“Droghe leggere, la politica può fumarsi le mafie”
Benedetto Della Vedova Appello al Pd del promotore della legge sulla legalizzazione. “La malavita incassa 4 miliardi di euro”
Nel dibattito politico si torna a parlare di legalizzazione della cannabis. Prima un intervento a favore del pm Henry John Woodcock, poi una nuova presa di posizione del procuratore nazionale antimafia, Franco Roberti, hanno riacceso i riflettori su un tema che divide il Paese e le forze politiche da almeno tr ent ’ anni. Anche il Fatto quotidiano si occupa dell’argomento dedicando alle droghe leggere le inchieste del primo numero del mensile Millennium. In Parlamento, però, è tutto fermo: la proposta di legge bipartisan depositata un anno e mezzo fa giace in commissione Giustizia della Camera, nonostante sia stata sottoscritta da 218 parlamentari.
Onorevole Benedetto Della Vedova, lei (ex radicale, oggi senatore e sottosegretario agli Esteri) è stato uno dei promotori della legge. Perché è tutto fermo?
Il problema sta nella mancanza di volontà politica. Siamo arrivati a un punto della discussione in cui bisogna decidere: o si va avanti oppure ci si ferma. Nonostante vi sia l’appoggio di interi gruppi parlamentari e della maggioranza degli esponenti di Pd e 5 Stelle, la discussione sul testo si è arenata.
Ormai manca poco alla fine della legislatura, ma il tema non sembra essere in agen- da tra le cose da fare prima dello scioglimento delle Camere.
La sensazione è che non se ne voglia parlare, che ci si voglia dimenticare della faccenda. Per questo rivolgo un appello al Pd, il partito principale della maggioranza, affinché si consenta che la legge almeno arrivi in Aula. Poi sul voto ognuno farà le sue scelte e si prenderà le proprie responsabilità. La legge è frutto del lavoro di un intergruppo parlamentare, non è una battaglia che riguarda il governo, la maggioranza o la minoranza. Per questo dico: andiamo in Aula e vediamo cosa succede.
Intanto la magistratura e i rappresentanti delle forze dell’ordine lanciano appelli per la legalizzazione.
Se un’autorità nazionale della lotta al crimine come il capo della Dna si schiera a favore, è un messaggio molto forte che travalica i confini nazionali. Per questo mi sembra ancor più grave che la politica non dia risposte. Ormai i fatti parlano chiaro: il proibizionismo è fallito. Secondo i dati, il valore del consumo di droghe leggere vale 4 miliardi l’anno, denaro che va nelle tasche di mafia, camorra e organizzazioni criminali. Con la legalizzazione entrerebbero miliardi nelle casse dello Stato: dalla tassazione di coltivazione e vendita, e dal risparmio sull’uso delle forze dell’ordine impiegate nella lotta al fenomeno. In termini di sicurezza e legalità vale più questa legge della legittima difesa.
Un nostro cronista di Millennium ha trovato tracce di cocaina nei bagni di Montecitorio. Che ne pensa? Premesso che in quei bagni entrano tutti – parlamentari, giornalisti e addetti stampa –, c’è un fondo di ipocrisia tra la lotta politica pubblica e i comportamenti privati. Che in Parlamento si faccia uso di sostanze non mi scandalizza: se ne fa uso nella società, quindi anche tra i politici. Se poi un parlamentare prende cocaina e poi è contro la legalizzazione della cannabis, beh, viene da sorridere…
Le piacerebbe che il segretario del Pd, Renzi, o il ministro dell’Interno, Minniti, si esprimessero sul tema? Ribadito che la questione riguarda il Parlamento, sì, sa- rebbe utile conoscere il pensiero di tutti, compresi Renzi e Minniti. Al G7 di Taormina ci sarà il premier canadese Justin Trudeau, che ha appena annunciato la legalizzazione della marijuana a scopo ricreativo. In Italia, invece, sembra ancora un tabù. Quanto conta l’ingerenza della Chiesa su questo argomento? Conta più per i partiti, che temono di perdere consensi tra l’elettorato cattolico, che per i cittadini. Ma il ricatto sul governo di chi è contrario, penso al partito di Alfano, è inaccettabile.
In Parlamento si fa uso di sostanze? Non mi scandalizza. Se poi un parlamentare prende cocaina ma si oppone alla cannabis, sorrido... Chi è Va in Europa con la lista Bonini, poi entra in Parlamento con Forza Italia nel 2006. Nel 2013 è senatore con Scelta Civica Sottosegretario agli Esteri con Renzi e Gentiloni