Da Assad all’Isis, pulizia etnica alla siriana
I jihadisti avrebbero sgozzato decine di profughi già sfuggiti al regime
Itagliagole
dello Stato islamico tra lunedì e martedi hanno fatto irruzione nel campo profughi di Al Hol, al confine tra Iraq e Siria, sgozzando e massacrando almeno 37 persone tra i quali alcuni bambini. L’informazione è stata diffusa da ll ’ ong italiana “Un ponte per” operativa nell’area. Questa ennesima dimostrazione di brutalità da parte dello Stato islamico è avvenuta nei giorni del quarto anniversario dei massacri di Baniyas e Bayda perpetrati dall’esercito di Assad.
A causa di ciò che è accaduto in queste cittadine della zona costiera nord-occidentale, molte persone hanno lasciato le proprie case e sono fuggite in Turchia e nella zona orientale dove si trova Raqqa, divenuta solo l’anno successivo capitale de facto dell’Isis. Baniyas e Bayda sorgono nella roccaforte della famiglia Assad perché, oltre ad aver dato i natali ai nonni e ai genitori di Assad, è lì che si concentra la minoranza confessionale alawita di derivazione islamico sciita a cui è devota la dinastia che da oltre mezzo secolo ha in pugno la Siria. Ma, essendo la maggior parte della popolazione siriana di religione islamico sunnita, anche nell’ovest del paese allora abitavano molti sunniti. Nessun giornalista occidentale è stato testimone diretto dei massacri che hanno provocato 300 morti a Baniyas e un centinaio a Bayda, e all’inviato della Bbc, arrivato qualche giorno dopo, non rimase che intervistare le donne sopravvissute.
ANCORA TERRORIZZATE, non vollero farsi riprendere in volto dalle telecamere ma descrissero la mattanza di civili avvenuta nei quartieri sunniti delle due città affacciate sul Mediterraneo, sulla direttrice per Tartus dove si trova l'unica base navale russa sul Mare nostrum. “Nel 2013, l’Isis si stava formando e ancora era lontana dal conquistare Raqqa, così molti sunniti fuggiti da Baniyas e Bayda hanno cercato rifugio proprio lì e ora si tro- vano intrappolati nel posto più pericoloso del paese dato che a breve ci sarà l’offensiva per liberarla dall’Isis che, purtroppo tenterà di usare, come a Mosul, i civili come scudi umani”, dice al Fatto un siriano di confessione cristiana ortodossa che chiede l’anonimato. “I quartieri sunniti sono stati prima circondati dai tank, poi i soldati sono entrati uccidendo con un colpo alla testa tutti quelli che incontravano. Poi hanno fatto irruzione nelle case per sterminare decine di famiglie, bimbi compresi”, spiega con le lacrime agli occhi.
A quest’uomo è toccata la sventura di raccogliere i corpi delle vittime dopo aver scavato con altri volontari della Croce Crescente (la croce rossa araba, in Siria controllata dal regime) due grandi fosse comuni. “Essendo cristiano, non ero considerato un pericolo per il regime e nemmeno avevo mai partecipato alle manifestazio- ni di protesta, ma quello che ho visto mi ha convinto definitivamente che Assad ha usato le proteste come scusa per liberarsi dei sunniti nella zona che considera di sua proprietà e ha strumentalizzato l’Isis per far credere al mondo di essere l’unico a poter garantire la convivenza tra le varie confessioni. Ma non è vero, altrimenti non avrebbe fatto bruciare vivi i bambini sunniti di Bayda. I corpi di molte vittime erano carbonizzati”.
Il piano di Assad, secondo questa fonte credibile, era dare il via anche un trasferimento di massa dei sunniti. “Da allora ci sono stati massacri con tale obiettivo e solo dallo scorso anno, con la mediazione del Qatar sunnita e dell’Iran sciita, ci sono stati spostamenti per così dire pacifici”. La Siria del dopo guerra sarà composta da comunità non più miste. È l’unica certezza.
Molti sunniti fuggiti dai massacri di Baniyas e Bayda hanno cercato rifugio proprio a Raqqa