“Io, Robespierre e B. su Youtube”
Paolo Pierobon è Berlusconi nella serie Sky
Quasi tre ore, ogni volta, seduto su una sedia. Pazienza e mestiere. “Trucco, calotta, lenti a contatto colorate, la matita, – l’immancabile – fondotinta. Infine un po’ di riempimento per il differente peso”. Sull’altezza si può poco. “Già, sono più alto di lui”. Per il resto, Paolo Pierobon si guardava allo specchio e vedeva riflesso Silvio Berlusconi, il suo personaggio nella nuova fiction prodotta da Sky Atlantic con Wildside e Beta Film 1993 in onda dal 16 maggio sulla tv satellitare.
Dopo Il Caimanodi Moretti, è la prima volta di B. non “macchietta”.
Credo di sì, in questi anni sono state proposte differenti sue interpretazioni parossistiche, e non quelle frutto di una libera visione dell’uomo.
Su cosa o dove lo ha studiato? In primis Youtube. L’ho guardato all’infinito, però ho privilegiato le sue telefonate rispetto ai comizi, la sfera privata e non quella pubblica; la ricerca della persona sul personaggio. Tornare all’essenza, per sottrazione...
Quello l’obiettivo primario, perché con soggetti come Berlusconi il rischio è sempre quello di strafare, lui è un uomo in grado di mutare a seconda del contesto.
È un suo collega... Infatti è un attore, è una persona con un grande istinto empatico, uno che sa come approcciarsi al prossimo per suscitare fascino.
Per lei è stato complicato?
Guardi, ho sfruttato tutto, ogni angolo e possibilità, a un certo punto si è accavallato il mio lavoro teatrale (era in scena con Lehman Trilogy, regia di Luca Ronconi) con le riprese di 1993...
E allora?
Ero preoccupatissimo, non sapevo come riuscire a reggere, a mantenere il livello, poi ho ripensato a un’intervista di Enzo Biagi e a una delle risposte di Berlusconi, quando diceva: “Bisogna dormire quattro ore per notte, non di più”. Così mi sono lanciato e per alcuni giorni ed è andata bene. Aspetti: solo lo spettacolo di Ronconi durava cinque ore.
Tempi alla Ronconi...
Sì, però tutto ciò mi ha realmente aiutato.
Lei ha lavorato molto sulla voce...
Primo perché abbiamo età differenti, poi è fondamentale come impatto e lui non è semplice.
Cosa, in particolare?
Il suo ritmo, tiene aperte tante frasi, ne chiude altre. Lui sfrutta la voce come fos- se jazz, ha una sua musicalità.
Naturale o legata a un passato da pianobar sulle navi da crociera?
Credo da preparazione specifica, anche se alcune doti sono innate.
Lei dov’era nel 1993? Avevo appena finito l’Accademia Paolo Grassi di Milano.
Ed era interessato a quegli sconvolgimenti politici? Sempre. Mi informavo, seguivo, già percepivo la strategia di Berlusconi, il suo impegno nel voler colmare il vuoto di allora, il disorientamento dei cittadini.
Il disorientamento non è stato anche suo? Ronconi, Berlusconi e anche Robespierre a teatro...
È la bellezza di questo lavoro, con l’attenzione a mettere di lato Pierobon, sospendere il proprio giudizio mo- rale, evitare di espandersi oltre i limiti.
Vinicio Marchioni, D’Alema in 1993, ha detto al Fatto : davanti alla macchina da presa esiste la parola “stop”, quella che in teatro non esiste.
Verissimo. Noi dobbiamo vivere il ciak come fosse una “prima”, studiare molto a casa, arrivare preparati e giocarsela fino in fondo. In più è fondamentale fidarsi del regista, quando ti dice “ok, va bene” realmente è “ok, va bene”. Mentre a tea- tro ogni sera aggiungi un pezzettino al percorso. Qual è il rapporto con la macchina da presa?
Non è intellettuale o cerebrale, è più istintivo. Questi sono alcuni degli aspetti sui cui Berlusconi ha basato la sua ascesa. (Resta un attimo in silenzio) Oddio, allora sono posseduto. La mia carriera è finita!
Twitter: @A_Ferrucci
L’ho guardato su YouTube, però ho privilegiato le sue telefonate rispetto ai comizi, la sfera privata e non quella pubblica