Yesmen, toscani e pischelli: la nuova Direzione del PdR
POST PRIMARIE Un partito sempre più simile al suo capo
Èla nuova Direzione nazionale del PdR, eletta domenica: una maggioranza blindata con il 70 per cento di renziani, un’infornata di sconosciuti under 30 per conquistare i titoli dei giornali, qualche vecchia gloria ( per statuto, come V e lt r on ie F as s in o), tanti nomi noti del renzismo militante, l’ennesima infornata di toscani.
Lo chiamano il “parlamentino” del partito. È l’organo che 13 febbraio 2014 ha sfiduciato Enrico Letta e anticipato il cambio della guardia a Palazzo Chigi. L’assemblea, insomma, che avrebbe il compito di decidere da che parte va il Pd: accompagnare le decisioni del segretario ed eventualmente metterle in discussione. Si può già pronosticare che la seconda ipotesi, nella nuova Direzione renziana, sia da scartare. Non solo per i numeri, ma pure per i nomi: tra i 208 selezionati (i 120 membri eletti, più gli ex segretari, i sindaci dei capoluoghi e i presidenti di Regione) si fa fatica a individuare chi possa contrastare Renzi in modo credibile, al di là dei due sconfitti primarie, Andrea Orlando e Michele Emiliano. Pier Luigi Bersani e i suoi non ci sono più, Gianni Cuperlo è stato fatto fuori dagli orlandiani (anche se il Guardasigilli ora dice che è stato “un incidente a cui va posto rimedio” e che è “pronto a cedere il posto a Gianni”).
FEDELISSIMI. In compenso, in Direzione sono stati collocati in massa i più fedeli sacerdoti del verbo renziano: per esempio Davide Faraone, già sottosegretario al Miur e oggi alla Salute, l’uomo macchina di Matteo in Sicilia. Oppure il calabrese Ernesto Carbone – quello del “ciaone” agli elettori antritrivelle – di recente insignito del ruolo di “controllore” dei seggi napoletani nelle turbolente primarie che hanno rilanciato. Approda in Direzione anche Ale ssan dra Moretti, malgrado alcune disgraziate esperienze politiche (la rovinosa sconfitta in Veneto del 2015) e mediatiche (dall’intervista in cui si è autoproclamata “Ladylike” a quella dei “topi assassini” che proliferano a Roma sotto Virginia Raggi). A proposito di Campidoglio, c’è la capogruppo Michela Di Biase, acerrima fu- stigatrice dei 5Stelle capitolini e compagna di Dario Franceschini: ora la coppia si ricompone al Nazareno.
Ci sono i fratelli Pittella, detentori in franchising del renzismo in Basilicata, l’ex comunista Gennaro Migliore (oggi prima fila neorenziana), il fidato tesoriere Francesco Bonifazi.
TRAZIONE TOSCANA. Nemmeno a dirlo, la Regione più rappresentata è quella bagnata dall’Arno. I toscani nel nuovo PdR sono ben 21, il 10%. Quasi tutti in linea col segre- tario, come è facile intuire. Nove di loro sono tra gli eletti: Maria Elena Boschi, il sottosegretario Antonello Giacomelli, gli onorevoli Andrea Marcucci, Caterina Bini, Laura Cantini e Ed oa rd o Fanucci, l’euro parlamentare Simona Bonafé. E poi, tra i fe- delissimi, il già citato Bonifazi, Luca Lotti, il sindaco Dario Nardella e Dario Parrini.
AVANTI I GIOVANI. Il colpo di teatro, Renzi l’ha riservato alla voce under 30. Ha voluto “venti ragazzi della generazione dei millennials”. Molti di loro sono stati cooptati a ll ’ interno della “scuola di formazione politica” del Pd lanciata dall’ex premier un anno e mezzo fa. La più giovane è Arianna Furi, 19 anni. La incontrammo il giorno della prima lezione, il 7 febbraio 2016, emozionatissima: “Matteo è un giovane ragazzo che ha scardinato un vecchio sistema. Mi piacerebbe fare il percorso di Maria Elena Boschi”. Ora è qualche passo più vicina.
LA SMEMORATA. Menzione speciale per Micaela Campana. La sua carriera sembrava destinata ad arenarsi per colpa di Mafia Capitale (e di un famoso sms a Salvatore Buzzi: “Un bacio grande capo”). La Campana non è indagata, ma è stata ascoltata dai magistrati lo scorso ottobre. Alle loro domande, ha risposto per ben 39 volte nella stessa maniera: “Non ricordo”.
Senza controcanto
I renziani sono il 70%, tra le poche voci critiche è stato fatto fuori anche Cuperlo