Dalla Prima
Ha
regalato a una come la Le Pen il record dei voti ( il doppio di quelli di suo padre contro Chirac) o non ha partecipato (primato di astensioni e schede bianche dal 1969). E da oggi è pronta ad allargarsi se lui fallirà: o perché non avrà i numeri per governare da solo (senza partito e senza la sua faccia da copertina, sarà più difficile raccogliere voti alle Legislative di giugno); o perché persevererà diabolicamente nelle politiche di flessibilità che hanno già dannato la falsa sinistra di Hollande.
5) Macron s’è posto al centro e ha cannibalizzato i vecchi partiti che avevano sempre governato, il socialista e il gollista, approfittando dell’estinzione del primo e degli scandali che hanno impallinato il leader del secondo, Fillon; e soprattutto si è giovato della divisione del fronte nemico di questa Europa, che al primo turno ha sfiorato il 50% dei votanti ma era spaccato a metà tra la destra lepenista (21,3) e la sinistra di Mélenchon (19,6), più una serie di partiti minori (intorno al 7%). L’Italia è tutta un’altra storia. Anche qui gli avversari di questa Ue rappresentano circa la metà dei votanti, ma scelgono in gran parte un movimento trasversale e non demonizzabile con accuse di fascismo come i 5Stelle (30% nei sondaggi) e solo in minoranza Salvini&Meloni (15%) e le varie sinistre (5-6%).
6) In Francia il sentimento anti-Ue è meno vasto che in Italia, perché questa Europa si regge sull’asse franco-tedesco. I francesi ne fanno parte, noi no. Perciò Macron ha potuto promettere la massima continuità col sistema attuale e vincere. In Italia chi vuole lasciare le cose come stanno, e cioè Renzi e B., che infatti non hanno mai fatto nulla per modificare lo status quo dei trattati, si travestono da populisti anti-Ue e anti-Merkel, per non perdere milioni di voti, salvo accreditarsi come argini contro il populismo e l’antieuropeismo. A Parigi chi non voleva tra i piedi la bandiera europea era la Le Pen; a Roma, è Renzi. Che si camuffa da Macron, ma non si sognerebbe mai di far suonare l’Inno alla Gioia prima di quello di Mameli, come ha fatto l’altra sera il neopresidente francese, anteponendolo alla Marsigliese. Agli interessi dell’Italia e di tutti gli altri Paesi esclusi dall’asse franco-tedesco, soprattutto dopo l’uscita della Gran Bretagna che fungeva da contrappeso, sarebbe convenuta la vittoria di un nemico degli attuali assetti europei (meglio Mélenchon della Le Pen, naturalmente): per spaccare il fronte Berlino-Parigi e incunearvisi con nuovi rapporti di forze nel segno della discontinuità. Invece ha vinto l’enfant gâté dell’establishment e delle banche d’affari, che fa esultare i piani alti di Bruxelles, Francoforte, Berlino e ora corre a baciare gli stivali della Merkel per rinsaldare l’Europa a due, con gli Stati del Sud relegati nel ruolo di comparse. Italia compresa. E allora che avranno da ridere e da esultare i Renzi, i Gentiloni, i Mattarella, i Letta, i Prodi, gli Alfano e i B.? Se ne accorgeranno quando torneranno a Bruxelles col cappello in mano a mendicare “flessibilità”, e ne riceveranno le solite pernacchie franco-tedesche. Allora, forse, smetteranno di ridere.