Il decreto che salvò Ciccolo e giubilò Colangelo
Piercamillo Davigo disse: “Il governo non può scegliersi i magistrati”
Settembre
2016. Il Csm bolla come “anticostituzionale” il decreto Renzi che limita la proroga dell’età pensionabile solo alle funzioni direttive della Cassazione, della Corte dei conti e del Consiglio di Stato che non compiono i 72 anni entro il 31 dicembre 2016.
Il decreto “ad Canzium”, perché modellato sul primo presidente di Cassazione Giovanni Canzio che compirà 72 anni il 1 gennaio 2017, “differenzia, in maniera priva di evidente giustificazione, il trattamento tra uffici e, all’interno di essi, tra magistrati, in ragione delle funzioni direttive esercitate, con il rischio di riproporre una anacronistica concezione gerarchica, della magistratura”, si legge in un documento dei relatori Palamara, Morosini, Aprile e Forteleoni approvato dalla Sesta commissione e dal Plenum dell’organo di autogoverno della magistratura. Infatti il decreto Renzi, partorito in piena estate, per la prima volta in tre anni non inserisce i capi degli uffici tra i beneficiari della proroga alla riforma Madia. Quindi andrebbe in pensione anche Giovanni Colangelo, procuratore capo di Napoli “in scadenza”. L’inchiesta Consip è ancora segreta.
Il 10 Maggio
2017 il Csm esprime solidarietà al pg di Cassazione Pasquale Ciccolo e respinge con forza “l’attacco rivolto alle proprie prerogative esercitate al riparo da ogni condizionamento esterno”. Ovvero gli artico- li del Fatto Quotidiano che ricordano che Ciccolo ha beneficiato della proroga, e Colangelo no, e che termini e limiti delle proroghe erano stati decisi dal governo Renzi.
In mezzo è successo l’impossibile. La sconfitta di Renzi al referendum, le sue dimissioni da premier, l’esplosione dell’inchiesta Consip avviata dai pm di Napoli Henry John Woodcock e Celestina Carrano, coordinati dal procuratore capo Colangelo, che è arrivata a toccare il padre di Renzi e il Giglio Magico. Era successo anche di fronte alle proteste di tutte le correnti della magistratura sull’incostituzionalità del decreto, in autunno il premier Renzi e il ministro di Giustizia Orlando avevano stretto un patto con l’Anm presieduta da Piercamillo Davigo per estendere la proroga anche ai capi degli uffici, attraverso un emendamento nella legge di fine anno, il Milleproroghe. L’intesa Renzi-Orlando-Davigo salta per aria quando entra in carica il governo Gentiloni e si infittiscono le cronache giudiziarie su Alfredo Romeo, l’imprenditore al centro del caso Consip. Con i primi atti ostensibili delle indagini si delineano le prime tracce di un quadro chiaro a chi sa di esserne oggetto.
L’ORMAI ex premier manda avanti i suoi fedelissimi a rottamare l’accordo con l’Anm: “Una qualsiasi proroga dei magistrati sarebbe fuori sistema” dice durante la gestazione del Milleproroghe David Ermini, responsabile Giusti- zia Pd. La presidente dem della commissione Giustizia Donatella Ferranti: “L’ennesima proroga non ha più ragione di esistere”. Il cerino resta acceso nelle mani di Orlando. Sbigottisce, teme l’ira di Davigo, ma non può fare altro. Nel Milleproroghe quella per i magistrati non c’è più. Resta in vigore solo quella per Canzio, Ciccolo e una ristretta cerchia di giudici.
Davigo fa disertare la cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario: “Il governo non può scegliersi i magistrati”. Colangelo prepara le valigie per andarsene a metà febbraio. Pochi giorni prima, due senatori dem – Migliavacca e Gotor – favorevoli in commissione a un emendamento al Milleproroghe che lo manterrebbe in carica, vengono sostituiti dal Pd con due colleghi che voteranno contro.
Fuori linea
Per farlo passare il Pd sostituì in commissione Migliavacca e Gotor perché “dissidenti”