Addio a Beha, il giornalismo senza guinzaglio
1949 - 2017 Muore all’improvviso una delle firme più scomode della stampa italiana, tra i fondatori del Fatto Quotidiano
Questa Oliviero non ce la doveva fare. Lo so, era ruvido, scontroso, sarcastico, un po’ rompicoglioni ( come tutti noi peraltro), ma andarsene così, di colpo, proprio no: non si può. Ieri, quando i famigliari – a cui va l’abbraccio più affettuoso di tutta la squadra del Fatto Quotidiano– ci hanno avvertiti, abbiamo pensato a uno scherzo. Perché Oliviero ne era capace. Ah sì, tagliate una riga al mio pezzo? E io vi faccio credere che sono morto. Invece purtroppo era vero. Ci eravamo conosciuti, con Antonio Padellaro e lui, ai tempi dell’Unità, quando era ancora un giornale, per una storia di ordinaria censura alla Rai.
VENIVA DALLA CARTA stampata e vi era affezionato. Nato a Firenze nel 1949, lauree in Filosofia e Storia medievale, Beha aveva mosso i primi passi nel 1973 aTuttosporte aPaese Sera. Scriveva di sport, e lo praticava anche: era un ottimo mezzofondista. Poi passò a Repubblica, fin dalla fondazione, inviato di sport e di società in giro per il mondo. Fino al famoso scoop, a quattro mani con Roberto Chiodi, sul Mundial di Spagna del 1982 viziato dalla combine con il Camerun. Scoop che non piacque al direttore- fondatore Eugenio Scalfari, con cui Oliviero ebbe uno dei suoi epici scazzi e se ne andò sbattendo la porta. I suoi lettori lo ritrovarono su Rinascita, il Messaggero, il Mattino, l’Indipendente, da quel randagio del giornalismo di razza senza guinzagli che è sempre stato. Intanto nel 1987 Andrea Barbato l’aveva voluto con sé in tv a Va' pensiero e poi, dal 1989, a Fluff-La Gazzetta dello Spot, sempre su Rai3. Divenne un volto televisivo e inventò Un terno al lotto, primo programma che metteva in contatto le domande e le offerte di lavoro, e diede un’occupazione a migliaia di persone. Poi nel 1992 passò alla radio e lanciò il suo fiore all’occhiello: Radio Zorro, un difensore civico che ogni mattina denunciava scandali, inquinamenti, abusi di potere ed edilizi, maltrattamenti, malasanità, truffe, soprusi di ogni tipo al servizio dei cittadini e dei consumatori che intervenivano in diretta (e nel '95 inglobò la storica testata di “3131”, per poi approdare anche in tv su Rai3 con VideoZorro): record di ascolti e di chiamate. Ma anche di grattacapi per il governo e di proteste politiche: infatti, appena il centrosinistra vinse le elezioni, provvide subito a chiudere entrambe le testate e a confinare Beha a notte fonda, col trisettimanale radio
Attenti a quei tre, sui problemi della giustizia.
DAL 1998 RIECCOLO con un quotidiano su Radio1 con Ra
dioacolori e poi con Beha a colori, che riprendono il meglio di RadioZorro. E infatti arriva di nuovo la censura: nel 2004 si chiude per ordini superiori. Stavolta targati centrodestra, con lungo strascico di carte bollate. È lì che Oliviero e io ci incontriamo. Voglio raccontare il suo caso nel libro Regi
me che sto scrivendo per Bur-Rizzoli con Peter Gomez. E gli propongo di scrivere sull’Unità di Colombo e Padellaro, non più organo di partito, ma oasi di libertà e campo profughi per tutti i cani sciolti e gli epurati dell’èra berlusconiana. Oliviero mi racconta che, dopo una vita passata a sinistra, da un po’ di tempo lo scambiano per uno di destra e infatti, col ritorno di B. al governo nel 2001, tutti lo davano in sicura ascesa. Solo perché, in una dura polemica col sindacato Fnsi, l’avevano sostenuto – suo malgrado – Lega e Forza Italia. E nel 2002 è stato nominato vicedirettore di Raisport dal presidente Antonio Baldassarre con la promessa di dirigere presto l’intera testata. Ma appena ha tentato di far luce sulle malversazioni e le pubblicità occulte nei programmi sportivi, è stato silurato su due piedi, con due procedimenti disciplinari, revoca dell’incarico e chiusura del programma. Si è scontrato col dg Flavio Cattaneo e soprattutto col direttore di Raisport Fabrizio Maffei. Una sera Berlusconi telefona alla Domenica Sportiva e monologa per 20 minuti sugli schemi d’attacco del Milan. Un’eternità. Polemiche a non finire. Passa qualche giorno e il premier torna a pontificare sul Milan inaugurando un ospedale. Beha, nel notiziario sportivo, monta un servizio di copertina sulle troppe presidenze del Cavaliere, titolo: “Presidente, ma quale?”. Maffei s’infuria e la Rai cerca il ca
sus belli, che arriva quando Oliviero racconta a Striscia la
n ot i z ia , in un servizio sulle pubblicità occulte di Raisport, che l’hanno fatto fuori. I panni sporchi si lavano in famiglia. Anzi, non si lavano proprio.
COSÌ, OSCURATO e zittito dalla Rai, trova voce sull’Unità. Scrive libri per Chiarelettere ( Volevo essere Pasolini e Ita
liopoli ), debutta a teatro con un recital, si impegna da intellettuale senza padroni nella stagione dei Girotondi, quando la società civile sembra prendere forza e coraggio. E nel 2009, quando nasce il Fat
to, è naturalmente con noi fin dal primo giorno, con i suoi pezzi e le due rubriche: quella di politica e costume “Il badante” e quella sportiva “Ogni maledetta domenica”. Sportiva, poi, si fa per dire, perché Oliviero era uno dei pochi giornalisti che partivano anche dal più piccolo episodio sportivo per tratteggiare grandi squarci antropologici sui pregi e i difetti della società italiana. I suoi calembour, i suoi moccoli, le sue sfuriate, le sue rasoiate sempre contropelo ci mancano già adesso, a poche ore da quella maledetta notizia. Figurarsi da domani. Grazie di tutto, Zorro.
PRIMA I GIORNALI, POI RADIO E TELEVISIONE Dallo scoop sui Mondiali truccati nel 1982 alle censure in Rai per troppa autonomia: una carriera senza padroni
SQUARCI ANTROPOLOGICI
Era uno dei pochi giornalisti capaci di partire dal più piccolo episodio sportivo per raccontare la società italiana