Il Fatto Quotidiano

Le monetine in testa a Bettino Craxi E dal “1993” il fango arriva dal cielo

Da martedì 16 maggio, due episodi alla volta su Atlantic. E tutto riparte dall’Hotel Raphael

- » NANNI DELBECCHI

Il 1992 era cominciato con le mazzette che venivano a galla nella tazza del cesso; l’anno seguente comincia con la pioggia di monetine lanciate contro Bettino Craxi davanti all’Hotel Raphael. Adesso il fango piove dal cielo, ma tutto resta sottosopra. È la sera del 30 aprile 1993; Silvio Berlusconi, parlando con l’uomo di fiducia di Marcello D e ll ’ Utri, il pubblicita­rio rampante Leonardo Notte (alias Stefano Accorsi), elogia il coraggio del vecchio amico che non è voluto uscire dal retro e ha affrontato la folla inferocita. Bettino esce, lui entra da primattore, e siamo solo all’inizio. Anche la seconda stagione della serie prodotta da Sky Atlantic con Wildside e Beta Film ha un attacco fulminante, preso di peso dalla cronaca, e la cronaca di quell’anno così romanzesco (ma meno fatale di quel che apparve) tornerà a fare capolino per singole scene madri, come il cappio mostrato alla Camera dalla Lega, o la caccia di Di Pietro (Antonio Gerardi) alla tangente Enimont: “Becchia- mo tutti in un colpo solo. Diciamo che siamo in guerra: o noi o loro”. Ma, pur procedendo tra flashback e traumi collettivi, queste otto puntate prendono una strada differente e più convenzion­ale; il crollo della Prima Repubblica e Mani Pulite non sono più il perno della narrazione, prendono il sopravvent­o i personaggi immaginati dagli sceneggiat­ori, le storie si affrancano dalla Storia, i destini si incontrano e si incrociano come da copione.

LEONARDO NOTTE, mefistofel­ico consulente di Publitalia, prosegue nella sua missione: trasformar­e l’azienda in partito, il Cavaliere in primo ministro e se stesso in un uomo nuovo. Ha capito che nuovi si diventa, non si nasce: e mai i tempi potrebbero essere più propizi per aspiranti gattopardi. A Milano come a Roma è un girotondo di vizi privati e pubbliche virtù, piovono monetine ma anche gli ideali. Il leghi- sta per caso Pietro Bosco (Guido Caprino) scopre che la Lega ce l’ha duro sul serio folgorato sul letto di un trans; la Bibi Maniaghi di Tea Falco, mito vero dei social network, è diventata una donna manager senza più venti di scirocco, il poliziotto malato Luca Pastore (Domenico Diele) persevera nella vendetta contro chi gli ha infettato il sangue, dal canto suo Veronica Castello ( Miriam Leone) insiste nelle ambizioni televisive, sogna il Costanzo show , deve accontenta­rsi di Marzullo (Marzullo è l’unico che in 1993 interpreta se stesso, identico a oggi). La metamorfos­i più radicale tocca a Giulia Castello (Elena Radonicich), giornalist­a d’assalto e un po’ secchiona. Tutta un’altra donna, dopo una notte con l’onorevole Bosco: ultimo tango a Montecitor­io, senza nemmeno il burro. La proliferaz­ione di intrecci e l’approfondi­mento dei caratteri è un dovere per ogni serie di levatura internazio­nale, e in effetti gli interpreti appaiono meglio calati nei loro personaggi, per quanto il melodramma e il fumetto li insidino. È visibile, come già in 1992, la modernità del tocco Sky, ma forse fin troppo; un cupo effetto Gomorra che avvolge tutte le anime, un fondo ne- ro di smarriment­o e cinismo che spinge sullo sfondo gli eventi della scena politica, e accentua le pulsioni inconfessa­bili di chi in quella temperie si trova coinvolto.

INEVITABIL­MENTE sommaria anche la morale; dalla caduta degli dèi si salva chi può, in testa la Repubblica delle banane. Il Silvio Berlusconi di Paolo Pierobon è troppo simpatico e troppo filosofo per non rivelarsi micidiale, mentre Notte si ritrova a precorrere Denis Verdini come ambasciato­re a Botteghe Oscure della nascente Forza Italia: è vero che la Fininvest è indebitata per quattromil­a miliardi, “ma in politica la guerra non conviene a nessuno.” Accorsi lo dice a un Massimo D’Alema ( Vinicio Marchioni) più lungimiran­te del solito, che non gli dà una lira. L’ipotetica discesa in campo di B. lo fa sempliceme­nte ridere. Un anno dopo, però, riderà un po’ meno.

La strada convenzion­ale Mani Pulite non è più il perno della narrazione, prendono il sopravvent­o i personaggi

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La scena del cappio mostrato dalla Lega nel ’93
Il cappio in aula La scena del cappio mostrato dalla Lega nel ’93

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