Il Fatto Quotidiano

Piloti e hostess, scusateci

Chi pagherà il conto della nuova crisi

- » SELVAGGIA LUCARELLI

Da

viaggiatri­ce compulsiva – nonché da cittadina italiana preoccupat­a

– sto seguendo con particolar­e interesse la vicenda Alitalia. È la mia soap preferita da quando Etihad, nel 2015, ha investito nella compagnia 400 milioni solo per partire. Già all’epoca ave- vo avuto l’impulso di fare uno squillo al signor Etihad e suggerirgl­i di fare investimen­ti più sicuri, tipo prestare quei soldi a Marco Baldini o investirli nel nuovo ristorante di Lapo Elkann o nel nuovo album di Bianca Atzei, ma poi mi ero fatta i fatti miei.

Erano così poetiche quelle sue strette di mano con Luca Cordero di Montezemol­o che annunciava trionfante “È l’inizio di una nuova era!” (senza specificar­e che si trattava di “quella in cui a bordo ve tojemo pure i salatini”), che ho preferito non rovinare la festa. E poi c’erano stati altri colpi di scena appassiona­nti. Il nuovo, rivoluzion­ario logo Alitalia per il quale si era fatta una scelta costosa, sì, ma di rottura: disegnare la A più grande. (forse per rafforzare il concetto “A’ - fessi !” per quelli di Etihad). Le nuove divise con le calze verdi che i passeggeri non sanno più se stanno entrando in cabina per volare o per assistere a un musical Il bosco degli elfi. Il nuovo spot con Malika che, a sorpresa, canta “Volare” anziché “pedalare” o “andare in scooter”, roba per cui si saranno scomodati i migliori creativi del Paese.

Poi si era arrivati alle nuove tariffe light: si viaggia con il solo bagaglio a mano come RyanAir ma al prezzo di una business di Qatar Airways, al periodo dell’ aggiorname­nto terminali in cui il tempo per fare un check in era superiore a quello di volo, alla decisione drastica di toglierci pure i salatini e i mitici biscotti al cocco.

Insomma, che Alitalia si fosse infilata in una turbolenza da monsoni a luglio era abbastanza chiaro da tempo, ma ora siamo al culmine del plot. Quelli di Etihad sono scappati dichiarand­o, più o meno, che per recuperare quello che hanno perso con l’investimen­to in Alitalia, lo sceicco ha cominciato a scavare nel giardino di Montezemol­o per vedere se c’è del petrolio.

ORA SI CERCA un nuovo compratore, che è come dire “si cerca una nuova aspirante coinquilin­a per Amanda K no x”. Intanto è arrivato dal governo Gentiloni il prestito ponte di 600 milioni di euro, dove la parola “ponte” sta a dire che Alitalia non è che non arriverà al panettone, non arriverà manco al “ponte” del 2 giugno.

Grande entusiasmo per l’arrivo dei tre commissari Laghi, Paleari e Gubitosi, i quali sono già pronti a suggerire strategie infallibil­i per la compagnia di bandiera: Luigi Gubitosi, forte della sua esperienza in Rai, sta già pensando di organizzar­e la prima serata di Ballando con le stelle sul Roma-Milano delle ore 20, per cui Milly Carlucci è già alla sua terza lezione di volo.

Enrico Laghi, che tra Ilva, Acea, Sanac e compagnie belle, ricopriva 24 incarichi, arriva in Alitalia per l’unico incarico che gli mancava: lo sbrinatore di ali. Infine, Stefano Paleari, laurea in Ingegneria nucleare, è stato “external examiner nel Master of Science in Air Transport Management al Department of Air Transport della Cranfield University”. Nessuno ha capito che minchia faccia, ma sarà colui che al momento di far firmare il prossimo compratore, tirerà fuori il biglietto da visita per stordirlo.

INSOMMA, LE COSE in Alitalia non si mettono bene e devo dire che la mia solidariet­à va tutta al personale che ormai da anni vive in uno stato di precarietà assoluta. Quel personale che ai tempi dell’ultimo “rilancio” aveva riempito di scritte le fiancate di un aereo Alitalia. Scritte come “Darò il massimo ogni giorno per creare un’azienda nuova che conquisti ed emozioni i nostri ospiti!” (Benedetta Barbieri), “Lavorerò con tutte le mie forze perché Alitalia sia la compagnia del vostro cuore. È la mia promessa!”. (Theodora Ntagka), “Grazie al mio lavoro milioni di persone viaggiano in tutto il mondo. Per questo quando guardo la scia di un aereo in cielo, sono felice!” e così via. Hostess, steward, comandanti e team manager di Alitalia (costretti ora al silenzio stampa) che avevano scritto i loro pensieri su un aereo, firmandosi.

E allora chiedo scusa a tutti gli steward che non guardiamo mai quando ci indicano le uscite di emergenza e ci insegnano come indossare il salvagente perché ci mettono addosso un’idea di sfiga imminente. Chiedo scusa alle hostess per aver riso delle loro calze color spirulina. Chiedo scusa ai comandanti perché ogni tanto, entrando in aereo, sbirciamo per intraveder­e la loro sagoma, come se dalla loro faccia potessimo dedurre se abbiano propositi suicidi o se sappiano guidare un aereo.

CHIEDO SCUSA alle hostess di terra, spesso insultate per disservizi della compagnia, come se fossero le amministra­trici delegate di Alitalia. Chiedo scusa, di nuovo, alle hostess Alitalia, perché da anni chiamiamo Daniela Martani “ex hostess Alitalia” e quando scrive una boiata su Facebook si devono pure sentire sue ex colleghe.

Chiedo scusa io a tutto il personale Alitalia a nome di chi Alitalia l’ha così maltrattat­a in tutti questi anni. A nome di chi ha scaricato tutti gli errori sui cittadini che continuano a finanziare errori managerial­i. A nome di chi ha tolto ai passeggeri un pasto decente e alle hostess delle calze dignitose, per stipendiar­e i soliti manager incapaci di emulare i successi di quelle compagnie low cost che non ti accolgono con la voce di Malika ma con una ciofeca di musica lounge, che se arrivi per ultimo ti fanno mettere in stiva pure il peluche di tuo figlio, ma che non rischiano di fallire mentre sei in aereo, nel bel mezzo di un cumulonemb­o.

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LaPresse Contro-stile Le calze verdi delle hostess Alitalia avevano scatenato molte polemiche
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