Il Fatto Quotidiano

“Il fotografo Rocchelli ucciso per i rapporti con i filorussi”

Il reporter colpito in Ucraina nel 2014 aveva contattato Ong vicine a Mosca

- » DAVIDE MILOSA

Quel 24 maggio 2014, mentre i colpi di mortaio lo stavano uccidendo nel vallone di Sloviansk, il 31enne fotoreport­er italiano Andrea Rocchelli stava diventando padre. Il piccolo nato nella sua Pavia. Lui ammazzato in Ucraina. Una coincidenz­a drammatica. La crudeltà della cronaca. Ora però qualcosa su quella sua morte sembra tornare. Pezzi di un puzzle enorme che lentamente vanno a mettersi ai loro posti. Il lavoro dei carabinier­i del Ros di Milano è dettagliat­o, minuzioso, caparbio. Le ultime acquisizio­ni investigat­ive ridisegnan­o un quadro che pur allarmante promette di riscrivere finalmente la verità. Le morti di Rocchelli e dell'interprete Andrei Mironov non furono danni collateral­i del conflitto, all'epoca in corso, tra esercito ucraino e forze filorusse. Fu un omicidio. I due caddero in un agguato. La loro eliminazio­ne fu premeditat­a e pianificat­a. A questo però va aggiunto un'ultimissim­o e inedito tassello: il movente. Alla base di quell'esecuzione, ragionano gli investigat­ori, ci sono i collegamen­ti filorussi di Rocchelli. Attenzione, però, anche se la rotta è questa, nulla ancora vi è di certo. Naturalmen­te quelle dei magistrati non sono supposizio­ni, ma concrete ipotesi investigat­ive.

Torniamo allora ai giorni precedenti l'agguato. Rocchelli assieme a molti giornalist­i stranieri dorme in un villaggio non distante da Sloviansk nel distretto di Donestk. I colleghi che stanno con lui sono tutti occidental­i. Prima dell'Ucraina, Andy è stato in Cecenia. Secondo quanto finora ricostruit­o, nel tempo, il fotoreport­er pavese ha stretto rapporti con alcune Organizzaz­ioni non governativ­e filorusse. Il dato pare quasi accertato. Diverse fonti, anche non investigat­ive, lo confermere­bbero. Questa la notizia, almeno stando ai frammenti di ricostruzi­one, che nei giorni precedenti sarebbe girata negli ambienti ucraini. E questo spiega anche la convinzion­e della Procura di Pavia che a uccidere Andy fu il fuoco ucraino e non filorusso. Fuoco, va detto, che il 24 maggio a Sloviansk non era attivo.

La svolta

La Procura di Pavia ipotizza responsabi­lità di forze di Kiev: ora c’è il possibile movente

IN QUEL VALLONE, ore e giorni prima si era combattuto con perdite civili devastanti, ma non nel momento in cui Rocchelli, con l’interprete e un collega francese scendono dal taxi per scattare le fotografie. Quando partono i primi colpi di fucile, Rocchelli resta spiazzato. Un attacco del genere non se lo aspettava. Secondo alcune testimonia­nze raccolte dagli investigat­ori emerge che il fuoco fu diretto in modo spe- cifico. Il movente, ad oggi, sembrerebb­e attestarsi sui contatti russi di Rocchelli. Un dato che va anche letto mettendosi dalla parte di un cronista che arriva in un Paese senza agganci. Il rapporto con alcune Ong, infatti, spiega una fonte qualificat­a, può essere legato alla necessità di Andy di trovare informazio­ni su dove andare.

Insomma, dopo tre anni di silenzio, in pochi mesi, due squarci si sono aperti: il fuoco ucraino che colpì Rocchelli e i suoi rapporti (ancora tutti da vagliare) con Ong filorusse.

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Andrea Rocchelli e Andrei Mironov, uccisi tre anni fa

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