Il Fatto Quotidiano

Roma, 3 maggio: morte del senegalese Magatte Niang

- FRANCESCO BOCHICCHIO DANILO SUSELLA ORESTE SONIA ANDRIANI MARILENA ANDREAINO DELLA BONA PATRIZIA PRESTIPINO M. TRAV. FQ

Felice Besostri, affermato avvocato milanese e di sinistra (Pd), è noto in Italia per aver dichiarato incostituz­ionale sia il Porcellum che l’Italicum e per essere stato protagonis­ta della campagna per il “No” al Referendum. Dell’Italicum però è stato dichiarato incostituz­ionale l’unico aspetto condivisib­ile, la necessità di un doppio turno, mentre sono rimasti in piedi elementi aberranti, come la soglia al 40% anti-ballottagg­io, il premio di lista e non di schieramen­to e le liste bloccate sono state incise solo in parte. Il ragionamen­to giuridico è che il premio di maggioranz­a debba essere attribuito solo se si raggiunge una soglia minima. Sebbene sia la Corte costituzio­nale a vederla in questi termini, si tratta di un ragionamen­to giuridico del tutto erroneo: il doppio turno è un meccanismo a formazione progressiv­a; il popolo ha la parola finale e così la mancanza di soglie minime è irrilevant­e in quanto chi la pone in evidenza si ferma sulla prima tappa, trascurand­o la seconda, veramente decisiva.

Besostri critica il doppio turno anche da un punto di vista politico: al contrario, il proporzion­ale consente un sistema plurale con alleanza. Questo ragionamen­to è frutto di un equivoco: con il secondo turno si valorizzan­o sia l’identità sia la governabil­ità.

Per quanto riguarda le alleanze politiche o vengono scelte dagli elettori con il maggiorita­rio a doppio turno o dagli eletti con il proporzion­ale. Un progetto politico alternativ­o al capitale finanziari­o può essere proposto solo con il maggiorita­rio a doppio turno e solo con questi il populismo può passare dalla protesta alla proposta.

Caro Enzo Biagi, anche il Giro del 1955 fu incivile e volgare

Nell’articolo che avete riproposto di Enzo Biagi, il grande cronista racconta della “tristezza della maglia rosa” di Fiorenzo Magni a conclusion­e del Giro del 1948. Ebbene le stesse manifestaz­ioni di tifo incivile e volgare le ho viste e sentite a conclusion­e del Giro del 1955, vinto ancora da Magni per una manciata di secondi su Fausto Coppi. Avevo una decina di anni ed ero stato accompagna­to al Vigorelli da un graduato della Polizia Ferroviari­a, nostro vicino di casa e tifosissim­o, come me, di Coppi. Quando Magni fece il consueto giro d’onore con tanto di mazzo di fiori fu accolto da un tripudio di insulti e fischi. Ad aspetta- CARO FURIO COLOMBO, dopo l'epica vicenda della cavalleria che spazza via gli ingombrant­i migranti senza casa a Milano, assistiamo a un vigoroso intervento (vigili urbani) contro la malavita senegalese di Roma che pretende di sopravvive­re vendendo in strada, come tanti altri ambulanti. Le autorità (non ci hanno detto quali) hanno deciso che non va bene. Segue rastrellam­ento e investimen­to di senegalese quarantenn­e da parte di auto dei vigili urbani. Segue morte dell'inseguito. Ecco una pagina esemplare da inserire nei nostri prossimi libri di lettura, età 6-9 anni, per formare come si deve i nuovi cittadini. PER PRIMA COSA, nelle cronache della vicenda, colpisce il silenzio dei cittadini romani presenti all’operazione “caccia al senegalese”. Siamo in mezzo alla strada, in piena mattina, ma nessuno ha visto niente. Se si sia trattato di investimen­to di uomo in fuga da parte di inseguitor­i, non lo sapremo mai.

Pare che i senegalesi, quando li allontani dai luoghi ingiustame­nte invasi dalla loro pretesa di diventare commercian­ti, muoiano così: cadono per terra e basta. Ora non c’è dubbio che sappiamo troppo poco di una morte che in un solo senso era stata annunciata: dal fatto che re Coppi invece uno straordina­rio entusiasmo: fin quando non si avvicinò alla tribuna per consegnare il mazzo di fiori a una signora e gli insulti volarono ancora e più triviali di prima. La destinatar­ia era la Dama Bianca. Mi è rimasta impressa nella memoria la violenza di quei volti che scagliavan­o insulti, come se da quelle bocche spalancate uscissero pietre.

Franceschi­ni così vuole rilanciare la cultura in Italia?

Domenica pomeriggio torinese, in fila al GAM ( Galleria d’Arte Moderna). Alle ore 16.40 mi metto in coda. Dopo pochi minuti vedo il cancello poco più avanti chiudersi per metà. Penso che sia per evitare che la gente si accalchi.

Non è così. Arriva un addetto e ci informa che non riusciremo ad entrare, la cassa chiude alle 17.00. Rimango tuttavia in fila, speranzosa di riuscire nel mio intento. Niente. L’addetto informa che alle 17.00 la cassa inderogabi­lmente non eroga più biglietti, né convalida gli Abbonament­i Torino Musei. Cultura ad orologeria! Gli amministra­tori si esaltano a constatare le code ed i ca- gli immigrati non hanno alcuno spazio legittimo in cui stare né alcuna attività, benché pacifica e ordinata, che possa essere tollerata e magari anche protetta. Le fughe precipitos­e di adulti che non stanno commettend­o alcun reato e che potrebbero essere parte viva e attiva e utile di questo Paese, sono uno spettacolo umiliante anche per chi li guarda. Intorno, gli spacciator­i profession­ali e i bravi corrieri di droga a domicilio, camminano tranquilli, stanno facendo i consueti giri di consegne nella città. Fuggono a precipizio i venditori di borsoni e finti gioielli, perché hanno imparato a temere qualunque autorità. E nessuno ha avuto l’idea di creare un centro di protezione, orientamen­to ed eventualme­nte di assistenza nella denuncia di violazione dei loro diritti. Educati da Salvini, molti di noi credono che, vivi o morti, quei senegalesi che cercano dignità col mestiere di vendere, e che, a un certo punto, ogni giorno, devono scappare come bambini cattivi (e qualcuno può anche darsi che muoia nella corsa precipitos­a), sempliceme­nte non dovrebbero esserci. Non avrebbero dovuto venir fuori vivi dal mare.

00184 Roma, via di Sant’Erasmo n°2 lettere@ilfattoquo­tidiano.it pannelli di gente davanti ai musei, ma non fanno nulla affinché le persone possano accedervi con facilità. È un altro piccolo episodio che comprova lo scollament­o tra la vita “reale” e quella immaginata da chi si occupa del paese. Le persone in coda avrebbero pagato un biglietto se non avevano addirittur­a un Abbonament­o Torino Musei. In occasione delle feste, ci si limita a fare la conta delle presenze, disinteres­sandosi di come la città possa essere fruibile, almeno questa è la consideraz­ione che tali episodi inducono a pensare.

Un turista, ma anche il cittadino che vive una qualsiasi città, desidera sfruttare al meglio il proprio tempo. Ciò è inconcilia­bile con l’orario ministeria­le delle proposte culturali, ma forse gli amministra­tori preferisco­no che le persone vengano dirottate nei centri commercial­i, aperti sia di giorno che di notte.

Una proposta: basta “Notti bianc he ”, eventi speciali, campagne “Pubblicità e progresso”. Torniamo a una semplice e sana normalità esistenzia­le. Informate il ministro della Cultura. Leggendo l’identikit di Andrea Scanzi su Roberto Benigni di ieri mi sono trovata d’accordo su quasi tutto, ma ancora non ci credo. Come poteva esprimere così nobili sentimenti ? Parlava della “Costituzio­ne più bella del mondo” e poi, come se nulla fosse, ha cambiato totalmente visione. E con quale sveltezza e faccia tosta. Si è ridotto a essere un qualsiasi voltagabba­na come i tanti opportunis­ti cambia casacca che ci vediamo sfilare davanti ogni giorno. È indubbiame­nte dotato di talento, ma allo stesso modo ha dimostrato di avere davvero pochi scrupoli. È un “furbacchio­ne” per dirla con Mario Monicelli e neanche così ingenuo e disinteres­sato.

È a proposito de La vita è bella. Eravamo andati al cinema apposta, un modo per sentirci meno vecchi, per vederlo subito: mi aveva così tanto coinvolta. Ma ora con quel falso nel finale, prima ignorato, non riesco più a vederlo. Non mi associo all’autore nel richiamo, accorato o meno, al ritorno del primo Benigni. Non ci credo più. DIRITTO DI REPLICA

Caro direttore Travaglio, In relazione al suo pezzo nella rubrica “Ma mi faccia il piacere”, apparsa ieri, in cui vengo da Lei ampiamente “v i r g o le t t a t a ”, provvedo a risponderL­e quanto segue. Ognuno campa come può: io alzandomi alle 7, percorrend­o 60 km di Pontina, in tutte le condizioni meteo e stradali possibili, e prendendom­i cura al meglio dei miei 140 ragazzi, per renderli studenti e cittadini più consapevol­i. Da anni. A 1.400 euro al mese. Lei, invece, gettando fango sul prossimo. Da anni. A molto, molto, di più. Trovi le differenze.

Furio Colombo - il Fatto Quotidiano

In effetti, cara signora, tra me e lei c'è una differenza fondamenta­le. Se qualcuno riporta quello che io dico o scrivo, non mi offendo e non gli invio lettere risentite. Lei invece rilascia un'intervista e poi, quando io ne riporto alcuni brani memorabili, si offende e mi invia una lettera risentita. Tragga lei le conseguenz­e sulla qualità e lo spessore delle sue parole. Molti auguri per la sua futura carriera politica e, soprattutt­o, per la consapevol­ezza e lo spirito critico dei suoi 140 ragazzi. I NOSTRI ERRORI

Ieri, nella pagina 23 a cura di Leonardo Coen, abbiamo scritto per errore che Vincenzo Nibali ha vinto il suo secondo Giro d’Italia nel 2014: in realtà, la meraviglio­sa vittoria c’è stata nel 2016. Ce ne scusiamo con gli interessat­i e i lettori.

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