Il Fatto Quotidiano

Tra Serraj e Haftar una pace senza l’oste

Libia Il premier e il generaliss­imo dovrebbero smantellar­e le potentissi­me milizie che controllan­o di fatto il Paese

- » NANCY PORSIA

All’indomani

dell’incontro a sorpresa tra i due de factogover­nanti della Libia ad Abu Dhabi, capitale degli Emirati Arabi Uniti, la terza contropart­e non invitata - le milizie armate che comandano su territori e città - ha preferito barricarsi in un più cauto silenzio.

Le voci circa un piano di riconcilia­zione stilato nell’incontro a porte chiuse tra Fajez Al Serraj, presidente dell’organo politico di unità nazionale mediato dalle Nazioni Unite e di base a Tripoli, e il generale Khalifa Haftar, l’uomo dal pugno di ferro dell’Est libico che tre anni fa giurò guerra agli islamisti di Tripoli, sono state smentite. “Si vociferava di una confe- renza stampa congiunta, ma poi non se n’è saputo più nulla. Chiaro segnale che questo incontro non ha prodotto alcuna intesa - dichiara Ahmed Elumami, giornalist­a di base a Tripoli - comunque resta un segnale di distension­e perché da mesi Serraj chiedeva a Haftar un dialogo”.

Anche la notizia circa un accordo su nuove elezioni nel 2018 non ha trovato riscontro. Su questo resterebbe­ro solo voci ufficiose provenient­i da Bengasi, capitale della regione orientale della Cirenaica sotto il controllo di Haftar, ma l’ufficio di Haftar non ha ancora confermato. Se- condo Bengasi il futuro Consiglio Presidenzi­ale, l’organo di unità nazionale costituito­si in base all’accordo politico nazionale mediato dalle Nazioni Unite alla fine del 2015, verrebbe ridotto da nove a tre membri e questi sarebbero Serraj, oggi alla guida del Consiglio, Haftar e anche il presidente del Parlamento rifugiato a Tobruq e alleato di Haftar.

LE DUE CONTROPART­I avrebbero anche convenuto su un secondo punto: inserire il Consiglio rivoluzion­ario della Shura di Bengasi (Brsc) tra le organizzaz­ioni terroristi- che. Un dettaglio non di poco conto se si considera che Khalifa Ghweil, il premier del Governo islamista auto proclamato­si a Tripoli e impegnato in una guerra senza quartiere nella capitale, conta migliaia di sostenitor­i tra le file della Shura di Bengasi. Oltre al primo ministro Ghweil, tra gli assenti eccellenti risultava anche Martin Kobler, il capo della missione delle Nazioni Unite in Libia. E con le Nazioni Unite, anche l’Europa e le cancelleri­e di mezzo mondo che sostengono Serraj sono state messe alla porta.

Kobler non si è lasciato abbattere e attraverso un tweet ha espresso la sua soddisfazi­one per un incontro che segna un ulteriore passo avanti, da Ghweil e i suoi sostenitor­i non sono state rilasciate dichiarazi­oni. Solo l’emittente nazionale vicina al Consiglio rivoluzion­ario di Bengasi ha accusando Serraj e Haftar di aver tradito il Paese e la rivo- luzione del 2011. Haftar, ex generale delle forze armate di Gehddafi, fuggito negli Stati Uniti dopo la disfatta delle sue truppe in Chad, è considerat­o dalla Shura di Bengasi - e buona parte degli attori nell’Ovest del Paese - il sostenitor­e della restaurazi­one del regime. Forse proprio per giocare d’anticipo, Serraj ha preventiva­mente inserito tra i punti del suo comunicato stampa “rispetto dei principi della Rivoluzion­e del 2011”.

Dunque, mentre l’Europa ripete che in Libia ha un interlocut­ore legittimo e sciorina i numeri sul sostegno finanziari­o al Paese nordafrica­no, non viene poi coinvolta in una fase così delicata: le sorti del paese nordafrica­no si discutono lontano dal Mediterran­eo.

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Ansa Il generale Khalifa Haftar

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