La primavera acida e la sfinge Bouteflika bastione anti-Islam
Antesignana Elezioni nel paese del Maghreb che per primo ha visto la vittoria di un partito musulmano scippato del potere con la guerra civile
L’Algeria rinnova oggi i 462 membri dell'Assemblea nazionale, a pochi giorni dal ballottaggio francese. Elezioni parlamentari, cinque anni dopo l’en nesimo trionfo del Fln, il Fronte di Liberazione Nazionale, con ai nastri di partenza 25 milioni di votanti, 54 partiti, 163 liste indipendenti e una percentuale di votanti che dovrà superare il 42% del 2012.
Il Fronte è un pezzo di storia del Paese maghrebino, avvolto nel silenzio ovattato e protetto dal vento acido delle “Primavere arabe” del 2011. Un processo nato dall’entusiasmo popolare e trasformato nella tomba delle rivoluzioni in Nordafrica e Medio Oriente. In fondo l’Algeria è stata antesignana, col tributo di sangue e violenza versati oltre vent’anni prima. La guerra civile, all’inizio degli anni 90, ha anticipato i movimenti delle piazze, dalla Tunisia fino alla Siria, passando per Libia ed Egitto. L’ennesima carneficina seguita agli anni della decolonizzazione e del cosiddetto “Raddrizzamento rivoluzionario”, il colpo di Stato d’ispirazione sovietica. Decolonizzazione traumatica per i francesi che ormai vivevano ed erano at t i v i in Algeria, i famosi pieds-noir, i “Piedi neri”, costretti a scappare e riparare in Europa dal 1962 in avanti.
Alla fine se ne contarono circa un milione tra cui personaggi come Albert Camus, Yves Saint Laurent e Claudia Cardinale. Europei che avevano scelto soprattutto l’Algeria – ma non solo quella – come “terza sponda” dove vivere e lavorare. L’ondata anticoloniale in tutto il continente non aveva risparmiato Parigi e De Gaulle, dopo otto anni di guerra tra l’esercito francese e gli indi- pendentisti del Fronte e un bilancio di circa 500 mila vittime.
A oltre mezzo secolo da quei fatti cruenti, raccontati da Gillo Pontecorvo ne La battaglia di Al
geri, i personaggi della storia algerina si sono succeduti con drammatiche conseguenze, da Ben Bella a Boumedienne, fino ad arrivare al presidente attuale, Abdelaziz Bouteflika.
Furono le elezioni amministrative del 1990 ad accendere la miccia e a scatenare la guerra civile, una delle più devastanti del continente africano.
L’Algeria, ormai indipendente da Parigi e dalla potenza co- loniale della grandeur , 38 anni dopo la dichiarazione di indipendenza non era riuscita a trovare una soluzione ai moti interni. Il crescente peso delle forze islamiste si è concretizzato nel voto politico del 26 dicembre 1991, la data chiave della storia algerina, che ha visto prevalere proprio il Fis, il Fronte Islamico di Salvezza.
Sedici giorni dopo l’esercito, guidato dalle forze che mai avrebbero accettato una deriva radicale, il Fln in testa, prese il potere invalidando l’esito delle elezioni, costringendo il presidente eletto Bendjedid alle dimissioni e dando il via alle violenze. In meno di un mese a terra rimasero decine di migliaia di cadaveri, perlopiù civili e vittime innocenti.
Il conflitto interno è andato avanti per alcuni anni, in pratica fino alle elezioni dell'aprile del 1999, vinte da Bouteflika, l’attuale presidente. La sua figura è avvolta nel mistero e somiglia ai leader di grandi Paesi come l’ex Urss, Cuba e di dittatori africani, da Breznev a Castro, passando per Mugabe. Oggi ha 80 anni, nel 2014 è stato rieletto nonostante l'anno prima fosse stato colpito da un ictus. Molti algerini sono convinti che Bouteflika sia morto da tempo, ma che la notizia verrà annunciata a tempo debito. Nel 2011, tuttavia, Bouteflika è riuscito ad arginare le violenze che gli stavano scoppiando attorno nella regione attraverso l’annuncio di alcune riforme e nuove forme di collaborazione anti- terrorismo con Paesi sciiti come l’Iran.
Movimenti di ispirazione radicale che, tuttavia, sono presenti e particolarmente attivi, come Jund al-Khalifa, la costola algerina dello Stato Islamico. Oggi l’immagine delle tornate elettorali in Algeria e in Francia è il viso del berbero Zinedine Zidane, stella del calcio transalpino e simbolo di integrazione riuscita. Lo stesso che martedì ha guidato il Real dalla panchina al trionfo nel derby madrileno e che spinge i francesi a non votare per Marine Le Pen.
100.000 Vittime Nel conflitto tra gruppi islamici ed esercito