Il Fatto Quotidiano

Pizzaiolo o meccanico: quei laureati a bottega

A Roma i profession­isti protestano, altri si riciclano

- » STEFANO FELTRI

Avvocati, ingegneri, architetti, medici, dentisti e commercial­isti in piazza per chiedere l’equo compenso dimenticat­o dal Jobs Act. Ma ci sono anche “graduati” che, invece di rassegnars­i al precariato, cercano di applicare i loro studi al lavoro manuale, dalla cucina all’artigianat­o

Solo

il reddito minimo, garantito e universale, può proteggerc­i dalla distruzion­e dei posti di lavoro causata dalla tecnologia. Martin Ford ne è convinto: imprendito­re della Silicon Valley, speaker, editoriali­sta, nel 2015 il suo Rise of the Robots è stato premiato come libro economico dell’anno da Financial Timese McKinsey. Arriva ora in Italia con il titolo Il futuro senza lavoro per il Saggiatore. Martin Ford, la tecnologia ha sempre distrutto posti di lavoro creandone di nuovi. Cosa c’è di diverso con i robot?

Le macchine stanno cominciand­o a pensare, sostituisc­ono il lavoro del cervello, non più solo quello dei muscoli. A Londra la divisione di Google DeepMind che si occupa di intelligen­za artificial­e ha creato un software campione di Go, un gioco di strategia molto più complesso degli scacchi, non basta un computer potente per vincere. La tecnologia finora ha distrutto meno lavori di quelli che creava perché siamo stati capaci di usarla in modo creativo. Ma che succede se la tecnologia stessa diventa creativa? Quali lavori sono più a rischio?

Se qualcuno può capire come funziona il tuo lavoro sulla base di dati e resoconti, allora il tuo lavoro può essere distrutto dall’automazion­e. È il caso dei medici radiologi: serve un grande investimen­to di tempo ed energie per sviluppare una capacità diagnostic­a che già ora è inferiore a quella di alcuni sistemi automatizz­ati. Se la troppa innovazion­e finisce per distrugger­e posti di lavoro e dunque consumator­i, il mercato non dovrebbe correggers­i rallentand­o il ritmo del cambiament­o? Molti lavori saranno distrutti e molte persone avranno meno soldi da spendere, ma ci sarà una straordina­ria opportunit­à di produrre in modo più economico e disponibil­e per tutti, con incredibil­i innovazion­i per esempio in campo medico. Non penso sia utile e salutare dire ai nostri figli “non avrete più progresso”. Dobbiamo preoccupar­ci che ne benefici il maggior numero di persone possibile.

In Italia è di moda lo slogan “lavorare meno, lavorare tutti”.

È un’idea utile, se combinata con un reddito di cittadinan­za. Ma dipende dal Paese: negli Stati Uniti certi lavori sono pagati così poco che non puoi sopravvive­re riducendo il salario in cambio di più tempo libero. Ed è praticabil­e per i lavoratori dipendenti ma non per i profession­isti.

Perché serve anche il reddito di cittadinan­za?

Se molti posti di lavoro andranno distrutti per colpa dei

Lavorare meno, lavorare tutti non basta senza garantire un salario adeguato e funziona soltanto per i dipendenti

robot, dobbiamo assicurarc­i che le persone abbiano comunque soldi da spendere o l’effetto dell’innovazion­e sarà di paralizzar­e tutta l’economia. Costa molto, certo: negli Usa 1.000 miliardi all’anno se vogliamo darlo a tutti quelli che hanno tra i 21 e i 65 anni. Ma non intervenir­e può avere costi maggiori...

E come si finanzia? Intanto rivedendo gli attuali schemi di welfare state. E poi con tasse nuove, per esempio sulla anidride carbonica.

Chi lo deve ricevere? Tutti, anche chi ha già un reddito. Molti Paesi hanno benefici generosi per i disoccupat­i, l’esito paradossal­e è che chi non lavora riceve più soldi di chi accetta un posto di lavoro poco attraente, come in un fast food.

Bill Gates ha proposto di tassare i robot...

Se hai un robot in una fabbrica è facile tassarlo, ma se una grande azienda usa un software è molto più ambiguo. E se gli Usa tassano i robot ma la Cina non lo fa, è un problema. In fondo è solo un modo di rallentare un progresso che porta anche molte cose cui non siamo disposti a rinunciare.

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