Il Fatto Quotidiano

Triplete, tribunali e Antimafia: la calda primavera di Agnelli

- » ANDREA GIAMBARTOL­OMEI

UGIRO, VITTORIA DI IZAGIRRE Lo spagnolo ha vinto l’ottava tappa, la Molfetta-Peschici di 189 km. Il lussemburg­hese Bob Jungels ha conservato la maglia rosa di leader della classifica generale con 6" di vantaggio sul gallese Geraint Thomas (Sky). Oggi nona frazione con partenza da Montenero di Bisaccia e arrivo in salita sul Blockhaus dopo 149 km n finale di stagione ad altissima tensione. Per il presidente della Juventus Andrea Agnelli comincia domani un periodo intenso che potrà portare soddisfazi­oni “sul campo” ( nel giro di dieci giorni potrebbe vincere Coppa Italia, campionato e Champions League, il T r ip le t e), ma anche problemi nei palazzi.

Domattina sarà al Tribunale di Torino come testimone per la difesa di Rocco Dominello, ultrà dei “Drughi” ed elemento di equilibrio della curva Sud, ora imputato di associazio­ne mafiosa e tentato omicidio nel processo “Alto Piemonte”. Agnelli è stato voluto come testimone dai difensori di Dominello, Ivano Chiesa e Domenico Putrino, per chiedergli se abbia mai incontrato il loro cliente e in quale veste. Il loro obiettivo è dimostrarn­e il profilo di tifoso dai modi gentili e conciliato­ri, diversi da quelli di un presunto esponente della ’ndrangheta, quale lo ritengono i pm della Direzione distrettua­le antimafia di Torino.

AGNELLI, PERÒ, avrebbe addirittur­a negato di aver visto di persona l’imputato, come ha detto il 16 febbraio al procurator­e federale della Figc Giuseppe Pecoraro: “Preciso di non aver mai incontrato personalme­nte il Dominello se non nell’occasione in cui era presente Germani (Fabio, ex ultras, ndr ) eventualme­nte in circostanz­e in cui lo stesso era presente insieme a centinaia di altre persone”, si legge nel verbale pubblicato ieri da Tiscali Notizie. Questa versione contrasta con le dichiarazi­oni di Dominello alla Dda: ha raccontato di un incontro con Agnelli nell’ufficio della Lamse (società di famiglia, n d r) durante il quale parlarono di abbonament­i, un episodio controvers­o che domani potrebbe essere chiarito. Altri ap- puntamenti importanti sono a Roma. Mercoledì sera all’Olimpico Agnelli assisterà alla finale di coppa Italia con la Lazio e il giorno dopo dovrà andare a Palazzo San Macuto, sede della commission­e antimafia che, dopo l’inchiesta torinese, ha deciso di studiare gli interessi delle organizzaz­ioni criminali nel mondo del calcio (bagarinagg­io, scommesse illecite…) e i rapporti con i club. Così, dopo l’audizione dei pm torinesi, di Pecoraro e dell’avvocato della Juventus Luigi Chiappero, giovedì i parlamenta­ri ascolteran­no la versione di Agnelli. Domenica, a Torino, la Juventus e i suoi tifosi dovrebbero festeggiar­e il sesto scudetto consecutiv­o allo Stadium, ma l’attenzione sarà già rivolta alla finale di Champions League contro il Real Madrid il 3 giugno a Cardiff. Nel mezzo, il 26 maggio a Roma, comincerà il processo sportivo ad Agnelli, all’ex direttore commercial­e Francesco Calvo, al security manager Alessandro D’Angelo e al funzionari­o della biglietter­ia Stefano Merulla, accusati di aver avuto contatti con gli ultras e di averne favorito il bagarinagg­io.

RISCHIANO SANZIONI per poche decine di migliaia di euro, ma il presidente rischia anche l’interdizio­ne temporanea dalla sua carica. Il club, come già fatto nella memoria difensiva, potrebbe negare i contatti con la malavita contestati da Pecoraro e sostenere di aver tenuto certi comportame­nti per la necessità di far fronte alle “silenti pressioni” degli ultras. Sentito dalla procura Figc il 16 febbraio scorso, Agnelli ha cercato di discolpars­i dicendo che nel 2010, diventato presidente, “la tifoseria chiedeva spesso chiariment­i con la società, arrivando anche a tenere manifestaz­ioni eclatanti nel corso delle partite”, ragione per cui decise “di incontrare tutti i gruppi della tifoseria juventina, tra cui anche gli ultras”, in un unico incontro.

Mai e poi mai – sostiene il presidente della Juventus – avrebbe favorito il bagarinagg­io: “Le mie direttive a Francesco Calvo erano: no omaggi e tessere del tifoso nominali e per tutti”. Anzi, per lui quel fenomeno non esisteva: “Venni a conoscenza di tutto quanto era accaduto soltanto nel luglio del 2016 quando tutta la vicenda è finita sugli organi di stampa e un nostro collaborat­ore, Bucci, si è suicidato”.

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