Il Fatto Quotidiano

Corbyn si affida al socialismo per non sparire

I giornali avversari anticipano il programma elettorale: nazionaliz­zazioni e welfare

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Qualcuno

– ed è difficile non pensare a “fuoco amico” – ha fatto avere, una settimana prima del lancio ufficiale, le 43 pagine del programma laburista al Daily Telegraph e al Daily Mirror , roccaforti della stampa conservatr­ice. Giorni fa il Telegraph aveva lo scoop di una fronda interna al Labour, con almeno 100 parlamenta­ri pronti a creare un gruppo autonomo se il segretario Jeremy Corbyn non si dimetterà in caso di sconfitta. Retroscena che Corbyn ha definito “spazzatura”; ma le tensioni interne al suo partito non sono una sorpresa.

Qual è la visione di Corbyn per il Regno Unito? “Vogliamo riequilibr­are l’economia e riscrivere le regole di un sistema truccato”. For the many, not the few.

Per molti, non per pochi, come scandisce lo slogan della sua campagna.

E QUINDI: nazionaliz­zazione di ferrovie, compagnie di autobus, Poste e la creazione di nuovi gestori pubblici dell’energia. Abolizione delle tasse universita­rie (oggi fissate a 9 mila pound l’anno) e introduzio­ne di borse di studio. Maggior potere ai sindacati, rapporto massimo di 20 a uno fra gli stipendi più alti e quelli più bassi nei contratti pubblici.

E poi, la costruzion­e di 100.000 case popolari all’anno, 4 mila in cinque anni per i senzatetto.

Sul servizio sanitario, grande buco nero delle finanze pubbliche, promette ulteriori 6 miliardi e un migliorame­nto del servizio. Ma la British Medical Associatio­n ha immediatam­ente replicato che i miliardi necessari sono 10. Altri 8 miliardi sono destinati ai servizi sociali.

Come finanziare tanta spesa pubblica? Aumentando le tasse alle compagnie private e al 5% dei più abbienti: chi guadagna più di 80 mila pound annui (reddito medio nel Regno Unito nel 2016: 28 mila, secondo l’Office for National Statistic). Perfino il Guardian , decisament­e non empatico con il governo in carica, si dice scettico sui calcoli.

QUANTO A BREXIT, il messaggio è meno radicale: l’esito del referendum non è in discussion­e, ma il Labour si im- pegna a “garantire i diritti dei cittadini europei nel Regno Unito, a battersi per conservare i vantaggi del mercato unico e dell’unione doganale e a rifiutare una Brexit senza un accordo con l’Unione europea, favorendo accordi di transizion­e”. Ma anche per questa battaglia servono i numeri in Parlamento.

“Un programma socialista” ha chiosato il conservato­re Times. “Il più a sinistra dal 1983” per il Financial Times.

Il primo commento del primo ministro Theresa May è stato un secco “il Labour vuole riportarci nel passato”. La scelta, l’8 giugno, agli elettori.

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Ansa/Reuters Laburisti in bilico Jeremy Corbyn; sotto, la premier Theresa May e il leader lib-dem Tim Farron
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