Il Fatto Quotidiano

Un detective a caccia di indizi e i “testimoni” della felicità

- » SILVIA TRUZZI

Di felicità si sono occupati praticamen­te dall’alba del mondo filosofi, poeti, scrittori, cantautori, cineasti. Ultimo in ordine di tempo Walter Veltroni, che per bontà e affini ha una certa passionacc­ia mai negata e che al tema dedica il suo terzo lungometra­ggio, Indizi di felicità, prodotto da Sky Cinema con Palomar, nelle sale italiane il 22, 23 e 24 maggio.

LA CITAZIONE che meglio spiega la trama di questo film è di Marguerite Yourcenar nelle Memorie di Adriano :“Ogni felicità è un capolavoro”. Il racconto comincia con un’antitesi, che è un po’un modo per esorcizzar­e l’effetto Candide: prima il filmato di un uomo inglese che su un treno invita i passeggeri a cantare con lui Over the rainbow a cui segue un montaggio di attentati, tsunami, terremoti e altri disastri degli ultimi anni. “Si può essere felici in un mondo così duro, così difficile?”, domanda la voce fuori campo del regista, con una non trascurabi­le dose di naïveté (il dolore accompagna l’uomo da sempre, non è certo una novità). Le risposte sono meno scontate della domanda.

Il punto è, infatti, come si racconta la felicità, il più inafferrab­ile e desiderato dei sentimenti. Veltroni sceglie la strada della testimonia­nza già battuta nei precedenti lavori, che qui è più felicement­e (è il caso di dirlo) riuscita. Sfilano una trentina di testimoni di fe- licità e l’autore mette in fila gli indizi. È il castingil vero segreto del film: davanti alla telecamera sfilano persone diversissi­me, storie comuni eppure sempre per qualche verso esemplari, quasi mai sopra le righe. Ognuno mette il proprio tassello, l’indizio appunto, della felicità.

Ci sono vicende prevedibil­i e altre meno banali: la felicità del sopravviss­uto guarito da una malattia o scampato a un attentato o approdato vivo dalla traversata del Mediterran­eo; la felicità dei genitori, che incredibil­mente però è anche il sorriso della mamma e del papà di Ronny, nato con una lesione cerebrale e vissuto soltanto dieci anni. Ma che anni quei dieci di Ronny, insieme ai tantissimi volontari che a turno andavano ad aiutarlo, a fargli fare gli esercizi, e così tenevano viva la casa.

Altre risposte sono inaspettat­e, come quella di uno degli scienziati che ha scoperto la particella di Dio, la particella “ma l e d e t t a ” che d a cinquant’anni si cercava (in un minuto, tra l’altro, spiega in maniera perfettame­nte comprensib­ile cos’è il “Bosone di Higgs”). Nel mondo una moltitudin­e di ricercator­i si era lanciata alla scoperta dei segnali di questa particella, ma per una generazion­e intera, gli esperiment­i non avevano prodotto nulla: “La felicità è quando scopri qualcosa che nessun altro ha mai visto prima. Ti sporgi su quel bordo sapendo che l’umanità ha sviluppato una conoscenza che arriva fino a quel punto e tu stai guardando un pochino più in là. Quella sensazione è indescri vibile”. E invidiabil­e.

Strada facendo, incontriam­o alpinisti, surfer, Prometei in deltaplano, un anziano ciclista scalatore; tante case diverse per la felicità, come diverse sono le declinazio­ni: la natura, il mare, la libertà. Ma ci sono anche un giovane seminarist­a tifoso della Samp a cui i compagni di curva chiedono benedizion­i in caso di rigori o punizioni e tre monaci all’eremo di Monte Giove. “Se dovesse dire ad un bambino che cos’è la felicità, cosa gli direbbe?”. Risposta di padre Natale: “Eh no, io me lo faccio dire dai bambini cos’è la felicità”. E ancora: “C’è un giorno della sua vita che vorrebbe rivivere?” “Domani”.

Mario, filosofo montanaro, è il protagonis­ta di un discorso attorno all’uomo: “Noi che siamo così tecnologic­i se ci tagliamo un braccio, non esce più. Se

Le storie

Dal superstite di un attentato allo scienziato che ha scoperto la particella di Dio mai vista prima

tagliamo una gamba a una rana gli ricresce. I miei cani capiscono quello che gli dico io; ma io non capisco quello che mi dicono loro. Le rondini fanno migliaia e migliaia di chilometri e arrivano in un punto preciso, noi senza la tecnologia ci perdiamo. Allora, chi è più intelligen­te?”. Enfin:“Le montagne bisogna vederle dal vivo, non nei filmati. Come una bella donna, insomma è bello vederla ma toccarla è meglio”.

CAPITA anc he d’incrociare la Storia: se dopo Auschwitz è impossibil­e scrivere poesie, dopo Auschwitz si può essere ancora felici? Sì, e proprio “grazi e” ad Auschwitz , anzi “to rn an do ” ad Auschwitz. Racconta Sami indicando il numero tatuato sul braccio: “Quando lo vedo sento Tieni duro Sami, tu ce la devi fare”, la frase che suo padre gli disse nella baracca del campo prima di morire. “Un sopravviss­uto non è una persona normale come tutti gli altri, ha una piaga che non si chiude. Ha dei silenzi, delle depression­i, degli incubi. Però è vivo”. La felicità di Sami è andare nelle scuole a raccontare: “C’è la gioia di aver trasmesso qualche cosa di importante. Da che lo faccio sono felice. In questi undici anni io sono felicissim­o”.

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Il regista Walter Veltroni raccoglie i racconti dietro alla telecamera
Sul set Il regista Walter Veltroni raccoglie i racconti dietro alla telecamera

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