“Resteremo degli emarginati”
Saint-Denis, giovani contro “l’alfiere della globalizzazione: per lui viene prima l’economia delle persone”. È il ritorno della “frattura sociale”
“Ho
votato per Mélenchon al primo turno. Domenica non sono andato. Perché? Sia con Le Pen che con Macron il divario sociale si amplia. Se avesse vinto la candidata del Front National, ci sarebbero di certo stati scontri. Con Macron, tutto è solo rimandato ai prossimi anni”. Marwan ha 30 anni e un viso serio dietro occhiali sottili da intellettuale. Il day after elettorale capita in un giorno festivo per la Francia, che l’8 maggio ricorda la vittoria nella Seconda guerra mondiale. Negozi chiusi, gente a passeggio. La festività rende tutto più tenue e mette in sordina per qualche ora anche il malessere. Saint-Denis, quartiere popolare e multietnico alle porte di Parigi, è sede tra l’altro dello Stade de France: due settimane fa aveva trionfato il candidato della sinistra radicale Jean-Luc Mélenchon con oltre il 43%. Due giorni fa, il candidato di En Marche! ha ottenuto l’84% - ma quasi 4 elettori su 10 hanno disertato.
“Sono un sessantottino. Ho paura della Le Pen e ho votato Macron convinto”, spiega il padre di Marwan. Amadé, 70 anni e origine marocchine, segna con le sue parole un distacco dal figlio che non è solo politico. La stessa cosa che dice Malika, 65 anni, anche lei magrebina, davanti al grande mercato coperto. “Non ho certo paura di Macron, mentre una razzista come Le Pen mi avrebbe terrorizzato”.
OLTRE ALLA DIFFERENZA di vedute tra padri e figli, all’opposizione tra Francia atlantica (schierata in maggioranza per Macron) e Francia continentale, quello che va in scena è soprattutto un nuovo conflitto di classe. “Con quest’elezione”, scriveva ieri Libération, “la frattura destra-sinistra si è diluito in una nuova opposizione molto più sociologica. Questo scrutinio ha celebrato il ritorno in grande stile della frattura sociale, resa popolare nel 1995 da Jacques Chirac e teorizzata dal demografo Emmanuel Todd”. Una frattura che ha lavorato negli anni, fino a condurre al risultato pa- radossale di una sinistra costretta a votare Macron.
Anche per Lucas, 18 anni, studente di Scienze politiche “la scelta tra i due candidati era evidente, perché Le Pen ha una piattaforma di odio inaccettabile”. Eppure Macron “fa molta paura: lui crede nel primato dell’economia, non in quello della persona”. Molti dei suoi colleghi di facoltà si sentono oggi sollevati dalla sconfitta del Front National. Eppure “una cosa ci accomunava tutti: il senso di disgusto per la ‘sporcizia’della politica tradizionale”. Per questo secondo lui “Macron non doveva festeggiare. Cosa sono, se non un grido d’allarme quegli 11 milioni di voti per Le Pen?” Su questo tema Lucas, è in sintonia con il 30enne Marwan. “Quelli andati a Le Pen sono i voti di chi è stato lasciato indietro. Colpa della globalizzazione, di cui Macron è un convinto sostenitore. Ecco perché temo che con lui gli emarginati saranno sempre di più”.
Generazioni contro
I genitori emigrati in Francia: “Lui almeno non è un razzista come la Le Pen”