GHIZZONI, QUANTO VALE IL SUONO DEL SILENZIO
Un rogo nel silenzio ha messo fine alla vita di tre povere bambine. Qualcuno più lungimirante di me ha detto: “Un omicidio è sempre un omicidio, ma quando di mezzo ci sono bimbi innocenti, allora si tratta di qualcosa ben al di sotto di qualsiasi comprensione umana”. Uccisioni come queste che dovrebbero “incendiare le coscienze” pressoché dormienti. Si muore di pistola, di fucile, di bombe, ma soprattutto di deliri di onnipotenza. Giornali e televisioni inondano le nostre case di possibilità, occasioni e necessità, senza risolvere nulla: ognuno è padrone delle sue carte truccate, finanche la compassione. È necessario che la nostra lingua diventi l’urlo di ognuno e di ciascuno, una vera e propria ingerenza umanitaria, invasiva e pervasiva con il corpo e con il cuore, ma mai con il fuoco spinto alle spalle come può fare il più vile dei traditori di ogni possibile umanità, anche della più derelitta e sconfitta.
Questo governo deve solo fare una nuova legge elettorale
Gli italiani non riescono più a capire i propri politici, sia di maggioranza che di opposizione. La politica non riesce più a convincere nessuno: l’unica cosa che sa fare è imbrogliare i cittadini e completare le legislature per maturare la pensione. È necessaria una nuova legge elettorale che ci permetta di scegliere i nostri rappresentanti, alla Camera e al Senato. C’è un’esasperazione che potrebbe sfociare in qualcosa di veramente catastrofico. Il popolo chiede a gran voce chiarezza e trasparenza da parte di tutta la politica, dal governo di maggioranza, all’opposizione. A questo ultimo governo spetta solo il dovere di fare la nuova legge elettorale e poi andare alle urne. I cittadini si sono già espressi il 4 dicembre e non vogliono più governi fotocopia. Si realizzerà tutto questo per il bene del nostro Paese, o continueranno a canzonarci?
Non abbiamo proprio nulla da imparare da Barack Obama
Obama a Milano ha parlato di riscaldamento globale, del cambiamento climatico, della difficoltà a produrre cibo. Poi alè! tutti a pranzo. Sembrava uno spettacolo di Crozza: c’erano proprio tutti. Uuno spettacolo ridicolo, costoso e affatto divertente. Invitate ben altri professori ed esperti mondiali. “QUI QUELLO CHE CONTAnon sono i fatti concreti, perché alla fine non è accaduto niente, ma la ricostruzione dell’atmosfera e delle percezioni che i protagonisti della crisi bancaria hanno sull’attitudine di Renzi e Boschi”. “SU CIÒ DI CUI NON SI PUÒ PARLARE si deve tacere”: non sappiamo se il banchiere Federico Ghizzoni nel suo risoluto ed eroico silenzio si sia ispirato all’aforisma del filosofo Ludwig Wittgenstein. Fatto sta che da giorni al centro delle rivelazioni contenute nel libro di Ferruccio de Bortoli sulle “richieste” dell’allora ministro Maria Elena Boschi per il salvataggio di Banca Etruria, l’ex ad di Unicredit ha di colpo perso la favella. Invano i suoi cari tentano di sottrarlo con amorevole sollecitudine al persistente mutismo con le domande più innocenti sulle pietanze da servire a tavola: tesoro, preferisci pasta o riso, carne o pesce? Invano cercano di impietosirlo: un sì o un no, ti prego. Ma lui imperterrito, niente. Ghizzoni non apre bocca ed evita perfino di comunicare con cenni del capo o con lo sbattere delle palpebre per evitare qualsiasi interpretazione malevola sul controverso caso.
Visto che siamo in vena di citazioni, può darsi che l’accorto uomo di finanza si ispiri ai cauti dettami di Miguel de Cervantes (“Contro chi tace non c’è castigo né risposta”). Oppure che la risposta riguardo l’autenticità di quanto scritto dall’ex direttore del “Corriere” sia proprio nel suono del suo silenzio, come cantavano Si- DIRITTO DI REPLICA Nell’articolo intitolato “Il ritorno dei Monti viventi: Italia, Ue e giornali” ( Il Fatto Quotidiano, 13 maggio), Marco Palombi afferma che “la vittoria di Emmanuel Macron ha di nuovo liberato gli spiriti animali di un certo establishment italiano: sui giornali c’è voglia di Monti o, meglio, di “un” Monti. Il ritorno del professore in carne e ossa è escluso dalla débâcle elettorale della sua lista, ma lo spirito che lo impose [...] è vivo e vegeto”. Mi permetto di dissentire parzialmente dall’autore e, al tempo stesso, di rassicurarlo totalmente. Non concordo con il giudizio di “d é bâ cl e e l e tt o r al e ”. Comunque si valuti il risultato (10% circa) di Scelta Civica nel febbraio 2013, esso ha consentito che si realizzasse il nostro obiettivo essenziale: che la composizione del nuovo Parlamento non permettesse la formazione di una maggioranza e di un governo, di destra o di sinistra, che allontanassero l’Italia dalla via dell’Europa, delle riforme, del risanamento del bilancio pub- ANTONIO PADELLARO mon & Garfunkel. Che insomma chi tace acconsente, per dirla in parole povere. Una spiegazione più strutturata nel contesto della nostra storia contemporanea ce la fornisce Alessandra Sardoni nel recente saggio “Irresponsabili” (di cui Stefano Feltri si è occupato su queste pagine), che ha come eloquente sottotitolo: “Il potere italiano e la pretesa dell’innocenza”. La tesi dell’autrice è semplice ma corroborata dai racconti esemplari: dagli eventi del tragico G8 di Genova ai casi dei ministri Lupi e Cancellieri. Per stabilire in conclusione che qui da noi “la responsabilità individuale, nelle sue dimensioni politiche ed etiche, è l’oggetto di multiformi tecniche di elusione e di stratificati (e autodifensivi) aggiustamenti che fanno sì che chi sbagli non paghi”.
C’è una frase del libro che sembra cucita precisa sulla Boschi: “Scartare la responsabilità individuale è funzionale alla conservazione del potere, qualunque esso sia”. Mentre là dove si parla “dell’irresponsabilità che deriva dal consociativismo e dall’opacità della catena di potere, con gli imputati ‘incolpevoli’ che ottengono addirittura posizioni di maggior prestigio”, non si può non pensare al benemerito Ghizzoni acqua in bocca. Se resiste lo faranno sicuramente governatore di Bankitalia.
00184 Roma, via di Sant’Erasmo n°2 lettere@ilfattoquotidiano.it blico. Se l’esito delle elezioni avesse consentito l’una o l’altra di tali maggioranze, la legislatura non avrebbe visto la nascita dei governi Letta, Renzi e Gentiloni. A Palombi sono forse sfuggite queste implicazioni del voto, pur modesto, per Scelta Civica. Ma non ad altri, come ad esempio il Presidente Berlusconi. In una conversazione riportata da La Stampa del 18 settembre 2014, colui che con vigore aveva guidato alle elezioni la coalizione Forza Italia- Lega- Fratelli d’Italia affermava schiettamente: “Se ho perso le elezioni del 2013, la colpa è di Mario Monti, il quale, se si fosse alleato con il centrodestra come gli avevamo proposto, avrebbe cambiato l’esito delle urne. Invece Monti alle elezioni andò da solo con Scelta civica e la storia della politica italiana è cambiata”.
Detto questo, vorrei tranquillizzare Palombi. Convengo pienamente con lui che “il ritorno del professore in carne e ossa è escluso”. È stato un onore venire chiamato a guidare il governo in un momento di emer- genza per il nostro Paese e di “ritir o” della classe politica. Confido che una situazione così grave non si ripresenterà. In ogni caso, considero di avere “già dato” il mio modesto contributo. Professore, ci permetta di rassicurarla a nostra volta: avevamo capito a cos’era servita Scelta Civica. Tanto è vero che temiamo – dopo il grande successo per cui milioni di voti contro l’austerità si sono tradotti in nuova austerità – si voglia ripetere l’esperimento anche stavolta. L’intervento di Massimo Novelli su Il Fatto Quotidiano d e ll ’ 8 maggio 2017, “Risparmiateci la favola del Valletta partigiano”, merita alcune puntualizzazioni. Il mio saggio “Una trama sottile. Fiat: fabbrica, missioni alleate e Resistenza” si colloca nell’alveo dei lavori storiografici di Castronovo, di Bairati ed altri. Aggiunge ed offre nuovi documenti, evidenze testimoniali ed archi- vistiche. Ho osservato il periodo tra 1943 e 1945. Attraverso una dettagliata indagine sulle relazioni fra la proprietà e il management Fiat, le missioni alleate del SOE e dell’OSS presenti in Piemonte, con la Resistenza viene ricostruita una trama articolata che segnò quel periodo e portò alla Liberazione, dai finanziamenti alle coperture e protezioni. Il lettore attento ed avvertito di queste pagine non può certo concludere nè per un Valletta partigiano e nè per un semplice doppio gioco di Fiat. La realtà storica è stata più complessa. La mia ricerca pone in evidenza come Fiat abbia svolto un ruolo chiave in Torino nel biennio ‘43- ‘45. Rammento la figura di Aurelio Peccei, dirigente Fiat e resistente di GL, picchiato e impriogionato dai fascisti; il ruolo determinante di Giancarlo Camerana e della moglie Laura Nasi, le attività di collegamento con l’antifascismo di Giovanni Visconti Venosta, di Carlo Schmidt, di Benedetto Rognetta, di Paolo Ragazzi, di Giulio Foglia, di Guadenzio Bono, di Arnoldo Fogagnolo non furono episodiche; il documento del 29 aprile 1943 (Gli inglesi e i problemi economici del dopoguerra) rinvenuto nell’Archivio storico Fiat prova come nella dirigenza e nella proprietà vi fosse già un nuovo atteggiamento antifascista; Paolo Ragazzi, fedele dirigente di Valletta, costituì a settembre 1943 nel Monferrato, ad Alfiano Natta, i primi nuclei di Resistenza e poi, grazie sempre a Valletta, tessè preziose collaborazioni con l’OSS americana e con varie formazioni partigiane. Attribuire il comportamento di Valletta e di Fiat verso la Resistenza solo a tattica e doppio gioco, mi pare un’interpretazione errata che non coglie, invece, come vi sia stata una nuova consapevolezza originata anche dalla determinazione delle maestranze e dal contesto sociale di Torino. Ringrazio Massimo Novelli per l’attenzione data da anni al recupero storico e documentale delle vicende resistenziali.
Antonio Padellaro - il Fatto Quotidiano
Le scelte partigiane di alcuni dirigenti della Fiat, come la decisione, da parte dei vertici aziendali, di finanziare la Resistenza, non cambiano il giudizio storico complessivo sui rapporti fra Fiat e nazifascismo fino all'8 settembre 1943. Poi le cose cambiarono. Ma, come ricorda Giorgio Bocca ne “Il provinciale”, il “doppio gioco” di Vittorio Valletta “nei venti mesi di occupazione tedesca era stato opportunistico, mirato alla difesa dell'azienda”.