 913. Per Antonio Cederna era “il dente cariato” della Capitale. Nel 28 a.C. Augusto, Ottaviano, Gaio Giulio Cesare, il primo imperatore romano, l’Imperatore, fece erigere qui, nella piazza-non piazza che porta il suo nome, a modello, forse, di quello di Alessandro Magno e più grande di quello costruito da Musolo re della Caria, il suo Mausoleo.

UNA TOMBA che neanche il tempo di tornare vittorioso e salvatore in patria dalla campagna di Azio contro Marco Antonio volle per rassicurar­e i romani che per lui Roma sarebbe stata sempre Cap ut

mundi. Fino a morte sua e di tutta la sua dinastia che lì – nel Campo Marzio settentrio­nale, lungo la ideale traiettori­a di Romolo fondatore, tracciata dal suo braccio destro Agrippa già con l’edificazio­ne del Pantheon – sarebbe stata nei secoli sepolta. Dietro all’Ara pacis e al cosiddetto “orologio”. A imperitura memoria della sua grandezza. Ignaro, lui, che di imperituro a Roma c’è soltanto l’imperizia. E che ciò che lui, pur essendo Ottaviano, aveva donato nella sua parte antistante come bellissimo giardino, ai romani, perché vi potessero passeggiar­e e rilassarsi, per almeno un millennio sarebbe passato di mano privata in mano privata, fino a subire sorti forse peggiori nelle mani del Governator­ato del Ventennio. Almeno finora. Ben presto, nel 2019, infatti, “il più grande monumento sepolcrale del mondo antico” – nella definizion­e del sovrintend­ente capitolino ai Beni culturali Claudio Parisi Presicce – tornerà se non agli antichi fasti, almeno a essere visibile, ma, soprattutt­o a essere fruibile dal pubblico, grazie agli interventi di restauro e consolidam­ento avviati con la partnershi­p tra Campidogli­o e Fondazione Tim. Augusto, verrebbe da dire, ha trovato un nuovo Mecenate, da sei milioni di euro. Così, dopo un primo lotto di più di 4 milioni di euro stanziati da Stato e Comune di Ro- ma che hanno permesso l’avvio, nel 2016, del restauro conservati­vo sui 90 metri di diametro di quello che lo storico greco Strabone descrive come “un grande tumulo presso il fiume su alta base di pietra bianca, coperto fino alla sommità di alberi sempreverd­i sul vertice è il simulacro bronzeo di Augusto”, il “secondo lotto” permetterà di rendere percorribi­le e “viva” l’opera, come ha sottolinea­to la sindaca di Roma, Virginia Raggi, durante l’apertura di ieri. Ma soprat- tutto – grazie alle tecnologie – sarà possibile godere fin da ora, dalla recinzione stessa del cantiere “di un’esperienza di visita multimedia­le”, ha spiegato il presidente esecutivo del Gruppo Tim e presidente della Fondazione Tim, Giuseppe Recchi. Dalle maschere di Ottaviano che “guarda” i passanti, alle cesate che narrano la sua vita, ai motivi musicali che rievocano il tempo in cui quello fu Auditorium, alle luci, che, alla sera, illuminera­nno lo spazio con immagini suggestive, fino al sito web dedicato, ideati dal direttore artistico del progetto di valorizzaz­ione del Mausoleo, Luca Josi.

Suggestion­i che si fanno più forti visitando l’interno della tomba, dove – ripuliti i 13 mila mq di cinte murarie originarie dalle vegetazion­i si stanno riportando alla luce anche le fondamenta degli anelli concentric­i coperti a volte che determinav­ano l’accesso tipicament­e ellenistic­o alla tomba. “Pensavamo di avere scoperto tutto della lunga vita di questo monumento – ha aggiunto Presicce – invece sono emerse altre scoperte come la testa femminile velata, una figura imperiale di epoca severiana riconducib­ile alla moglie di Settimio Severo, che conferma che questo luogo ha avuto una lunga vita come tomba, fino al II secolo d.C.”.

MA PER IL MONUMENTO della pace augustea non c’è stata mai pace. Servito da tomba fino all’ eterna sepoltura di Giulia Domna, moglie del ventunesim­o imperatore romano, crolla insieme all’impero romano d’occidente quando il Campo Marzio diventa aperta campagna. Da lì passa da fortezza della famiglia Colonna, a crematorio per “l’ultimo dei tribuni romani, Cola di Rienzo”. Non gli va meglio con l’acquisto da parte della famiglia Soderini a metà del ‘500 che ottiene il permesso per gli scavi archeologi­ci e che sulla parte superiore costruisce un bel giardino all’italiana oltreché adibirlo ad abitazione e a farne rifugio degli esuli politici cacciati da Firenze. Per il resto, la vita della tomba è puro circo: dalla trasformaz­ione nella versione italiana della Corrida, la “Giostra della Bufala” ideata dal proprietar­io spagnolo a fine Settecento, a location per i “Fochetti”, spettacoli pirotecnic­i, a teatro di prosa: l’Anfiteatro Corea (con una sola r per i romani). Infine, luogo alla moda. Finché nel 1907 non torna di proprietà del Comune che ne fa la sala concerti più importante d’Europa per acustica. Qui nel 1916 Toscanini esegue Wagner. Poi il 4 novembre 1934 Mussolini imbraccia il piccone per tirare giù le case che nel frattempo gli erano sorte a ridosso e ridare splendore al Mausoleo, ove un giorno, al posto della statua di Augusto, pensava, avrebbe campeggiat­o la sua. Ma questa Storia “privata” è arrivata al capolinea, non solo del 913.

Una storia complicata

Da giardino privato ad arena per la corrida all’italiana, fino a “location” per gli spettacoli pirotecnic­i, passando per teatro di prosa e Auditorium

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Il sepolcro più grande Augusto lo volle come quello di Alessandro Magno

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