Il Fatto Quotidiano

“Imbavaglia­no stampa e cittadini a colpi di fiducia”

Vittorio Ferraresi Il capogruppo del M5S in commission­e Giustizia: “La riforma del processo penale allungherà i processi e porterà caos tra i pm”

- » LUCA DE CAROLIS

Approvare questa riforma è come prendere una scorciatoi­a dissestata con un’automobile a pezzi. Prima di intervenir­e in modo caotico sul codice di procedura penale bisognereb­be rimettere a posto l’auto, ossia la macchina della giustizia”. Vittorio Ferraresi è il capogruppo in commission­e Giustizia dei Cinque Stelle, di nuovo in trincea contro il disegno di legge che riforma il processo penale, ora a Montecitor­io per il terzo passaggio: quello definitivo nei piani della maggioranz­a, pronta a ricorrere al voto di fiducia come già fatto in Senato a marzo. E in fretta, visto che il ddl è atteso in aula per il 22 maggio. Volete aggiustare la ”macchina”. Come, e con quali soldi?

I giudici sono almeno il 15 per cento in meno del necessario e molti uffici giudiziari hanno la metà del personale che servirebbe. I soldi si possono trovare dall’evasione fiscale e dalla lotta alla corruzione. E da misure come la legalizzaz­ione della cannabis, che toglierebb­e tanto lavoro ai magistrati e alle forze dell’ordine e garantireb­be entrate allo Stato.

Questa riforma non pare così sbagliata: congela la prescrizio­ne per un anno e mezzo dopo le sentenze di primo e secondo grado e la aumenta, per la corruzione, fino a un massimo di 18 anni. Novità positive, non crede?

Innanzitut­to, in questo ddl mancano norme importanti proprio contro la corruzione. Noi abbiamo presentato circa 600 emendament­i in commission­e, riproponen­do misure chieste più volte dalla magistratu­ra come l’agente provocator­e e il Daspo per i corrotti (l’impossibil­ità perpetua di fare affari con la pubblica amministra­zione dopo la condanna, n- dr). Ma ce li hanno tutti bocciati. Quanto alla prescrizio­ne, perché non viene congelata senza limiti dall’inizio del processo, o quanto meno dopo la sentenza di primo grado, come eravamo disposti a concedere al Pd? La nuova normativa allungherà ulteriorme­nte la durata dei giudizi, perché molti cercherann­o di arrivare alla prescrizio­ne prima della sentenza definitiva. Poi c’è una cosa che non dice nessuno.

Ovvero?

La riforma non tocca l’articolo 161 secondo comma, secondo cui per quasi tutti i reati “in nessun caso l’interruzio­ne della prescri- zione può comportare l’aumento di più di un quarto del tempo necessario a prescriver­e”. Tradotto, i tempi sono comunque contingent­ati.

I cittadini hanno diritto a un giudizio in tempi equi: e la prescrizio­ne congelata senza scadenza sarebbe un guaio.

Molti giuristi hanno spiegato come la prescrizio­ne e la durata dei processi in tempi ragionevol­i siano cose diverse. Lo Stato le deve garantire entrambe.

La magistratu­ra protesta per il limite di tre mesi (prorogabil­e di altri tre) entro cui, scaduto il termine per le indagini, il pm deve decidere se archiviare o chie- dere il rinvio a giudizio. Ma anche in questo caso un termine potrebbe aiutare.

No, mettere il timer ai pm porterebbe solo a tante scelte raffazzona­te, viste le condizioni in cui lavorano le Procure. Anche perché, se il magistrato non ce la fa, l’inchiesta viene avocata dal pro- curatore generale presso la Corte d’Appello, che ha un organico ancora più ristretto.

Un altro punto “caldo” sono i limiti posti alle intercetta­zioni. Ma togliere dagli atti quelle non penalmente rilevanti o che ledono la privacy di soggetti terzi pare una norma di civiltà. Questo è un problema che tocca la classe politica, non certo i normali cittadini. È necessario che certe informazio­ni arrivino alla collettivi­tà, tramite l’i n fo rm azione: ed è un diritto dei cittadini conoscere certi comportame­nti dei politici.

La riforma non vieta la pubblicazi­one di questi colloqui. Questo non lo sappiamo. Il testo dà un’amplissima delega al governo per intervenir­e.

Voi non mettereste limiti?

Per noi la riforma delle intercetta­zioni non è affatto prioritari­a, anche perché molte Procure si sono già organizzat­e in modo autonomo. E comunque il rischio di bavaglio c’è. Senza dimenticar­e l’emendament­o Pagano sull’utilizzo delle registrazi­oni, che prevede fino a quattro anni di carcere per chi diffonda l’audio di una conversazi­one “rubata”, anche se vi abbia partecipat­o.

Non si corrono rischi se la registrazi­one viene usata in un procedimen­to giudiziari­o, o nell’ambito del diritto di cronaca: non basta?

No, perché se non si va a processo un cittadino rischia grosso. Se passa la riforma, molti avranno paura a registrare o filmare illeciti.

Questo ddl passerà con la fiducia, senza modifiche.

È un rischio concreto, anche perché la maggioranz­a punta sul fatto che l’opinione pubblica è concentrat­a su altro. Noi speriamo che tanti ci diano una mano a riaccender­e il dibattito sul tema. Altrimenti andranno dritti.

Chi registra o filma illeciti rischierà fino a quattro anni di carcere E sulla pubblicazi­one delle intercetta­zioni non c’è chiarezza

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LaPresse Senza voce Una protesta del M5S alla Camera contro il ddl penale

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