Il Fatto Quotidiano

C’è un sospettato per il rogo delle bimbe rom

L’inchiesta sulle tre sorelle (4, 8 e 20 anni) uccise

- » ANDREA PALLADINO

C’è un sospetto per la strage del quartiere romano Centocelle, dove sono morte due bambine e una ragazza rom. Un nome che gli investigat­ori della Squadra mobile della capitale hanno ricavato dai primi interrogat­ori, durati diverse ore e probabilme­nte un volto – o almeno qualche indicazion­e fisica – che gli investigat­ori hanno tratto dai video registrati dai circuiti chiusi.

LA PISTA PUNTAdiret­tamente a uno scontro interno, maturato tra i “campi” di Roma, anche se al momento i contorni della vicenda appaiono ancora nebulosi. Tante sono le testimonia­nze

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La Barbuta, area alle porte di Ciampino, da dove era fuggita la famiglia Halilovic – che riportano di minacce. Su Facebook due giorni prima del raid incendiari­o contro il camper posteggiat­o su via Guattari, di fronte al centro commercial­e La Primavera, erano apparse minacce pesanti contro il capofamigl­ia Romano: “Quando muori nessuno arriverà da te”. Parole scritte da una persona con cognome slavo – che ha tra gli amici sul social diversi esponenti della famiglia Halilovic – due giorni prima dell’incendio, alle quali il padre delle bambine morte nel rogo risponde con un “Non capisco, dimmi”.

Dietro la strage appare la lunga fuga della famiglia Halilovic, terminata nel modo più tragico. Cercavano un luogo lontano dai campi, dove erano facilmente individuab­ili. Quel parcheggio sembrava un angolo sicuro, tranquillo. Forse una sistemazio­ne provvisori­a, in attesa che le acque si calmassero. I tanti fiori sul selciato che si sono accumulati il giorno dopo il rogo dimostrano che la loro morte ha colpito profondame­nte la comunità di Centocelle. Erano gentili, evitavano problemi, raccontano le testimonia­nze raccolte tra i commessi del vicino centro commercial­e. Ricostruir­e il contesto dove può essere maturata la strage non è affatto semplice. Il mondo rom della capitale è frastaglia­to, con un rimescolam­ento di etnie – spesso rivali tra di loro – avvenuto durante la giunta di Gianni Alemanno. All’epoca molti insediamen­ti abusivi vennero chiusi, trasferend­o le famiglie nei pochi campi attrezzati. L’insediamen­to de La Barbuta – da dove erano usci- ti gli Halilovic circa un mese fa – che tradiziona­lmente ospitava soprattutt­o sinti ha visto l’arrivo di famiglie slave, che oggi si dedicano soprattutt­o all’estrazione dei metalli dai rifiuti speciali, come ha raccontato il documentar­io Anello di fumo del 2014. L’altro campo legato alla storia della famiglia distrutta dal rogo è quello di via Salviati, a pochissima distanza dal parcheggio del centro commercial­e Primavera. Da qui venivano i due aggressori della ragazza cinese Zhang Yao, morta dopo uno scippo avvenuto in prossimità del campo il 5 dicembre scorso. E da qui sarebbero arrivate le minacce agli Halinovic, secondo la testimonia­nza di alcuni parenti residenti nel campo di La Barbuta, raccolte in video da fanpage.it.

IERI la Comunità di Sant’Egidio ha organizzat­o una veglia di preghiera per ricordare Francesca, Angelica e Elisabeth, le tre sorelle rom di 4, 8 e 20 anni morte nel rogo. “Oggi nel nostro Occidente, nella nostra Italia, nella splendida città di Roma – ha detto il vescovo Paolo Lojudice, durante l’omelia – nessun bambino può vivere in mezzo alla strada, rosicchiat­o dai topi, arso vivo. Uccidere un bambino è uccidere la società, il futuro, noi stessi. L’amministra­zione pubblica poteva fare di più, ma anche la comunità cristiana, troppo spesso presa da altre cose e troppo discrimina­nte”. Anche se la pista razziale è stata subito scartata, rimane sullo sfondo la condizione di sostanzial­e abbandono e di discrimina­zione nei confronti dei rom e dei sinti, soprattutt­o nella capitale. E ieri sui social non sono mancati i commenti apertament­e razzisti nei confronti delle vittime della strage.

Il vescovo Monsignor Lojudice: “Comune poteva far di più: nessun bambino può vivere così”

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Il padre delle vittime Romano Halilovic, padre delle sorelle rom di 4, 8 e 20 anni uccise nel rogo di giovedì notte
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