Il terribile dottor Guido Fanelli e Plinio il vecchio
Solitamente quando si parla di corrotti e di corruzione la mente corre subito ai politici e alla politica. In realtà, il fenomeno è assai più diffuso di quanto possa pensarsi tanto da riguardare ogni segmento delle nostre società. Senza pari è lo sgomento destato in questi giorni dall’inchiesta giudiziaria sul re della terapia del dolore, il medico Guido Fanelli, e sulla sua rete: associazione a delinquere finalizzata alla corruzione (soldi per promuovere farmaci e pazienti usati come cavie) è l’ipotesi di reato dei magistrati inquirenti. Ancor più scandalose per cinismo e ferocia però sono alcune frasi di Fanelli e dei suoi sodali intercettate dagli inquirenti: “Io sono il boss, io ho creato il sistema… Io ho il centro Hub del dolore più grosso d’Italia con 19 mila pazienti all’anno… Sposto milioni di euro… Se muoiono 100 persone non va in galera nessuno”. Potere, soldi, lusso, morti.
Eppure, siamo proprio certi che la vicenda Fanelli sia un pro- dotto della nostra terribile postmodernità? Esistono infatti illustri precedenti sin dall’antichità. Plinio il Vecchio racconta che nel 219 a.C. cominciarono ad arrivare i medici greci. Il primo fu un certo Archagatos che, malgrado avesse ottenuto un ambulatorio a spese della repubblica, era tanto spregiudicato nell’esercizio della professione da bruciare e tagliare le carni dei pazienti da guadagnarsi il soprannome di boia, macellaio. Catone giunse persino a temere una congiura dei Greci ai danni dei Romani, immaginando che questi medici avessero la missione di ucciderli con la loro medicina, tanto da chiedere lauti compensi per sviare ogni sospetto (Plinio il Vecchio, Storia naturale 29.12-14).