Il Fatto Quotidiano

Trenta di questi Saloni: il Libro Pride di Torino

DAL 18 AL 22 MAGGIO Doveva essere l’inizio della fine di una storia cominciata nel 1988, invece l’edizione numero 30 nasce in un clima di entusiasmo impensabil­e solo pochi mesi fa

- » STEFANO CASELLI

Te Ka è un mostro di lava in mezzo all’Oceano, in collera con il mondo intero e dall’aria piuttosto infelice. Te Fiki era l’isola madre in grado di creare la vita. Un temerario semidio le rubò il cuore e di lei non si seppe più nulla. Vaiana, giovane erede al trono della piccola isola di Motunui, viene scelta dall’Oceano per restituire il cuore di Te Fiki. Vaiana obbligherà il semidio a seguirla e, dopo mille peripezie, scoprirà che Te Ka altro non è che Te Fiki senza cuore. Una volta rimesso al suo posto, la lava ritorna vegetazion­e rigogliosa e dal volto incandesce­nte del mostro incazzato rinasce il dolce viso della dea.

È LA TRAMA di Oceania, l’ultimo film Dysney, ma sembra una perfetta metafora della Torino degli ultimi 12 mesi: TeKaè la città dell’ estate 2016, Te Fiki quella di queste settimane. Il cuore – rubato da un semidio milanese – non è un’ametista ma un libro di carta. A rimetterlo al suo posto, nel ruolo di Vaiana, il capobanda Nicola Lagioia, non a caso barese.

Sembrava impossibil­e, per una città permaloset­ta e affetta da ricorrente sindrome da abbandono. Eppure sta accadendo: il 30º Salone del Libro, complice anche il mezzo passo falso di “Tempo di Libri” del semidio Milano, nasce sotto i migliori auspici, con un entusiasmo che non si respirava da tempo: “Ricordo mesi fa quando presi il taxi per andare in aeroporto – racconta ridendo il direttore del Salone Nicola Lagioia, che sotto la Mole si è trasferito in pianta stabile – Il tassista attaccò un lamento sullo scippo del Sa- lone da parte di Milano. Allora mi presentai, gli dissi ‘Sono il direttore sa? Vedrà che si sbaglia...’. Nulla, non mi calcolò affatto e proseguì sulla stessa linea. Quando sono arrivato c’era una tale situazione di terrore che avevamo studiato soluzioni scenografi­che per coprire i vuoti al Lingotto. Invece abbiamo dovuto allargare l’area espositiva”.

Da giovedì 18 a lunedì 22 maggio quello che avrebbe dovuto essere il Salone del de

profundis si preannunci­a invece un’edizione da record: 469 espositori (nel 2016 erano 338) per un totale di 1.060 case editrici, spazi commercial­i superiori, numero di biglietti venduti online che hanno già superato la cifra complessiv­a dello scorso anno. Meglio di così non si poteva iniziare. Per capire le ragioni di un colpo di reni per molti insperato, è utile chiacchier­are con Nicola Lagioia: “Com’è stato possibile? Principalm­ente per un motivo identitari­o. Il Salone è uno dei simboli in cui questa città si riconosce. Alla prima conferenza stampa dopo lo ‘scippo’ di Rho non sapevamo dove mettere la gente: a palazzo Madama c’erano 3 mila persone e certo non erano tutti addetti ai lavori. Poi c’è una ragione economica: il Salone costa trai3 e i 4 milio nidi euro ma genera un indotto, secondo i calcoli della Camera di Commercio, di 53 milioni”. C’è però una ragione sentimenta­le che tocca prima di tutto il cuore di chi di letteratur­a vive: “Al Salone – ancora Lagioia – ci sono sempre stato, da lettore e da addetto ai lavori. Le varie edizioni sono un calendario sentimenta­le: a quell’edizione ero fidanzato con… a quell’altroa ero già spostato...”.

SULLA STESSA lunghezza d’onda Giuseppe Culicchia, torinese doc che del Salone curerà “Festa mobile” del Salone Off: “Noi scrittori abbiamo quasi tutti un rapporto affettivo con Torino: qui abbiamo presentato il primo libro, qui ci siamo trovati per la prima volta davanti a un pubblico. Per la mia parte di programma soltanto in un caso mi sono sentito dire di no… Gli altri hanno accettato di partecipar­e tutti”.

Un’altra novità, per una città di rito rigorosame­nte oligarchic­o, è stato il lavoro di squadra: “Molti hanno sorriso – ricorda Culicchia – quando comunicamm­o che il Salone avrebbe avuto 14 curatori, c’era chi scommettev­a sul fallimento, troppe teste. Invece sono saltate fuori le idee. Per fare qualcosa di nuovo mantenendo ciò che di buono è stato fatto. Perché non si buttano via 30 anni. Certo, gli ultimi 18 hanno avuto una sola guida ed era il tempo di cambiare, ma il Salone non era quel regno di solo malaffare che a un certo punto sembrava essere diventato”.

A denti stretti, alla fine, quasi viene da ringraziar­e “quelli di Rho”, come con poca delicatezz­a si identifica il “Tempo di Libri” milanese sotto la Mole: “La concorrenz­a fa bene – ancora Lagioia – Mi chiedono spesso se due saloni possano coesistere; io rispondo pure quattro, a patto che la pluralità non sia frutto di una spaccatura. Sarebbe bello andare anche dove i lettori sono di meno, cioè al Sud. Ma queste non sono cose che possiamo decidere noi bisognereb­be chiedere a loro”.

In fondo – già dal logo disegnato da Gipi, un libro che scavalca un muro e dal titolo “Oltre il Confine” – l’idea del Salone diffuso è già ben radicata. Per coinvolger­e la città – oltre i tradiziona­li appuntamen­ti (oltre mille) del Lingotto che quest’anno chiuderà i battenti alle 20 invece che alle 22 – i 14 cervelli hanno lavorato parecchio. Il Salone Off promette bene: lettura d’alta quota a 150 metri da terra sulla mongolfier­a del Balòn, oppure ( quasi) sottomarin­e a bordo dell’ultimo esemplare di sommergibi­le della Grande guerra intatto in Europa (ebbene sì, a Torino, attraccato sul Po, esiste anche quello), perfino al cimitero monumental­e, rigorosame­nte al calar della sera.

IL DIRETTORE NICOLA LAGIOIA ”La Fiera del Lingotto è un simbolo, come la Mole. La gente ha avuto una reazione fortemente identitari­a”

IL TORINESE GIUSEPPE CULICCHIA “Gli scrittori italiani hanno un legame sentimenta­le: tra tutti quelli contattati, solo in un caso c’è stato un rifiuto”

Parrebbe un’edizione da record: 469 espositori (nel 2016 erano 338) per un totale di 1.060 case editrici, 1.200 appuntamen­ti sparsi tra 30 sale

A denti stretti quasi viene da ringraziar­e “quelli di Rho”, come con poca delicatezz­a qui si chiama la fiera milanese: “La concorrenz­a fa bene”

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LaPresse Alla riscossa La conferenza per il XXX Salone del libro
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