Dalla Prima
Ma
la nuova frontiera del giornalismo esclude categoricamente la verifica delle notizie: i fatti non devono disturbare le opinioni. Era già avvenuto quando Corriere, Repubblica e Messaggero tagliuzzarono un sms di Di Maio alla Raggi per fargli dire il contrario di ciò che aveva detto su Marra e dargli del bugiardo: se l’avessero chiamato per controllare, non avrebbero potuto dargli del bugiardo, perché quello avrebbe messo a loro disposizione l’sms integrale, come poi fece dimostrando che i bugiardi erano loro.
La Stampanon ha dubbi: “Tiziano Renzi seppe dell’inchiesta da un giornalista”. E il capitano Scafarto è certamente in malafede, perché “non vede cose evidenti, che erano sotto i suoi occhi”. Quali? Le “due conversazioni telefoniche” in cui babbo Renzi “aveva detto apertamente di aver avuto la notizia dal giornalista del Fatto Marco L il l o ”. Certo, “potrebbe aver saputo dell’indagine anche da altre persone”. Ma va? C’è la testimonianza giurata di Lorenzini che parla del generale Saltalamacchia e racconta di averlo sentito parlare a inizio ottobre con Tiziano dell’inchiesta di Napoli nella famosa “braciolata” a Rignano: questo però La Stampa non lo ricorda, altrimenti le crollerebbe tutto l’articolo e non potrebbe scrivere che “sorge spontanea la domanda sul perché l’ufficiale non abbia riportato nell’informativa le telefonate in cui Renzi sosteneva di essere stato informato dal giornalista”. Una versione 2.0 della regola aurea del giornalismo “i fatti separati dalle opinioni”: via i primi per non smentire le seconde.
Il Messaggero, bontà sua, scrive che nemmeno i pm di Roma credono alla patacca su Lillo. Ma, per non perdere l’abitudine, piazza un’altra balla: la mancata annotazione della patacca su Lillo sarebbe uno degli “altri falsi” contestati al capitano. Invece l’unico falso finora accertato è il titolo del Messaggero: a Scafarto i pm non hanno contestato nuovi falsi oltre ai due del primo avviso di garanzia (lo scambio Romeo-Bocchino e la spia che non era una spia).
E così, mentre tentano di dimostrare che Scafarto sbagliò e omise in malafede, i giornaloni fanno di tutto per dimostrare che in malafede sono i loro errori e le loro omissioni, ribaltando e nascondendo elementi d’indagine che conoscono benissimo. Ma noi, a dispetto del l’evidenza, ci ostiniamo a credere che siano solo dei gran boccaloni. E, sperando che ci caschino, regaliamo loro altri due scoop mondiali, ovviamente occultati da Scafarto. Ricordate Marroni che fa bonificare gli uffici Consip dalle microspie del Noe? Maroni non fu avvertito dal suo presidente Ferrara, a sua volta avvisato dal generale Del Sette: la talpa era Ferruccio de Bortoli che ora, per confondere le acque, tira dentro al caso Etruria quella santa donna della Boschi. Ricordate i due pizzini recuperati dal Noe nella spazzatura del gruppo Romeo con su scritto “30 mila euro al mese a T. e 5 mila ogni due mesi a C.R.”? Non li ha scritti Alfredo Romeo: sono stato io, nascosto in un cassonetto. Cari colleghi, già pregustiamo i vostri titoli di dopodomani: non deludeteci.