Pinocchio e Geppetto
L’anticipazione del libro di Marco Lillo Di padre in figlio, in edicola da giovedì, riapre clamorosamente lo scandalo Consip. E dimostra l’abitudine di Matteo Renzi a mentire. L’ex premier ha sempre dichiarato che: l’inchiesta Consip è una bufala, il pm Woodcock non ne ha mai azzeccata una, il babbo Tiziano è stato incastrato dai falsi del Noe e alla loro scoperta è scoppiato in lacrime, Luca Lotti non c’entra nulla, i pm romani smonteranno la montatura napoletana e chi scrive il contrario è “il Falso quotidiano di Travaglio” che sarà sommerso di denunce e dovrà “c hi ed er e scusa”. Intanto, in privato, dimostra di non credere a una parola di ciò che dice in pubblico. Infatti il 2 marzo 2017 strapazza babbo Tiziano, che l’indomani sarà sentito dai pm come indagato per traffico di influenze, dandogli del bugiardo (“non voglio essere preso in giro... non puoi dire bugie o ‘non mi ricordo’... non è un gioco”); lo accusa di mentire sui suoi rapporti con l’ad di Consip Marroni (“devi ricordarti tutti gli incontri e i luoghi, non è più la questione della Madonnina e del giro di merda di Firenze per Medjugorje”) e sull’incontro sempre negato con l’imprenditore Romeo (“non ti credo.. non è credibile che non ricordi di aver incontrato uno come Romeo... devi dire se hai incontrato Romeo una o più volte e riferire tutto quello che vi siete detti”); lo rimprovera di non aver detto la verità a Lotti, evidentemente al corrente – come lo stesso Renzi – delle indagini (“in passato la verità non l’hai detta a Luca e non farmi aggiungere altro...”); lo istruisce su cosa dire e non dire ai pm (“non dire che c’era mamma altrimenti interrogano anche lei”).
E sa bene che le accuse dei pm di Napoli e del Noe sono fondate e gravissime (“è una cosa molto seria”) sul piano non solo penale (“andrai a processo, ci vorranno tre anni e io lascerò le primarie”), ma anche etico-politico (“stai distruggendo un’esperienza”), come il “Falso quotidiano” scrive fin dal primo giorno. Più che Renzi, chi parla pare il F atto Quotidiano. Ora il segretario Pd dovrà svelare una volta per tutte cosa sapevano dell’inchiesta lui, Lotti e chi altri, e da quando, e da chi, e che significa “non farmi aggiungere altro”. Dovrà spiegare perché ha mentito per mesi al popolo italiano, al partito, agli alleati, alle opposizioni e ai media, infangando pm e investigatori onesti, insultando e minacciando un giornale perbene. E dovrà chiederci scusa. Quanto alle querele, faccia un po’ lui.
Intanto, con le ultime dichiarazioni di Federico Ghizzoni a Repubblica, cadono anche gli ultimi dubbi sull’altro scandalo del sistema renziano: il caso Boschi-Etruria.
L’ex ad di Unicredit si dice pronto a parlare alla commissione parlamentare sulle banche, annunciata da Renzi nel gennaio 2016, sabotata per un anno e mezzo dal Pd di Renzi e ora sollecitata con la consueta faccia tosta dallo stesso Renzi: “Adesso non parlo, perché non si può mettere in mano a un privato cittadino la responsabilità della tenuta di un governo. È un caso della politica, sarebbe dovere e responsabilità della politica risolverlo”. Quindi, se ciò che ha da dire minerebbe la tenuta del governo, è perché dovrebbe confermare il libro di De Bortoli e smentire la versione della Boschi. Siccome Ghizzoni aggiunge che “è normale che politici e banchieri si parlino”, è praticamente certo che nel gennaio 2015 la ministra delle Riforme e Rapporti col Parlamento tentò di rifilare a Unicredit il bidone Etruria. Con due conseguenze da dimissioni immediate: il mega-conflitto d’interessi e le maxi-bugie al Parlamento.
Ma il caso Renzi-Consip e il caso Boschi-Etruria, oltre a svelare un’allarmante commistione tra politica e affari, squadernano un desolante concetto della libertà di stampa. Prima il Fatto e poi De Bortoli scoprono una notizia, la verificano con fonti qualificate e la scrivono, come si è sempre fatto in tutto il mondo. Eppure devono difendersi da accuse da manicomio, secondo il copione collaudato su Consip e replicato su Etruria.
La Boschi parla di “fango” e annuncia querele, che poi tra l’altro non arrivano. Tal Cociancich, senatore Pd: “De Bortoli capovolge i principi fondanti dell’ordinamento giuridico” (e quali, di grazia?). Rosato, capogruppo Pd: “De Bortoli ha avuto sempre un atteggiamento molto, molto, molto critico nei confronti del nostro governo, del Pd, di Renzi e di chi gli sta intorno” (e anche se fosse, che c’entra con il colloquio Boschi-Ghizzoni?). Orfini, presidente Pd: “È ora di liberare il dibattito sulle banche da questo stantio odore di cialtroneria” ( ergo De Bortoli è un cialtrone: ma non era Grillo a minacciare la libertà di stampa?). Nardella, sindaco Pd: “Ma come si può in un Paese civile fare un’accusa così grave contro la Boschi senza portare le prove?” (questa delle “prove”, sollevata anche da molti giornali, è la più bella: che deve fare un cronista, oltre a verificare una notizia? Portare un filmato, un’intercettazione, un esame del Dna, un’impronta digitale al Luminol? Allora anche il Watergate era una bufala: a saperlo, Nixon non si sarebbe dimesso). Renzi e Bonifazi, ex fidanzato della Boschi, trovano che De Bortoli sia “ossessionato” da Matteo & C. (sul tema “ossessione” siamo preparatissimi, dopo 20 anni di allenamento con B.: se l’“ossessione” si misura dall’attenzione al politico più importante del momento, allora i giornali Usa sono ossessionati da Trump, quelli francesi da Macron e così via). Renzi aggiunge che De Bortoli fa “operazioni di marketing” per “vendere il suo libro”. Quindi: se un giornalista scrive un libro perché qualcuno lo compri, quel che scrive è falso. Per essere vero, il libro non deve vendere una copia. Ma anche qui Renzi è in conflitto d’interessi: sta pensando al suo, di libro.